Salta al contenuto principale

Approccio interdisciplinare e case management

 

Presa in carico sanitaria e sociale - Gestione multidisciplinare

Gestire sintomi, complicanze e comorbidità

Approfondimenti Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2023

 

La presa in carico interdisciplinare

Le caratteristiche della SM e delle patologie correlate, la varietà e l’imprevedibilità dei loro sintomi, rendono necessario un approccio interdisciplinare e multispecialistico fin dalla diagnosi, per cui le terapie gestite direttamente dal neurologo devono coordinarsi con quelle indicate da altri specialisti come fisiatra, ginecologo, urologo, gastroenterologo, oculista, psichiatra.

 

Insieme alla presa in carico neurologica e alle terapie modificanti il decorso, le persone con SM e NMO hanno quindi bisogno di poter accedere ad altri specialisti in modo spedito e coordinato, con la certezza che tutte le diverse terapie, da chiunque siano erogate, rientrino nel medesimo percorso di presa in carico e progetto di vita.

 

I dati raccolti da AISM nel 2023 tra le persone con SM e NMO mostrano come la quota di rispondenti che hanno ricevuto questo tipo di presa in carico sia complessivamente pari al 53,9% del campione, e se il 25,7% ha indicato di non averne bisogno, il 20,4% ha segnalato che non è stato possibile riceverla sul proprio territorio (fig. 1).

 

 

Il dato relativo a quanti hanno ricevuto cure interdisciplinari tende ad aumentare tra le persone con SM più grave, ma aumenta nello stesso tempo la quota di quanti indicano di non aver tratto beneficio da questo tipo di cure.

 

È un andamento che da un lato si spiega con il fatto che al progredire della disabilità le condizioni generali delle persone tendono a peggiorare, e dunque gli interventi terapeutici sono tendenzialmente meno efficaci. Dall’altra parte, solleva l’interrogativo su quanto il sistema riesca a offrire servizi effettivamente integrati, e quanto quindi all’aumentare della complessità i diversi professionisti che devono seguire le persone con SM riescano a comunicare efficacemente tra loro mantenendo un approccio olistico che è per questi pazienti ancor più essenziale per mantenere livelli di qualità di vita accettabili.

 

Gli ostacoli più frequenti nel ricevere le cure interdisciplinari risultano essere i costi a carico, le difficoltà a prendere appuntamenti e quelle logistiche o pratiche, con ogni probabilità legati tra loro, laddove non riuscire a prendere un appuntamento con lo specialista significa spesso andare nel privato o affrontare i costi per spostarsi lontano da casa.

 

È un dato parzialmente confermato da quello per cui a fronte dell’80,8% che ha ricevuto cure interdisciplinari dal soggetto pubblico o convenzionato, il 31,5% indica di averle ricevute anche, o esclusivamente, dal privato e quindi interamente a proprio carico sotto il profilo economico (tab. 1).

 

 

Osservando però il dato sulle difficoltà dal punto di vista del beneficio che le persone ne hanno poi tratto, emerge come la mancanza di coordinamento, indicata con frequenza più che doppia da chi non ha tratto beneficio dalle cure interdisciplinari (32,9%), rispetto a chi ne ha tratto (14,3%), sia probabilmente un fattore determinante, e quindi modificabile da interventi e innovazioni organizzativi che facilitino questo coordinamento (tab. 2).

 

 

Il coordinamento delle cure e l’orientamento alle persone

Orientarsi in un percorso di cura che prevede il coinvolgimento di un’ampia varietà di professionisti e organizzazioni erogatrici non è semplice per le persone con SM e NMO, specie quando con il progredire della condizione i bisogni diventano più complessi.

 

A indicare di aver ricevuto orientamento nei servizi è il 42,7% dei partecipanti all’indagine, in particolare il 31,1% con molto o abbastanza beneficio e l’11,6% con poco o per nulla (tab. 3). Emerge dal dato come le persone con disabilità più grave siano quelle che hanno avuto più bisogno di orientamento, lo abbiano ricevuto più spesso, ma più spesso abbiano anche indicato di averne tratto poco o nessun beneficio, oppure di non essere riusciti a riceverlo perché non sapevano a chi rivolgersi o non era disponibile. 

