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Andrea Paris e la magia di AISM

 

Ci voleva un “prestigiattore”, comico, mago, illusionista, mentalista come Andrea Paris per parlare della vita e della morte, delle nostre battaglie quotidiane, quasi senza veli, col sorriso sulle labbra e un disincanto appassionato che è tutto tranne che cinico: «Tanto tocca morì – dice nel suo italiano al sapore di umbro -. La malattia più invincibile è la vita. Potrei uscire adesso e prendermi un meteorite sulla testa. E allora dobbiamo fare come la ginestra e splendere con tutti i nostri colori, spremere fino all’ultima goccia della vita che ci è data, fino a quando ci è data».

Andrea è un personaggio televisivo, simpatico, vincente: «sono un mago che regala pezzi di teatro e meraviglia durante le sue esibizioni», dice.

 

Cosa rappresenta per te un sorriso e cosa è la magia, Andrea?

«Il sorriso, almeno per me, è magia. Faccio clownterapia in ospedale da quando avevo 17 anni e vedere sorridere un bambino per me è magia. Ancora di più, per me genitore, è magico vedere sorridere i genitori mentre sono in ospedale con il proprio bambino. Nella mia testa di genitore quando c’è un bambino che sta male non c’è niente da ridere. Se invece vedo un bambino alleggerirsi del peso della sua malattia e sorridere se vedo i suoi genitori ridere anche loro, a quel punto un sorriso tira l’altro, come le ciliegie, e si innesca la vera magia della vita.

 

Come abiti nella magia, come vivi la meraviglia?

Ho iniziato a sei anni, sai? Per la verità, io lo so cosa succede, non è che mi meraviglio di quello che faccio. Ma vivo della meraviglia degli altri. Se le persone davanti a me spalancano occhi e bocca, se vedo quell’attimo di stupore puro anche in adulti scafati, allora ho il mio nutrimento.

 

La voglia di meraviglia può rinascere dal dolore e dalla fine?

A 11 anni ho visto un amico morire investito da un autobus: lì la meraviglia mi era crollata del tutto, ho finito l’epoca spensierata e capito che, anche per un ragazzo, la vita può finire in un secondo. Ero depresso, non uscivo più di casa. E sai cosa mi ha salvato? Il teatro e la magia. In Oratorio, portato a forza a vedere il Mago Sales, ho visto la meraviglia negli occhi degli altri e mi sono detto: “questo lo posso fare. Anche se non mi meraviglio io, posso fare stupire gli altri”. È stata la scintilla per ripartire.

 

Anche tu, un po’ di anni fa, sei stato investito da un SUV in pieno centro. Cosa ricordi di quel momento’

Quel SUV andava a cento all’ora, e non era una canzone. Ero a terra col bacino fratturato, il polmone perforato e dicevo: “nasi rossi, nasi rossi”. Pensavano che stessi delirando. Io cercavo di dire che al funerale avrei voluto i nasi rossi, i clown e la loro allegria, perché avevo comunque vissuto una bella vita. Se ci sono bambini che muoiono a 3 anni, io di che dovevo essere triste? Rispetto a loro, avevo avuto molto di più. Poi ho avuto un successo vero nel lavoro, dei figli che amo, un futuro che in quel momento era inimmaginabile. Anche i drammi che affronti ti rendono la persona che sei.

 

L’ultima tragedia che hai affrontato faccia a faccia?

Ho avuto il Covid, una polmonite interstiziale, una saturazione troppo bassa, l’ambulanza sotto casa che mi aspettava per portarmi in ospedale. Non volevo farmi intubare, non sono voluto andare, in modo incosciente sono rimasto a casa. Mi hanno curato, per fortuna bene, e sono qui a raccontarlo.

 

La vita costa sempre fatica e porta rischi. Vale anche le persone con sclerosi multipla. Tu come le hai conosciute?

Per via di Alessandro Marsili, per me “Pugio”. È mio cugino e, oggi, Presidente della Sezione AISM di Perugia. Siamo cresciuti insieme a Foligno. Un giorno viene e mi fa: “sai, ho la sclerosi multipla”. “Ma che c… (parolaccia) dici”, rispondo. E lui, che è come me fa: “sì, sì, va beh, ma neanche a me frega un c… (parolaccia bis)”.

 

Foto di gruppo CDP

 

Conosci una parola magica per fare scomparire la sclerosi multipla?

Ma la parola magica siete voi. Immagina la scena: “ecco, la parola magica che farà scomparire la sclerosi multipla. Cominciamo a costruirla: “A…”. E il pubblico: “abracadabra …”. “No – direi io a quel punto -. La parola è AISM”.

 

Tuo cugino cosa dice?

Lui, e tutti quelli come lui, sono la vera risposta. Per fare scomparire la sclerosi multipla bisogna fare come Pugio, dandole il peso che merita, quello di un evento contro cui non puoi fare niente, tranne vivere fino in fondo la tua vita. Lui se ne viene e ti dice “che famo oggi? Andiamo a giocare alla guerra simulata? Bene, andiamo”. Non ci sono limiti alla fantasia di vivere. Certo, se ti manca una gamba, non potrai diventare Cristiano Ronaldo. Ma ci sono altri miliardi di esperienze che puoi vivere. Combattendo e splendendo.

