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05/02/2019

Sclerosi multipla, i filoni di ricerca più promettenti

ricerca - laboratorio

 

La ricerca scientifica mondiale sulla sclerosi multipla procede per trovare risposte sempre più efficaci per le persone con SM. In diversi ambiti le sperimentazioni stanno portando dati per aumentare le conoscenze sulla patologia. Per esempio, per capire l'interazione tra cellule immunitarie e diverse cellule residenti nel cervello, oppure il rapporto dell'intestino con il sistema immunitario. Ma anche per individuare nuovi e più efficaci marcatori e poter fare diagnosi rapide e precise,  per gestire i sintomi, individuare i fattori di rischio. Oppure per poter gestire gravidanza e allattamento. E infine per rendere disponibili terapie sempre più innovative ed efficaci.

Di seguito, divisi per filoni di ricerca, gli studi più interessanti segnalati dell'anno appena concluso. 

 

Interazione tra cellule nella SM

Diagnosi e monitoraggio

Raccolta dati 

Fattori di rischio

Gravidanza

Nuovi trattamenti

 

 

 

Interazione tra cellule nella SM

Neuroni

Interazioni tra diverse cellule immunitarie: il ruolo della genetica

La sclerosi multipla è una malattia complessa caratterizzata a livello cerebrale da infiammazione demielinizzazione e infine danno ai neuroni. La fase infiammatoria è caratterizzata da una risposta autoimmunitaria causata dalle cellule del sistema immunitario. Molti studi hanno dimostrato l’importanza dall'interazione tra cellule del sistema immunitario, fattori genetici, e fattori di rischio ambientale nel generare la risposta autoimmunitaria caratteristica della sclerosi multipla. Il dottor Ivan Jelcic dell’Università di Zurigo in Svizzera ha mostrato che il principale fattore genetico della sclerosi multipla, HLA-DR15, svolge un ruolo centrale nella proliferazione delle cellule T e delle cellule B nella lesione cerebrali dovute alla SM. In particolare i ricercatori hanno osservato che nelle persone con sclerosi multipla che portavano la variazione genetica associata al fattore HLA-DR15 presentavano una maggior proliferazione delle cellule T. Inoltre, hanno osservato che eliminando le cellule B sia in vitro che terapeuticamente in vivo attraverso la terapia con rituximab,  veniva ridotta drasticamente l'attivazione e l'autoproliferazione delle cellule T coinvolte nella patologia. Collettivamente, questi dati  indicano che le cellule T che determinano la reazione autoimmunitaria nella sclerosi multipla sono caratterizzate da una maggiore proliferazione potenziata dalle cellule B. L'importanza di questa ricerca risiede nel fatto che indica come nella risposta autoimmunitaria che caratterizza la sclerosi multipla sia fondamentale non solo la base genetica ma anche l’interazione tra cellule T-B patogene. 

 

 

L'asse stomaco-cervello

Negli ultimi anni sono stati condotti molti studi per dimostrare la correlazione tra intestino e cervello nella sclerosi multipla. L'immunità intestinale non è solo un attore importante nell'infiammazione intestinale, ma sembra sempre più che sia anche coinvolta nella patogenesi delle malattie autoimmuni inclusa la sclerosi multipla. La dottoressa Kristina Kuhbandner dell'Università di Erlangen (Germania) ha valutato il ruolo il ruolo della proteina MAdCAM-1 nella migrazione delle cellule immunitarie dall’intestino al cervello in un modello sperimentale di sclerosi multipla. Questa proteina promuove l'ingresso dei linfociti nel tessuto linfoide associato alla mucosa del tratto intestinale. Nel modello sperimentale di SM (EAE) hanno visto che eliminando MAdCAM-1 diminuisce la gravità della malattia e si riduce il numero delle cellule immunitarie che migrano dall’intestino al sistema nervoso centrale. Inoltre, l’incidenza della EAE mediata dalle cellule immunitarie Th17 è stata significativamente ridotta dopo trattamento con la molecola che lega MAdCAM-1, l’integrina anti-α4β7-integrina. Questi risultati aggiungono nuove informazioni sul ruolo funzionale dell'intestino nella neuro-infiammazione e al momento, il ruolo di MAdCAM-1 è in fase di valutazione.

