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L'impatto sulla vita lavorativa

 

Inclusione e partecipazione

Trovare e mantenere il lavoro

Approfondimenti Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2023

 

Avere una patologia cronica e progressiva come SM o NMO causa numerose difficoltà in tema di partecipazione lavorativa, problemi che variano e si evolvono a seconda delle diverse fasi di vita delle persone e della progressione della malattia.

 

Tra le persone intervistate da AISM nell’indagine del 2023 con meno di 65 anni, il 71,7% ha indicato di essere occupato - in particolare il 61,9% è dipendente e il 9,8% lavoratore autonomo – mentre il 28,3% di non essere occupato (tab. 1).

 

 

Tra i non occupati spicca il dato relativo a coloro che hanno riferito di essere stati esclusi dal mercato del lavoro a causa della loro condizione. Il dato è infatti complessivamente pari al 16,3%, aumenta all’aumentare dell’età dei rispondenti, e verosimilmente del loro livello di disabilità.

 

Il peggioramento delle condizioni gioca evidentemente un ruolo cruciale nel determinare l’espulsione dal lavoro delle persone con SM e NMO e, osservando più nel dettaglio il dato, emerge che a fronte del 57,5% dei non occupati che riferisce la SM come motivo per cui non lavora, il 46,9% indica di non essere stato più in grado di lavorare a causa della propria condizione di malattia (fig. 1). È però pari al 34,1% la quota di persone che fanno riferimento anche al mancato adattamento del contesto alle proprie necessità, evidenziando quanto la dinamica dell’esclusione lavorativa sia legata alle difficoltà del mondo del lavoro di adattarsi di fronte all’evolversi delle condizioni delle persone (vedi anche la scheda Gli accomodamenti ragionevoli).

 

 

Il livello di inclusione complessivo riportato dalle persone con SM e NMO che lavorano come dipendenti è generalmente buono. Oltre l’80% di esse ha comunicato la propria diagnosi all’organizzazione in cui lavora, in oltre il 71% dei casi hanno indicato che al momento l’organizzazione era stata capace di adattarsi alle loro necessità e l’ambiente di lavoro come complessivamente inclusivo e disponibile. La sensazione però che la condizione e il suo possibile peggioramento rappresentino un rischio per il futuro è esplicitata dal 36,9%, che indica di sentirsi in questo senso più vulnerabile dei colleghi (fig. 2).

 

 

La situazione che emerge a proposito dei lavoratori autonomi è invece decisamente più problematica: il 75,6% indica infatti che se la sua condizione dovesse peggiorare non potrebbe più lavorare come autonomo, e il 62,8% evidenzia il fatto che quando sta male deve scegliere se lavorare comunque oppure perdere reddito (fig. 3). Le misure di supporto su cui possono fare affidamento i lavoratori autonomi con disabilità sono infatti insufficienti secondo il 57,2% di loro.

 

 

Le persone con SM e NMO occupate indicano in larga maggioranza di svolgere un lavoro che, al meno in parte, le gratifica, anche se tra chi è più grande di età aumenta la quota di chi riferisce di svolgerlo soltanto per il reddito, dato che raggiunge il 30,3% tra i 55-64enni contro il 23,1% complessivo e il 14,4% degli under 35 (tab. 2).

 

 

Complessivamente però la quota di rispondenti per cui il lavoro che svolge corrisponde alla propria preparazione e alle aspirazioni si ferma al 37,2%, laddove per il 62,8% si tratta di un’occupazione almeno per il momento non totalmente allineata ad esse. La SM viene indicata come un ostacolo rispetto alla possibilità di fare carriera e di realizzarsi attraverso il lavoro dal 16,8% dei rispondenti occupati, che però raggiunge il 21% tra gli under 35.

 

Per la porzione più ampia di questo sottocampione di persone occupate le preoccupazioni sono soprattutto legate al rischio di perdere il lavoro attualecausa del peggioramento della SM. È il 52,6% a essersi espresso in questo senso, con una fortissima variazione in funzione dell’età, e soprattutto del livello di disabilità, laddove il dato raggiunge il 71,6% tra i 55-64enni, il 65,7% tra chi ha disabilità moderata e supera il 90% tra i pochi rispondenti con disabilità grave che sono occupati.

 

Una preoccupazione legata alla possibilità di perdere il lavoro, e diffusa invece soprattutto tra i rispondenti più giovani, è la difficoltà di riuscire a trovarne un altro se fosse necessario. Si esprime infatti così il 31,4% degli occupati, che raggiunge il 37% nei lavoratori più giovani che con ogni probabilità confermano anche in questo caso di percepire il proprio percorso professionale futuro come incerto e rischioso, e in equilibrio precario.