“C’è una novità nella sclerosi multipla: oggi abbiamo dati precisi su come la malattia si genera da una parte, e dall’altra strumenti farmacologici più potenti e mirati, un mix che ci consente di tagliare il vestito terapeutico addosso al paziente. Ma questa opportunità rappresenta anche una grande sfida per il Sistema Sanitario Nazionale. Perché il livello di assistenza che possiamo garantire sulla carta deve diventare una realtà”. A parlare è Giancarlo Comi, Direttore del Dipartimento di Neurologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che a questo tema dedicherà la sua lettura magistrale durante il Congresso annuale FISM 2014, Dalla parte della persona con SM: la ricerca come strumento di advocacy’ promosso dall’AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla per celebrare la Giornata Mondiale della SM.
Professor Comi, i risultati della ricerca nel campo della SM danno molta speranza, ma evidenziano anche dei limiti. Qual è la strada da percorrere ora per arrivare alla cura personalizzata?
"Gli sviluppi della ricerca nel campo della Sclerosi Multipla sono stati così formidabili negli ultimi 10 anni da aver completamente mutato il nostro livello di conoscenze sulla malattia e da aver aperto la possibilità di una terapia personalizzata, si badi bene ho parlato di apertura, non di conseguimento di un obbiettivo. Il fatto stesso che però possiamo di fronte a un paziente riflettere attentamente sulla sua storia personale di malattia, sul contesto in cui essa si è verificata, sui danni che ha provocato e su quelli che potrebbe ancora provocare, sulle varie possibilità di intervento e sui benefici e rischi che le diverse scelte terapeutiche possono comportare ci dice quanto complesso sia divenuto oggi il trattare un paziente con sclerosi multipla, ma allo stesso tempo ci offre la possibilità di scegliere. L’ottimizzazione dei vantaggi che una terapia può offrire va di pari passo con la minimizzazione dei rischi. Mi lasci dire innanzitutto che quando si deve combattere una malattia rilevante come la sclerosi multipla non si può evitare di assumersi qualche rischio, ma deve essere il rischio minimo che si deve correre in quella condizione. Circa un terzo dei pazienti con forme a ricadute e remissioni può essere mantenuto in condizioni di libertà totale dalla malattia e un altro terzo in una condizione di minima attività di malattia. Questi numeri sono ancora migliori se iniziamo la terapia alle prime avvisaglie della malattia. Ma c’è ancora una fetta di persone che non riceve delle cure adeguate, quelle che hanno la SM nella forma progressiva. Da qui nasce la riflessione dei ricercatori che lavorano in questo campo: i meccanismi alla base di questa forma di SM potrebbero essere diversi da quelli che portano alla sviluppo della forma più diffusa, la remissiva remittente. È necessario fare luce in maniera precisa sulla natura delle diverse forme di malattia. Perché tutti hanno diritto al meglio che la ricerca può produrre".
Cosa ha fatto la comunità scientifica per rispondere a questo bisogno?
"La risposta è stata molto articolata e ha visto impegnato tutti gli attori sul campo. La Società Italiana di Neurologia ha condotto a termine un lavoro capillare per arrivare alla proposta di un nuovo modello organizzativo dell’assistenza ai malati di sclerosi multipla che veda loro al centro dell’operatività. Il modello si articola in centri specializzati secondo tre livelli crescenti di complessità organizzativa. Ha inoltre promosso la formazione di una Scuola Superiore di Neurologia che intende contribuire alla formazione e aggiornamento degli operatori sanitari. In questo ambito sono stati stretti accordi con l’industria farmaceutica che sta fortemente contribuendo con incontri regionali e nazionali a informare sui nuovi trattamenti. Un ruolo chiave lo sta giocando l’Associazione dei malattia nelle sue due articolazioni: Associazione Italiana Sclerosi Multipla e Fondazione Italiana Sclerosi Multipla. L’abituale sostegno alla ricerca attraverso il tradizionale bando annuale è stato supportato da una serie di iniziative specifiche, come quella per la realizzazione di un registro nazionale dei pazienti e la promozione di concerto con altre associazioni nazionali come quella statunitense, canadese, olandese e inglese di una iniziativa per cercare di risolvere un bisogno ancora insoddisfatto e assolutamente prioritario che è il trovare una terapia per le forme progressive di malattia. L’iniziativa va sotto il nome di Progressive MS Alliance e prevede un forte investimento di risorse su un piano poliennale 2013-2021. Infine sono in corso numerose iniziative di aggregazione dei ricercatori e dei clinici su alcune tematiche. Una di particolare interesse è giunta in questi giorni alla sua fase conclusiva con la pubblicazione su Neurology, una delle maggiori riviste mediche di settore dei risultati di lavori che hanno visto all’opera negli ultimi 3 anni decine di ricercatori per giungere a una riclassificazione dei tipi di decorso della malattia".
Quali sono le prime evidenze emerse da questa riclassificazione?
"Siamo ripartiti dai lavori di un’analoga commissione che aveva lavorato quasi vent’anni fa, molti dei risultati ottenuti allora sono stati considerati ancora validi, ma numerose novità sono state introdotte a seguito delle nuove conoscenze conseguite negli ultimi anni. Innanzitutto si è riconosciuta l’esistenza della Forma clinicamente isolata di malattia che costituisce la fase di esordio clinico della stessa. Riconoscimento fondamentale perché consegue al consenso ormai raggiunto sull’importanza del trattamento precoce. Si è anche presa in considerazione la cosiddetta forma radiologicamente isolata di malattia, cioè la condizione in cui a un paziente che non ha avuto (o non ha ancora avuto) manifestazioni cliniche di malattia è stata riscontrato a un esame di risonanza magnetica del cervello la presenza di alterazioni compatibili con la malattia. Si è ritenuto che occorrano ulteriori osservazioni longitudinali prima che la sola presenza di queste alterazioni di risonanza magnetica sia sufficiente a configurare una diagnosi di sclerosi multipla. UN’altra importante novità è stata quella di individuare due fondamentali fenotipi, quello a ricadute e remissioni e quello delle forme progressive e di riconosce nel loro ambito due sottotipi a seconda della presenza o meno si segni clinici (attacchi) o RM (lesioni attive) di attività di malattia nell’ultimo anno. Qualora questa informazione non sia ottenibile si userà la definizione di forme ad attività indeterminata. Per le forme progressive questa sottoclassificazione legata allo stato di attività di malattia si applica sia alle forme primariamente progressive che secondariamente progressive. Riclassificare vuol dire poi definire in maniera precisa, anche alla luce degli strumenti migliori a nostra disposizione oggi, i confini fra le diverse forme di SM. Ma accanto allo sforzo di ricerca – sostenuto da un bando internazionale - e di riclassificazione ci vogliono nuovi modelli organizzativi perché a cambiare deve essere anche il modo con cui le persone con SM vengono prese in carico. A maggior ragione in un momento di crisi economica: per ottimizzare le risorse bisogna aumentare l’efficacia delle terapie e quindi trattare ogni persona in maniera individuale, secondo le esigenze caratteristiche della fase di malattia che sta attraversando".