 

 

Interazioni tra cellule immunitarie e cellule residenti del cervello

Le alterazioni della sostanza grigia sono sempre più riconosciute nella sclerosi multipla (SM) e contribuiscono alla disabilità e alla compromissione delle funzioni cognitive superiori. Tuttavia, l'impatto dei processi infiammatori sulla struttura e sulla funzione della sostanza grigia rimangono scarsamente comprese. Il dottor Adrian-Minh Schumacher della Ludwig-Maximilians University Munich in Germania conduce un lavoro volto a studiare gli effetti locali della neuroinfiammazione sui circuiti corticali cerebrali e sui singoli neuroni piramidali in un modello sperimentale di SM. I ricercatori hanno osservato una riduzione del numero di sinapsi sulle spine dendritiche dei neuroni piramidali. I dendriti sono le fibre che si ramificano a partire dal neurone e che trasportano il segnale nervoso. Le spine dendritiche sono piccole protrusioni dei dendriti che che contengono una o più connessioni sinaptiche. Le loro analisi hanno rivelato che questa riduzione sinaptica era mediata da un sovraccarico di calcio locale e da cellule chiamate  fagociti mononucleari che rimuovevano le spine. Utilizzando un composto noto per bloccare l'attivazione dei fagociti mononucleari iniettato nel modello sperimentale di SM hanno osservato una protezione significativa dalla perdita delle spine dendritiche. Questo studio sulla neuroinfiammazione corticale rivela le dinamiche strutturali e funzionali della patologia corticale fornendo la descrizione del meccanismo che determina  la perdita sinaptica nelle lesioni infiammatorie. Inoltre, dimostra una potenziale strategia di trattamento con possibilità di traduzione nella sclerosi multipla.

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Diagnosi e monitoraggio della sclerosi multipla

Risonanza magnetica

 

I criteri di McDonald

I criteri di McDonald per la diagnosi di sclerosi multipla (SM) sono stati rivisti nel 2017 con modifiche ai criteri di risonanza magnetica relativi alla disseminazione nello spazio e nel tempo delle lesioni. Il dottor Wallace Brownlee  del Queen Square MS Centre di Londra ha valutato  le prestazioni dei criteri di McDonald del 2010 e del 2017 in 154  persone con sindrome clinicamente isolata (CIS). I criteri rivisti di McDonald 2017 sono risultati più sensibili rispetto ai criteri di McDonald 2010 con una modesta riduzione della specificità. Inoltre i criteri McDonald  2017 applicati nelle persone con diagnosi di CIS consentono  una diagnosi precoce. Il dottor Thais Armangue dell’ Università di Barcellona in Spagna, ha  valutato in bambini con un primo evento demielinizzante l'applicazione dei criteri di McDonald 2017 e ha analizzato la capacità di  alcuni  biomarcatori come le bande oligoclonali,  l’acquaporina 4 e MOG-IgG nel predire il rischio di sclerosi multipla. L’applicazione dei criteri di McDonald 2017  è risultata fattibile e consente una diagnosi precoce di SM. La presenza di bande oligoclonali  e la negatività delle MOG IgG sono utili biomarcatori nella valutazione del rischio di SM nei bambini con un primo evento demielinizzante.

 

 

