Ciao Maria, noi di AISM diciamo a tutti che in Italia ci sono più di 130.000 “persone con sclerosi multipla”: tu che persona sei, come ti vedi?
Sono un impasto di sconforto e di sorriso, di fatica e di speranza, di pianto e di coraggio. Il coraggio è quello che serve per alzarsi e parlare, ma anche quello che serve per sedersi e ascoltare.
Come e quando hai scoperto di avere la sclerosi multipla?
Tutto è cominciato nel 2013, con un formicolio al piede. Non se ne andava e, anzi, giorno dopo giorno era risalito ai polpacci, alle ginocchia, fino all’inguine. Una mattina ho accompagnato mio figlio in auto all’asilo e poi sono andata al Pronto Soccorso. Pensavo a una cattiva circolazione, mi hanno ricoverato per due settimane. Dopo la risonanza magnetica hanno capito qual era il mio problema, dopo l’esame del liquor mi hanno confermato che avevo la sclerosi multipla.
Come l’hai presa?
Avevo 28 anni e mi sono fatta tanti pianti. Pensavo al mio piccolino, che aveva due anni e mezzo ed era rimasto a casa senza la mamma.
E tu, Alessio, da marito, come l’hai vissuta?
Maria mi ha detto: lasciami, sarò un peso per te. “Perché dovrei lasciarti?”, le ho detto. Siamo ancora qui. Vivo e ragiono da informatico: se c’è un problema, lavoriamo insieme per risolverlo o per attenuarne l’impatto.
È cambiata la vostra vita, in questi nove anni, Alessio?
Niente è più come quando eravamo fidanzati o giovani sposi. Di ballare non se ne parla più e nemmeno di andare a fare lunghe passeggiate insieme. Negli anni Maria è passata prima al bastone, poi al deambulatore. Poi sono stati introdotti dei tutori per aiutare il piede a fare i gradini e, da qualche anno, ha una carrozzina elettrica per gli spostamenti lunghi. Gli esami dicono che è stabile, ma ogni tre o quattro mesi c’è una novità che peggiora un po’ le cose. A volte Maria si dispera perché anche braccia e mani non funzionano, perché non riesce ad asciugarsi i capelli da sola. E io, allora, divento parrucchiere per lei.
Avete due figli e il secondo è nato dopo la diagnosi, giusto, Maria?
Sì, il secondo l’abbiamo proprio voluto e il neurologo ci ha dato una mano, scegliendo con noi una terapia per la SM che non creasse problemi alla gravidanza. Il giorno che sono rimasta incinta quasi per magia la sclerosi multipla sembrava scomparsa. Io stavo bene, potevo fare tutto. Ora il piccolo vorrebbe sempre una mamma come le altre, lui non può capire. Il primo è molto protettivo: mi chiede spesso come sto, se sono stanca. E, se non riesco a fare qualcosa, si offre di farla lui per me.
Come hai incontrato AISM?
Vivo a Monteforte Irpino, un paese della provincia di Avellino e ho incontrato le volontarie della Sezione di Ospedale, durante le visite di controllo. In AISM ho scoperto un mondo: non pensavo fossimo così in tanti. Sono diventata anche io socia e ho iniziato un percorso di sostegno psicologico, di ho tanto bisogno: eravamo in gruppo, parlavamo, ci confrontavamo. Un’esperienza preziosa, come la fisioterapia. Quando ho dovuto sospenderla, durante il lock down, ho scoperto quanto sia preziosa: durante quei mesi ho perso tante abilità che ora non riesco a recuperare.
Da quanto sei socia di AISM?
Da tre o quattro anni. Lo faccio per sostenere i servizi, come quello del sostegno psicologico. E ancora di più perché credo che sia importante dare un contributo alla ricerca. Madre Teresa di Calcutta dice che ogni nostra azione è come una goccia nell’Oceano. Solo una goccia. Ma, se non facessimo quello che possiamo, l’oceano avrebbe una goccia in meno. Io porto la mia goccia all’oceano della ricerca e spero che un giorno si trovi una soluzione per questa malattia.
Lo consiglieresti a tutti?
Tantissimo. Non facciamo mancare la nostra goccia: sembra poco, ma ogni goccia fa la differenza. Più saremo e più cambieremo il futuro. Quello che la ricerca porterà sarà certamente un beneficio per le generazioni future. Ma arriverà e sarà importante.
Cosa speri per il vostro futuro, Maria, cosa desideri?
La salute per i miei figli e per mio marito, spero che stiano sempre bene. Io sono consapevole che indietro non torno. La SM non se ne andrà. Momenti di sconforto ci sono stati, ci sono, ci saranno; sono una certezza. Per questo conto di continuare con il percorso di sostegno psicologico, con la fisioterapia e … con le uscite che Alessio mi impone quando mi vede sul divano con lo sguardo perso nel vuoto. Anche andare a mangiarsi una pizza è una piccola grande occasione per vivere la vita. Non devo concentrarmi su quello che mi manca, ma su quello che possiamo vivere insieme.
E tu, Alessio, cosa desideri per Maria?
Vorrei che si bloccasse la malattia. Mi basterebbe arrivare a una condizione ‘standard’ che resti stabile. Vorrei tanto che si trovassero dei farmaci più potenti che fermino i peggioramenti e ci lascino vivere tempi sereni. Maria ha 39 anni, abbiamo una vita davanti, da vivere insieme.