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Le conoscenze degli italiani sulla SM

 

Conoscere e far conoscere la sclerosi multipla

Informazione ed empowerment

Approfondimenti Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2023

 

Le conoscenze della popolazione generale sulla SM sono un elemento fondamentale nel determinare la capacità della società di offrire risposte adeguate ai loro bisogni.

 

Gli sforzi per ottenere e realizzare riforme dei servizi sanitari, per progettare e finanziare adeguatamente le misure per l’inclusione e partecipazione sociale rischiano di essere inutili se nella società la conoscenza e la comprensione della realtà della SM rimangono sporadiche e minoritarie.

 

Per le persone che vivono quotidianamente con SM e NMO, infatti, non solo è essenziale essere circondate da amici, parenti, colleghi, vicini di casa che capiscano le loro difficoltà, ma sono determinanti anche le conoscenze nella popolazione generale affinché nei servizi pubblici, negli uffici, nelle scuole, possano incontrare addetti e operatori minimamente preparati (vedi anche la scheda Le competenze degli operatori dei servizi e nella società).

 

I risultati dell’indagine DOXA 2023

Tra il 20 febbraio e il 2 marzo 2023 Doxa ha realizzato 1.500 fra interviste online (con sistema C.A.W.I. - Computer Assisted Web Interviews) e interviste telefoniche (con sistema C.A.T.I. - Computer Assisted Telephone Interviews) a un campione rappresentativo della popolazione generale sul livello di conoscenza della SM.

 

Il 98% della popolazione italiana dichiara di avere sentito parlare della sclerosi multipla, ma tra questi è il 64% a indicare di sapere anche cosa sia, a differenza del 34% che dichiara invece di non saperlo (fig. 1). È un dato che conferma da un lato come il termine “sclerosi multipla” sia noto alla popolazione generale, ma anche come sia alta la quota di italiani che riconosce di non avere idee chiare su cosa sia la malattia e cosa implichi per le persone che conviverci.

 

 

Il 41% della popolazione italiana conosce una persona con SM, però solo il 23% del totale (il 55% del 41% che le conosce) ha anche parlato con una persona con SM della sua malattia (fig. 2).

 

 

La popolazione italiana tende a sottostimare in modo significativo il numero di persone con SM in Italia: mediamente la popolazione indica una stima di 87.000 a fronte di una stima realistica di 137.000 persone con SM.

 

Fra le opzioni di soggetti più a rischio di ammalarsi di sclerosi multipla, la popolazione sceglie i familiari di persone con SM, come succede per altre patologie (es: ipertensione). Un dato smentito dalla ricerca: il rischio di ammalarsi dei familiari, secondo quanto riportato dal sito di AISM, è del 3-5%, non molto più alto di quello della popolazione generale (fig. 3).

 

 

Un altro stigma/pregiudizio non ancora sradicato risulta quello legato al “finire in carrozzina”: per oltre il 60% degli italiani è vero che tutte le persone con SM sono destinate a finire in carrozzina, mentre il 65% non sa che la SM può essere curata con i farmaci (fig. 4).

 

 

Un riscontro che fa da contraltare alle conoscenze generalmente superficiali sulla SM nella popolazione è quello relativo a chi la riconosce come una malattia di origine neurologica (81%).

 

Mediamente alta è anche la conoscenza di diversi dei sintomi che colpiscono le persone con SM, in particolare le difficoltà motorie, la perdita di forza e sensibilità negli arti, ma anche dolore, fatica e disturbi del linguaggio. Va comunque rilevato che i sintomi meno noti sono soprattutto i sintomi invisibili, problemi cognitivi, disturbi sensoriali e dell’umore, incontinenza (fig. 5).

 

 

Come si informano gli italiani

I dati dell’indagine DOXA concorrono con quelli raccolti da AISM nel 2023 nel rimarcare l’importanza di diffondere più informazione corretta sulla SM. Il sistema dei media sui quali questa informazione dovrebbe trovare spazio è però un panorama estremamente complesso, in continua evoluzione e secondo il CENSIS, Centro Studi Investimenti Sociali, caratterizzato nell’ultimo anno da un distacco degli italiani dai mezzi di informazione.

 

Il XVII Rapporto Censis sulla Comunicazione” evidenzia come nell’ultimo anno persino i telegiornali, di gran lunga lo strumento informativo più importante, abbiano perso circa il 9% di fruitori, compensato solo in parte dalla crescita dei siti web di informazione (+2%) e dei quotidiani on line (+1,8%) (tab. 1).