Neurofilamenti

Le concentrazioni della catena leggera dei neurofilamenti nel plasma possono essere un marcatore per monitorare l’attività di sclerosi multipla. La proteina neuronale mostra un aumento dei  livelli nel sangue in seguito a lesioni cerebrali in varie malattie neurologiche. Anche nella sclerosi multipla la sua misurazione sta emergendo come un biomarcatore dell'attività della malattia, della risposta al trattamento e della prognosi a breve e a lungo termine.  Il dottor Jens Kuhle dell’Università di Basilea in Svizzera ha studiato gli effetti di alemtuzumab sui livelli sierici della catena leggera del neurofilamenti per oltre 2 anni nei partecipanti allo studio CARE-MS I e ha determinato la relazione tra i livelli di neurofilamenti e misure cliniche e di risonanza. I risultati hanno mostrato, all'inizio del trattamento con alemtuzumab, una riduzione significativa dei livelli di neurofilamenti sierici mantenuta nei 2 anni dello studio, in linea con gli effetti di alemtuzumab precedentemente riportati sulla riduzione dell'attività di malattia alla risonanza magnetica e sulla conservazione del volume cerebrale. La dottoressa Bénédicte Delcoigne del Karolinska Institutet a Stoccolma in Svezia nello studio osservazionale svedese Immunomodulation and Multiple Sclerosis Epidemiology (IMSE), ha invece valutato la dinamica dei neurofilamenti in campioni di plasma di persone con SM recidivante-remittente che hanno iniziato un trattamento modificante la malattia. Hanno analizzato i livelli di catena leggera dei neurofilamenti  all'inizio e ad un anno dall’inizio del trattamento. Modelli statistici lineari sono stati utilizzati per analizzare i valori dei neurofilamenti in relazione alle variabili cliniche. Considerando l’età di inizio trattamento, i livelli di neurofilamenti durante il trattamento si sono abbassati significativamente dopo trattamento con natalizumab, dimetilfumarato e fingolimod rispetto alla teriflunomide (vedi i trattamenti approvati per la sclerosi multipla). Questi risultati supportano l’utilizzo dei neurofilamenti per il monitoraggio degli effetti del trattamento in persone con SM recidivante-remittente.

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Raccolta di dati 

La dottoressa Mar Tintorè , del Cemcat-Vall Hebron University Hospital, a Barcellona in Spagna, mette in evidenza come oggi abbiamo una comprensione migliore della sclerosi multipla grazie alla raccolta di  dati del mondo. Nel 1995 ha iniziato a reclutare una coorte longitudinale di persone con Sindrome Clinicamente Isolata  (CIS)  a Barcellona. Oggi sono più di 1300 persone selezionati in modo prospettico per la valutazione clinica e il follow-up con  la risonanza magnetica (RM) cerebrale. I loro dati a lungo termine confermano che la storia naturale della sclerosi multipla è cambiata nell'era del trattamento e che una percentuale più bassa di persone sviluppa un accumulo di disabilità. Tuttavia, sebbene il tasso di accumulo di disabilità sia estremamente variabile, le persone possono sviluppare una disabilità moderata o, in bassa percentuale, un fenotipo aggressivo con possibilità di raggiungere un EDSS di 6.0 entro 10 anni. Stratificare il rischio di sviluppare una disabilità moderata o grave è la chiave per implementare la medicina di precisione. I ricercatori hanno sviluppato un modello prognostico per la valutazione del rischio individuale di un secondo attacco e  di avere una disabilità moderata, comprendente caratteristiche di base quali età, sesso, topografia, bande oligoclonali e numero di lesioni rilevate alla risonanza magnetica, nonché modificazioni della malattia e insorgenza di nuove lesioni T2 durante il primo anno, utilizzando analisi statistiche. Questo modello è stato ulteriormente migliorato incorporando la topografia e l'attività della lesione e, più recentemente, fattori ambientali modificabili come i livelli sierici di vitamina D e la cotinina (come marcatore surrogato per lo stato di fumatore). Il modello proposto si basa sull’analisi di 1062 persone con CIS con più di un anno di follow-up. I risultati  dell’analisi di aggiunta dei fattori di rischio hanno mostrato che il fumo e bassi livelli di vitamina D sono fattori prognostici modificabili chiave che mostrano una forte interazione con il rischio di progressione dell'EDSS, e sarà importante progettare  strategie preventive rispetto a questi fattori. Se convalidato, questo modello dinamico potrebbe essere di grande aiuto per implementare uno strumento personalizzato di decisione terapeutica.

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Fattori di rischio

Come sempre i fattori di rischio sono un argomento di grande  interesse per la comunità scientifica impegnata nella sclerosi multipla. Tra i fattori quelli più considerati negli studi sono stati il virus Epstein-Barr, il fumo, la Vitamina D e l'indice di massa corporea.