 

 

Circa l'80% di chi ha ricevuto questo tipo di supporto ha indicato che a fornirglielo è stata una articolazione del sistema pubblico. Il 31,5% ha però fatto riferimento al privato, pagando di tasca propria. E' un dato che suggerisce la necessità di integrare quanto ricevuto nel pubblico, quando non di supplire alle sue mancanze attraverso la spesa familiare. Circa il 7% ha menzionato infine l'Associazione AISM, che con i suoi servizi di informazione e orientamento svolge in molti territori una funzione di supporto in questo senso.

 

Anche la variabile territoriale gioca un ruolo importante, laddove le persone con SM e NMO residenti nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno hanno indicato in quote sensibilmente inferiori rispetto a quelle che vivono al Nord di aver ricevuto orientamento e di averne tratto beneficio, e soprattutto hanno indicato in quote decisamente più alte di non aver potuto accedere a questo tipo di servizi perché non erano loro noti o accessibili (25,1% e 29,8% rispettivamente al Centro e al Sud e Isole contro il 19% del Nord Ovest e il 16% del Nord Est) (tab. 4).

 

 

Una figura che ricopre un ruolo essenziale in questo senso nell’équipe di presa in carico è quella del case-manager, le cui funzioni includono, oltre alla facilitazione del rapporto tra clinico e persona nella prospettiva della personalizzazione delle cure, anche quella di orientare le persone nel loro percorso.

 

Dall’indagine sui Centri realizzata da AISM nel 2022 da un lato emerge come questa figura sia presente solo in una minoranza di casi, dall’altro il dato conferma come si tratti di una componente cruciale nel coordinamento della rete di presa in carico, laddove la sua presenza è fortemente associata all’erogazione di cure secondo un PDTA aziendale (fig. 2) (vedi anche la scheda Il PDTA e il coordinamento della rete di presa in carico).

 

 

Anche dove il case-manager è stato attivato, le sue funzioni non sempre prevedono l’interfaccia diretta con altre articolazioni del sistema delle cure, e dunque la capacità di organizzare direttamente tutto il percorso (fig.3). La quota di Centri che prevedono questa figura e che hanno indicato che il case-manager si interfaccia sempre con altri reparti dell’azienda arriva al 65,1% ma si ferma al 30,8% a proposito dell’interazione diretta con altre articolazioni del territorio, quali Medici di Medicina Generale, centri di riabilitazione, servizi sociali etc.

 

 

La comorbidità

L’identificazione delle comorbidità svolge un ruolo chiave nella gestione delle persone con sclerosi multipla, perché possono peggiorare la prognosi e la qualità della vita, influenzare lo stato di disabilità, l’utilizzo delle cure sanitarie e l’ospedalizzazione, le scelte terapeutiche e la risposta al trattamento, nonché aumentare il rischio di mortalità. Le comorbidità sono comuni nelle persone con sclerosi multipla a causa della malattia stessa o degli effetti collaterali dei farmaci, oppure dei fattori di rischio comportamentali, come il fumo, l’inattività fisica, l’obesità e un’alimentazione non salutare. Inoltre, altre malattie croniche possono essere più facilmente diagnosticate nelle persone con sclerosi multipla a causa di un maggior numero di controlli periodici e di un maggiore utilizzo dei servizi sanitari rispetto alla popolazione generale.

 

Uno strumento che potrebbe favorire ulteriormente l'integrazione tra le cure per la SM con quelle per le comorbidità è rappresentato dal Piano Nazionale della Cronicità, che nella seconda parte contiene delle schede dedicate a specifiche patologie croniche. L'inclusione nella prossima edizione del piano di una scheda dedicata alla SM rafforzerebbe gli strumenti di governance clinica già esistenti, quali i PDTA, e accelererebbe la costituzione di una struttura nazionale di monitoraggio sulla SM, le cui evidenze sarebbero preziosissime per il miglioramento delle cure.