 

 

Più a fondo, sempre secondo CENSIS, è in atto una crisi di fiducia dei cittadini riguardo alle fonti di informazione. In particolare, il web e i social stanno nettamente all’ultimo posto della classifica sulla fiducia degli italiani nell’affidabilità dei media, sia in generale che in relazione a fenomeni di particolare interesse pubblico, quali la pandemia e la guerra in Ucraina (tab. 2).

 

 

Si tratta di un giudizio confermato dal blog di Luca De Biase, editorialista del Sole 24 Ore:

 

«Mentre prima di internet quello che mancava era lo spazio sul quale pubblicare – e giornali e giornalisti lo controllavano – con il digitale lo spazio non era più scarso. Quello che era diventato scarso era il tempo del pubblico, l’attenzione del pubblico, la rilevanza riconosciuta dal pubblico alle fonti di informazione. Il cambiamento della relazione con il pubblico era difficile da comprendere. In ogni caso fu meglio compreso dalle piattaforme, come Google e Facebook. Che vinsero su tutta la linea per la conquista del tempo, dell’attenzione e della rilevanza. Ma le tendenze cambiano. Facebook in particolare è in una crisi profondissima. Non cresce, perde giovani utenti, in borsa crolla, non è credibile. Ovviamente è tutt’ora enorme. Ma l’abitudine all’accesso ai media prevalente ai tempi in cui i media sociali erano in impetuosa crescita sembra entrata nel passato. Ci sono fatti troppo importanti»

 

Più del 70% degli italiani, inoltre, ha un giudizio negativo sulla qualità dell’informazione dei media, ritenuta eccessivamente confusa, propagandistica, sensazionalistica, ansiogena, spettacolarizzata e falsa. Sempre secondo il Censis, un giudizio negativo pesa anche sull’informazione scientifica che, sia per l’invasività con cui si è imposta nei giorni della pandemia, sia per la contraddittorietà di dati e opinioni, secondo gli italiani ha finito con il disorientare più che convincere.

 

 

Scrive il CENSIS nel suo report “I media al tempo della crisi”:

 

Si è affievolita anche la fiamma per le notizie di tipo medico-scientifico alimentata dalla pandemia: con un calo del 7,9%, gli interessati a medicina e scienze passano dal 33,4% rilevato l'anno scorso al 25,5% del 2022. […] Stanchi di infettivologi e virologi in collegamento tv, gli italiani riscoprono una nuova voglia di leggerezza: notizie più frivole relative a stili di vita, viaggi e cucina, infatti, riconquistano il secondo posto della graduatoria (29,5%). Sul podio torna lo sport, con il 27,5%, seguito dalla cronaca nera (25,8%). Fanalino di coda la politica estera (14,4%), che comunque cresce del 3,8% a causa dei recenti eventi bellici.

 

L’indagine CENSIS, tuttavia, segnala almeno uno spunto positivo: nel calo generale dell’utilizzo di tutti i media da parte dei cittadini, va registrata la tenuta e il valore della radio, uno dei media tradizionali meglio capace di ibridazione tra vecchi modi di fruizione (la radio ascoltata in casa) e nuove opzioni (radio in macchina, radio ascoltata on line).

 

Un altro segnale di crisi ma anche un seme di cambiamento, pur debolissimo e di nicchia, è rilevato da De Biase e dal Reuters Institute: ”il tempo dedicato a internet nei maggiori paesi sta diminuendo, secondo il Reuters Institute che a sua volta cita una ricerca di GWI. Rispetto al picco di utilizzo di internet durante i lockdown decisi per contrastare la diffusione della pandemia, il tempo passato su internet sarebbe diminuito del 13%. Non era mai successo niente del genere. Ci sono anche dei primi segnali debolissimi per i quali una sorta di controcultura sta emergendo a New York, con ragazzi che si impegnano a non usare i social e a incontrarsi fisicamente per leggere libri, come gesto di protesta creativa. Si vedrà se siamo di fronte a un cambio di stagione”.

 

Bibliografia

• Censis – Centro Studi Investimenti Sociali (2022) 18° Rapporto sulla comunicazione: i media delle crisi

• Newman, N. (2018). Journalism, media and technology trends and predictions 2018. Reuters Institute for the Study of Journalism