 

Virus Epstein-Barr

La forte associazione tra la sclerosi multipla (SM) e l'infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) è stata descritta diverse volte. Il dottor  Klemens Ruprecht dell’Università di Berlino in Germania ha valutato se ci possano essere persone con sclerosi multipla non infettate con EBV  in una coorte ampia e ben caratterizzata di persone con sindrome clinicamente isolata (CIS) o con  SM recidivante-remittente (RR) da poco tempo. Tutte le 901 (100%) persone  con CIS / SMRR  studiati e in questo studio sono risultati positive al virus di  EBV. L'assenza di sieronegatività da EBV in questa ampia coorte di persone con SM precoce fornisce ulteriori evidenze scientifiche a supporto del ruolo cruciale di EBV nella sclerosi multipla e suggerisce che i medici dovrebbero considerare diagnosi diverse da SM in una persona con sospetta malattia infiammatoria del sistema nervoso negativo a EBV.

 

Indice di massa corporea e vitamina D

L'obesità e l'insufficienza  di vitamina D sono stati identificati come fattori di rischio per la sclerosi multipla (SM). Uno studio della dottoressa Ellen Mowry della Johns Hopkins University di Baltimora in America, ha utilizzato i dati di uno studio di coorte di cinque anni che ha incluso 465 persone con una durata lunga della  sindrome clinicamente isolata (CIS) per determinare se l'indice di massa corporea o i livelli di vitamina D siano associati alle misure di  neurodegenerazione valutate in risonanza magnetica. I risultati hanno mostrato che un alto indice di massa corporea, ma non lo stato di vitamina D, erano  associati ad una maggiore perdita di volume di sostanza grigia cerebrale. Poiché l'obesità in una persona può essere modificata  gli autori suggeriscono di  studiare  gli effetti di riduzione dell’indice di massa corporea sulle misure di neuroimmagini e cliniche nella sclerosi multipla.

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Gravidanza

Sclerosi multipla e gravidanza

 

Un altro tema decdisamente sentito è quello della gravidanza. Molte donne con sclerosi multipla (SM) vogliono avere figli. Né la sclerosi multipla né la terapia immunomodulatoria riducono la fertilità, tuttavia, le donne con SM sono spesso preoccupate che la malattia o il trattamento prescritto possano influenzare le loro possibilità di rimanere incinta. Lo studio della dottoressa Ionela A. Ionescu del Carol Davila University of Medicine and Pharmacy, Bucharest, in Romania ha valutato il punto di vista delle donne con sclerosi multipla riguardo alla gravidanza e l'impatto che la diagnosi ha avuto sulla pianificazione familiare. In generale  è risultato che la scelta della gravidanza non viene influenzata dalla patologia, ma viene considerato importante il consiglio del medico per scegliere il momento giusto per rimanere incinta.

 

Sulla  base dei  risultati del loro studio i ricercatori hanno dato indicazioni  da tenere in conto per poter meglio  pianificare una gravidanza: 

- Nelle valutazioni bisogna  bilanciare i rischi per il feto con quelli della madre.

- Il rischio teratogeno dei diversi farmaci per la SM deve essere attentamente valutato al momento dell'inizio della terapia per le donne in età fertile.  La maggior parte dei farmaci immunomodulanti per la sclerosi multipla non sono teratogeni,  bisogna fare attenzione  ai nuovi farmaci.

- Sono necessarie maggiori  informazioni sui nuovi  farmaci modificanti la malattia in gravidanza, e bisogna includere questi dati nei Registri SM.

- È importante chiedere alle aziende farmaceutiche di aggiornare le informazioni sul numero di gravidanze trattate con un dato farmaco.

- In caso di malattia altamente attiva  è meglio considerare una terapia con anticorpi con effetto a lungo termine, ad es. Cladribina e Natalizumab.

- La maggior parte delle donne con SM non avrà un aumento della disabilità permanente dopo una ricaduta post-parto.

- L’allattamento al seno non è dannoso. Nella maggior parte delle donne non si dovrebbe scoraggiare  l’allattamento a favore della ripresa dei farmaci per la SM.

- L’allattamento esclusivo può essere utile nelle donne con malattia più lieve (bassa frequenza e gravità della recidiva).