 

Ognuno ha le proprie battaglie.

Alessandro, come tutti i giovani che hanno la sclerosi multipla, affronta le sue battaglie quotidiane. Il mio incidente è stato solo un periodo, loro sanno che la loro battaglia sarà più lunga, ma per me questo li rende guerrieri migliori. La vita è tutta una battaglia, nessuno meglio di loro può saperlo. Cerco sempre di guardare il positivo, anche se pure io ogni tanto crollo e non sono un supereroe. Se non cammini, non cadi, certamente. Ma nemmeno cammini. Io, fino a che sono qui, con quello che ho, vado.

 

Cosa significa per te il mondo della disabilità?

Mamma lavora in una cooperativa di ragazzi disabili, “La locomotiva”. Mi ci ha portato tante volte, anche da piccolo. Io ci sono cresciuto. Ci giocavo. I ragazzi Down per me sono una fonte di energia positiva senza precedenti, loro sono sempre up, emotivamente.

 

Il Terzo Settore, che carta sarebbe, nel mazzo dell’Italia?

Per me è l’asso di briscola, un pokerissimo, il punto imbattibile. Senza associazioni saremmo tutti perduti. Da AISM alla Locomotiva alla Clown terapia, alla Bocelli Foundation di cui sono dall’anno scorso “advocate”: senza chi sa darsi senza chiedere niente, il mondo si fermerebbe. Io non sono religioso, ma San Francesco è per me, umbro DOC, un faro. E lui diceva sempre: è donando che si riceve. Senza chi dà, il mondo imploderebbe.

 

A proposito di dare, facci ancora un regalo: parlaci un po’ della tua meravigliosa famiglia, a partire dai tuoi nonni

Sono cresciuto coi miei nonni, i miei genitori dovevano lavorare entrambi. Nonna era casalinga, sono stato tanto con lei. E poi con nonno, ferroviere, di cui ho ereditato il carattere e lo stile. Lui teneva sempre banco. Ho avuto da lui l’esempio di cosa vuol dire regalare sorrisi agli altri, soprattutto nei momenti difficili. Appena succedeva qualcosa di difficoltoso, nonno diceva subito: “ah, la vita è tanta bella”. Tanta bella. Mi è rimasta, sta cosa.

 

E la insegni ai tuoi figli?

Sono divorziato, mi sono riaccompagnato con Barbara, che ha un figlio, Benedetto. E ci sono i miei, Maddalena ed Edoardo. Una famiglia allargata. Con loro faccio come nonno. Li voglio fare innamorare della vita che è bella. Se c’è qualcosa che gli piace, la facciamo insieme. Li porto al cinema: patatine, pop corn e il gusto di ridere anche delle risate degli altri, quelle che non senti se ti guardi il film nel tablet. Mi piace giocare insieme. Cerco di offrire loro un pieno di bellezza e positività cui attingere quando le cose non andranno bene. Vorrei evitargli ogni dramma e problema, ma non sarà così. E allora seminiamo gioia e bellezza: tornerà preziosa negli inverni che arriveranno.

 

Sai che mia figlia, a 18 anni, è tra i 27 milioni di persone che hanno visto su You Tube il video del “lonfo” che hai girato con tua figlia Maddalena sette anni fa?

Non cercavo il successo, con quel video improvvisato! Eravamo sul letto, senza filtri. Ma mi faceva ridere di tenerezza e l’ho pubblicato. Le facevo ripetere, piano piano, un pezzettino alla volta: «Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta, ma quando soffia il bego a bisce bisce sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta». Lei, che allora aveva tre anni, sparava coscientemente parole a caso – tanto erano tutte senza senso apparente - e mi diceva: “tu non ride”. Con quel video ho toccato con mano il potere dei social. È per quei milioni di visualizzazioni che mi hanno chiamato a un talent in televisione. Ed è iniziato un secondo tempo incredibile. Tutto da vivere. Anche con Pugio e con tutti gli amici di AISM.

 

 

Andrea Paris nasce nel 1980 a Foligno (PG), dove tuttora vive.

A 17 anni, inizia ad esibirsi per feste private locali e poi fuori zona per poi passare al teatro. Avendo sempre sostenuto da sempre che il “MAGO non è che un personaggio” decide per un breve periodo di abbandonare gli studi di magia e si dedica al teatro, arrivando a vincere 20 premi nazionali come miglior attore caratterista e altri come attore protagonista.

Un primo punto di svolta arriva nel 2016, quando, in un momento di gioco, recita insieme alla figlia Maddalena la poesia in meta semantica di Fosco Maraini “Il Lonfo”: il video è diventato virale in poco tempo.

Nel 2019 partecipa a “ITALIA’S GOT TALENT 2019”, dove si classifica secondo, mentre il 28 novembre 2020, vince il talent show “TU SI QUE VALES”, trasmesso in diretta in prima serata su Canale 5.

Ha partecipato a numerosi programmi TV tra cui “I SOLITI IGNOTI VIP” condotto da Amadeus (RAI 1) “O ANCHE NO” (RAI 2) e “HONOLULU” (ITALIA 1)

Nel corso degli anni si è esibito in importanti teatri sia italiani che esteri.

Da luglio 2022 è “Advocate” per Andrea Bocelli Foundation e testimonial di AISM.