Ciao Dalila: ci racconti un po’ della tua ‘nuova storia’?
E’ la seconda storia della mia vita che inizia nel 2017. Avevo appena compiuto 25 anni, mi ero laureata da poco col massimo dei voti, bacio accademico e nomina di cultrice della materia. Stavo cominciando un percorso dentro l’Università e facevo il praticantato per l’esame di Stato: è arrivata la SM. Un fulmine a ciel sereno. A quell’età l’idea della malattia è per tutti distante. Pensavo alla carriera e a realizzare i miei sogni. Fino a quando ho avuto problemi seri di visione a un occhio e una rapida diagnosi di SM.
Cosa è cambiato in te?
Mi sono ritrovata a fare una revisione delle priorità, a chiedermi se sarei diventata per sempre dipendente da un’altra persona o se avrei ancora avuto la possibilità di diventare mamma. Domande che non mi ero mai posta. Soprattutto mi spaventava la parola “dipendenza”. Per me i limiti erano solo uno stimolo per andare oltre. Amavo alla follia la mia indipendenza e la difendevo da ogni interferenza. La diagnosi di una malattia neurodegenerativa, ancora priva di una cura risolutiva, è stata un grande punto di domanda sulla mia testa. Però con la mia reazione ho sorpreso anche me stessa.
Sorprendi anche noi …
Non mi sono abbattuta. Ho capito subito che dovevo riprendere in mano la mia vita, andare avanti. Probabilmente con tempi e modi diversi, ma con la stessa determinazione di prima. Invece di rallentare, ho messo il piede sull’acceleratore: ho preso l’abilitazione con l’esame di Stato, ho iniziato un percorso all’interno di un’azienda di famiglia. Ora sono io il “boss”. E quasi subito ho incrociato AISM: avevo un forte bisogno di confrontarmi con persone che vivevano la mia stessa condizione.
Quando?
A un anno dalla diagnosi. Il volontariato mi ha sempre dato qualcosa di speciale, anche prima. Fare per gli altri è nello stesso tempo ricevere. Impegnarmi in AISM ancora oggi mi dà tantissimo. Per questo, dopo un po’, ho deciso di candidarmi come consigliera di Sezione e ho contribuito, insieme ad altri miei coetanei, a fondare un gruppo giovani nel mio territorio. A Francavilla, dove vivo, abbiamo anche aperto uno dei nuovi punti di ascolto di AISM. Da quest’anno faccio parte del gruppo Young di AISM a livello nazionale. AISM investe proprio tanto sui giovani, offrendoci una formazione di eccellenza. Ne vedo i risultati: sono riuscita a realizzare sul territorio attività ed eventi come i Convegni per i giovani. Mi sembrava impossibile, ci siamo riusciti.
Come ti senti, in questo percorso?
Mi sento sicuramente cambiata. Cresciuta, grazie ad AISM ma anche come volontaria e come persona. Tutti, penso, dovrebbero avere l’opportunità di confrontarsi, aprirsi, parlare con gli altri, spogliandosi di quelle armature che ogni tanto ci mettiamo addosso per sentirci un po’ invincibili, un po’ supereroi, perché sentiamo che dobbiamo farcela a tutti i costi e che siamo forti. Anche riconoscersi fragili è bello, perché ci si sente forti insieme. L’ho scoperto grazie ad AISM.
Da avvocato, ti è capitato di imbatterti in cause legate alla tutela delle persone con SM?
No. Mi sono specializzata nel diritto di famiglia e di questo mi occupo: affidamento di minori, separazioni, divorzi. Però seguo da vicino l’azione di AISM e ho visto passi da gigante nell’affermazione di quei diritti che solo pochi anni fa nemmeno venivano considerati. Ora è normale.
Esempi di diritti che è giusto e soprattutto ‘normale’ affermare oggi?
L’accessibilità dei luoghi pubblici. Una persona con SM ha già un proprio limite fisico, se ci si aggiunge un limite architettonico, la problematica si amplifica.
Vivi sul mare o all’interno?
Il mare è la mia prima terapia, lo amo. Abito a circa 30 km, ma ogni giorno mi sveglio alle 5,30 e vado a lavorare molto presto per avere il tempo di andare al mare: lo guardo e mi sento rigenerata. Mi ha aiutato in tanti momenti di sconforto.
Un tuo sogno o desiderio per il futuro che arriva?
Vorrei concretamente partecipare al cambiamento che l’Associazione si impegna ogni giorno a realizzare e spero di dare il mio contributo ai progetti dell’Associazione.
Sei più pronta a dare che a chiedere…
È un mio difetto di fabbrica. Chiedo poco, ho problemi a farlo.
Dove desideri che vada l’Associazione?
Puntare sulla ricerca è prioritario. Nel campo dei trattamenti c’è tanta innovazione. Anche io ho cambiato diverse terapie che mi hanno migliorato la qualità di vita. Inoltre è importante dare ancora maggiore attenzione ai caregiver.