- In ogni caso  se una donna non vuole allattare dovrebbe riprendere al più  presto i trattamenti per la SM dopo aver partorito (entro 7-14 giorni).

 

Nelle donne con alta  attività di malattia (controllata da natalizumab, fingolimod o ciclofosfammide) può essere necessario riprendere  i farmaci il più presto possibile dopo la gravidanza.

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Nuovi trattamenti

terapie

Studio SPRINT-MS, per le forme progressive di SM

Il dottor Jeremy Chataway (University College London) e i suoi colleghi hanno condotto uno studio clinico innovativo di fase II, SPRINT-MS, per le forme progressive di SM, che ha permesso  di testare allo stesso tempo tre farmaci orali che avevano mostrato promettenti proprietà neuroprotettive.  I farmaci testati sono: l'amiloride, usato per l'ipertensione; la fluoxetina trattamento per la depressione; e il riluzolo per la SLA (malattia dei motoneuroni). Ciascuno di questi è già stato approvato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per le specifiche malattie. Nello studio di 96 settimane sono state arruolate  445 persone  nel Regno Unito con SM secondariamente progressiva. Ciascuna persona  è stata assegnata in modo casuale a ricevere amiloride, fluoxetina, riluzolo o placebo. La principale misura di outcome era la variazione percentuale del volume cerebrale dall'inizio dello studio alla fine, misurata con tecniche di risonanza magnetica  Sono state anche misurate le nuove o ingrandite lesioni cerebrali, sono stati condotti test cognitivi,  valutate le percezioni dell'efficacia del medico e della persona. Sebbene nessuna delle terapie abbia mostrato di rallentare l'atrofia cerebrale, i risultati confermano la fattibilità di questo innovativo studio sperimentale a più bracci, che in futuro consentirà valutazioni molto più rapide di potenziali terapie per la SM progressiva. Questo lavoro aiuta anche a non considerare più questi tre trattamenti  come potenziali trattamenti per la SM progressiva.

 

 

Evobrutinib per SMRR e SMSP

Il dottor Xavier Mntalban del Vall d’Hebron University Hospital di Barcellona e della University of Toronto in Canada, ha condotto uno  studio clinico di fase 2 di  48 settimane  in doppio cieco controllato con placebo che ha valutato il farmaco Evobrutinib (M2951) in persone con SM recidivante remittente (RR) e SM secondariamente progressiva  (SP) con malattia clinicamente e radiologicamente attiva. L’ Evobrutinib è un inibitore orale altamente specifico e irreversibile della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) che altera funzionalmente l'attivazione delle cellule B e dei macrofagi in vivo e può essere efficace nella malattie  autoimmuni. L'endpoint primario è stato raggiunto con  le dosi  più alte di evobrutinib (75mg al giorno o due volte al giorno) riducendo significativamente il numero di lesioni T1 al gadolinio rispetto al placebo. In questa analisi a 24 settimane, evobrutinib ha portato a diminuzioni numeriche e clinicamente rilevanti del tasso annualizzato di ricadute, con un profilo di sicurezza gestibile. Gli eventi avversi più gravi si sono visti nella dose più alta due volte al giorno. La maggior parte di queste erano elevazione dei livelli di transaminasi asintomatiche e reversibili e non ci sono state infezioni gravi. Questi dati supportano l’utilizzo di evobrutinib nella SM in studi clinici più ampi.

 

 