 

A questo proposito è interessante il dato relativo a quanti tra i partecipanti all’indagine 2023 si siano sottoposti a screening, esami o visite preventive in assenza di sintomi. Complessivamente è il 61,6% a esservisi sottoposto almeno una volta nell’ultimo anno, ma è interessante osservare come il dato vari a seconda dell’età e soprattutto del genere (tab. 5).

 

 

La tendenza a sottoporsi a questo tipo di controlli tende infatti ad aumentare con l’età, come è logico che sia laddove il rischio di contrarre gran parte delle patologie è associato all’età. E se è vero che la salute riproduttiva e alcuni screening oncologici specifici (in particolare le mammografie e i PAP test) interessano soprattutto la popolazione femminile, colpisce la quota di uomini con SM e NMO che anche nelle fasce d’età più avanzata si sono sottoposti a controlli sia molto inferiore a quella delle donne (45,9% tra i 65enni e oltre contro il 66,6% delle donne nella stessa fascia d’età).

 

I controlli periodici già previsti per la SM chiaramente possono almeno in parte contribuire a individuare precocemente altre patologie, ma rimane vistosa la quota di uomini che indicano questo come causa del non aver ricevuto altri controlli, anche in età più avanzata (27,7% contro il 7,5% delle donne sul totale, e 37,5% contro 11,7% delle donne tra i 65enni e oltre).

 

Il tema delle comorbidità nella SM è stato oggetto negli ultimi anni di diversi studi. Quello sui costi citato nel capitolo dedicato ad essi (Ponzio et al 2022) ha evidenziato come le comorbidità più frequenti nel campione considerato e reclutato in due aree del Nord Italia (provincia di Genova e provincia di Pavia) siano risultate ipertensione (21,0%), depressione (15,7%) e ansia (11,7%). Le persone con SM con comorbilità avevano maggiori probabilità di utilizzare le risorse sanitarie - come i ricoveri (OR=1,21, p<0,001), gli esami (OR=1,59, p<0,001) e i farmaci sintomatici (OR=1,89, p=0,012) - e non sanitarie come investimenti (OR=1.32, p<0.001), trasporti (OR=1.33, p<0.001), servizi (OR=1.33, p<0.001) e cure informali (OR=1.43, p=0.16). Infine, le persone con almeno una comorbidità hanno subito maggiori perdite di produttività (OR=1,34, p<0,001) rispetto a quelle senza.

 

Tra le fonti attualmente disponibili per rilevare le comorbidità, come le cartelle cliniche, le interviste ai pazienti e i database amministrativi, gli ultimi sono quelli che richiedono un minor costo in termini di tempo e risorse economiche, in quanto coprono l’intera popolazione residente, per un lungo periodo, e possono raccogliere i dati in modo routinario, specialmente nei paesi con un sistema sanitario nazionale a finanziamento pubblico, come l’Italia. Tuttavia, essendo raccolti per la gestione del sistema sanitario e per il rimborso da parte del sistema sanitario nazionale, e non per scopi di ricerca, questi dati devono essere validati prima di poter essere utilizzati (Marrie et al. 2012).

 

In Toscana è stato condotto recentemente un altro studio (Bezzini et al. 2022) per valutare la presenza di comorbidità nella popolazione generale e nei pazienti con sclerosi multipla attraverso l’uso di algoritmi validati di cattura di diverse malattie croniche comuni, quali diabete, ipertensione, ictus, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco, malattia cardiaca ischemica e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), che vengono monitorate in modo routinario da parte dell’Agenzia Regionale di Sanità. Le fonti dei dati utilizzati sono state le schede di dimissione ospedaliera, il registro di esenzione per malattia, il registro dei farmaci e quello dell’assistenza diurna residenziale e domiciliare.