Biotina ad alte dosi nella SM progressiva

Il dottor  David Brassat dell’Hopital Pierre Paul Riquet di Tolosa in Francia ha condotto una ricerca in un contesto clinico reale (real data) che ha valutato i benefici, in termini di efficacia e sicurezza, della Biotina ad alte dosi (MD1003) in persone con SM primariamente progressiva  (SMPP) o secondariamente progressiva (SMSP). Uno studio ‘real data’ valuta gli effetti di un dato farmaco proposto alle persone afferenti ad un centro clinico e che non sono reclutate in un determinato studio clinico. L’ MD1003 con dose di  300mg  al giorno è stato prescritto a persone con SMPP e SMSP afferenti ad un singolo centro in Francia (CHU-Tolosa) a partire da gennaio 2016. Sono state  raccolte le seguenti misure di efficacia e sicurezza: scala di disabilità EDSS, il test timed 25-foot walk (T25W), il  9-hole peg test (9-HPT), il numero di ricadute  e lesioni pesate in T1. I risultati riportati  corrispondono alle  prime 91 persone  che hanno 1 anno di follow-up. Il trattamento con MD1003 è risultato efficace nel trattamento della persone con SM progressiva in un contesto clinico reale. A 1 anno di trattamento, il 23% delle persone  ha avuto un miglioramento nell'attività  di malattia (misurata con EDSS o TW25). MD1003 è risultato anche ben tollerato. Questo studio condotto in un contesto clinico reale supporta  l’MD 1003 come trattamento per le forme progressive di SM.

 

Trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche nella SMRR aggressiva

Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (AHSCT) è un trattamento molto efficace nelle persone con sclerosi multipla (SM) recidivante remittente molto attiva che non hanno risposto alle terapie modificanti la malattia standard. Le linee guida del Gruppo Europeo per i Trapianti di Midollo Osseo sostengono il suo uso come trattamento di prima linea nelle persone con SM "aggressiva". Lo studio multicentrico presentato dal dottor Joyutpal Das del Sheffield Teaching Hospitals NHS Foundation Trust, in Inghilterra, ha valutato la sicurezza e l'efficacia dell'AHSCT come terapie modificanti la malattia di prima linea in 20 persone con SM "aggressiva" (con valore della scala EDSS 6,5). Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche  è risultato sicuro ed estremamente efficace nell'indurre una remissione rapida e sostenuta in questa coorte e si è anche osservato un significativo miglioramento del livello di disabilità. Questi risultati supportano  il ruolo potenziale dell'AHSCT come terapia di prima linea per forme aggressive di  SM .

 

Satralizumab nella NMO

Il dottor Takashi Yamamura del Centro Nazionale di Neurologia e Psichiatria di Kodaira in Giappone, ha condotto uno studio clinico di fase 3 in doppio cieco randomizzato del trattamento  satralizumab (SA237) come addizionale ad una terapia  immunosoppressoria o corticosteroidea , in persone con disturbi dello spettro della neuromielite ottica (NMOSD). La neuromielite ottica  è una malattia autoimmune-infiammatoria solitamente associata agli autoanticorpi di acquaporina-4 (AQP4) che colpiscono prevalentemente i nervi ottici e il midollo spinale. L’interleuchina-6 (IL-6) è la molecola che innesca le risposte infiammatorie delle cellule T e B, e risulta aumentata durante le  ricadute nei NMOSD. Satralizumab è un anticorpo monoclonale che blocca l’IL-6 e in questo studio i ricercatori hanno valutato la sua efficacia e sicurezza rispetto al placebo. L’uso di satralizuamab come terapia addizionale ha determinato un diminuzione del rischio di ricadute  nel 79% delle persone che erano positive  e nel 34% di quelle negative per AQP4. Il farmaco è risultato sicuro e ma non si sono osservate  differenze nei cambiamenti di dolore e fatica nelle persone trattate versus il placebo almeno nei primi 24 mesi dello studio. I ricercatori supportano l’utilizzo di satralizumab come addizionale nelle terapie per i disturbi dello spettro della neuromielite ottica.

 

Gli highlights di ECTRIMS 2018

Una delle occasioni migliori per avere uno sguardo d'insieme su tutte le novità che riguardano gli studi in corso sulla sclerosi multipla a livello internazionale è il congresso ECTRIMS, che si svolge ogni anno in autunno. In particolare nella sessione Highlights, che chiude la kermesse, vengono segnalate le ricerche più promettenti riassumendo i dati più rilevanti  discussi durante il congresso. Nel 2018 il dottor Scott Zamvil di San Francisco insieme alla dottoressa Luisa Klotz di Monaco in Germania hanno presentato gli highlight Scientifici. La dottoressa Jacqueline Palace insieme al dottor Martin Stangel di Hannover, in Germania hanno presentato gli highlight clinici.

 

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