 

Al 1° gennaio 2019, il 63% della popolazione toscana di età superiore ai 20 anni non presentava nessuna delle malattie croniche analizzate, mentre il 35% aveva diabete e/o ipertensione (gruppo RISCHIO_CARDIO in figura 1), l’8% aveva malattie cerebro-cardiovascolari (tra cui ictus, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco e/o malattia cardiaca ischemica- gruppo MAL_CARDIO in figura 1) e il 6% aveva BPCO. Circa il 10% della popolazione generale residente in Toscana aveva più di una comorbidità.

 

Per quanto riguarda la SM, sono stati identificati 8.274 soggetti con una prevalenza grezza di 283,6 per 100.000 abitanti tra la popolazione di età superiore ai 20 anni.

 

Tra i casi prevalenti di SM, sono stati trovati 5.503 (66,5%) pazienti senza comorbidità, 2.354 casi (28,5%) con ipertensione, 535 (6,5%) con diabete, 396 con BPCO (4,8%), 257 con malattia cardiaca ischemica (3,1%), 201 (2,4%) con ictus, 122 (1,5%) con infarto cardiaco e 108 con insufficienza cardiaca (1,3%). Il 6,9% aveva più di una comorbidità.

 

Nell’analisi dei tassi di prevalenza standardizzati per età e sesso delle comorbidità tra le persone con SM, la più comune era l’ipertensione con una prevalenza di 246,5 su 1.000, seguita dal diabete (61,8), dalla BPCO (58,1) e dalla malattia cardiaca ischemica (26,5), mentre ictus, infarto cardiaco e insufficienza cardiaca rappresentavano meno di 20 casi su 1.000 pazienti di SM. Confrontando questi tassi con la popolazione generale, sono stati osservati tassi di prevalenza statisticamente più elevati nelle persone con SM per l’ictus in entrambi i sessi, per il diabete e la BPCO solo nelle donne, e per l’ipertensione solo negli uomini; mentre l’infarto cardiaco era più comune nella popolazione generale per entrambi i sessi, e l’insufficienza cardiaca solo nelle donne (tab. 6).

 

 

Considerando i sottogruppi per età, i giovani uomini e donne con SM (20-44 anni) avevano tassi significativamente più elevati di ipertensione, ictus e diabete rispetto alla popolazione generale, mentre la malattia cardiaca ischemica era significativamente più elevata solo negli uomini. Il gruppo d’età tra 45 e 59 anni con SM aveva tassi significativamente più elevati di ipertensione e BPCO per entrambi i sessi e tassi più elevati di ictus e malattia cardiaca ischemica solo nelle donne. Nel gruppo più anziano (>60 anni), le persone con SM avevano tassi significativamente più elevati di ictus per entrambi i sessi, e di diabete e BPCO per gli uomini; mentre la popolazione generale aveva tassi significativamente più elevati di insufficienza cardiaca per entrambi i sessi e di BPCO e malattia cardiaca ischemica solo nelle donne.

 

Bibliografia

• AISM (2022) Barometro della Sclerosi Multipla e patologie correlate 2022

• Ponzio M, Monti MC, Mallucci G, Borrelli P, Fusco S, Tacchino A, Brichetto G, Tronconi L, Montomoli C, Bergamaschi R. (2023) The economic impact of comorbidity in multiple sclerosis. Neurol Sci. 2023 Mar; 44(3):999-1008.

• Marrie RA, Yu BN, Leung S, et al (2012) Rising prevalence of vascular comorbidities in multiple sclerosis: validation of administrative definitions for diabetes, hypertension, and hyperlipidemia. Mult Scler J 18:1310–1319.

• Bezzini D, Gualdani E, Razzanelli M, Battaglia MA, Cortese R, Francesconi P, Ulivelli M. (2022) Prevalence of chronic comorbidities in people with multiple sclerosis: descriptive study based on administrative data in Tuscany (Central Italy). Neurol Sci. 2022 Nov; 43(11):6407-6414