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Il PDTA e il coordinamento della rete di presa in carico

 

Presa in carico sanitaria e sociale - Gestione multidisciplinare

L'integrazione delle cure e i PDTA

Approfondimenti Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2023

 

Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) rappresenta uno strumento necessario per la programmazione del processo di cura e per l’integrazione tra i diversi professionisti e le diverse strutture.

 

Un numero crescente di studi (Zander et al., 2002; Seys et al., 2017, Deneckere et al., 2012) ha dimostrato come la creazione di un PDTA possa facilitare il raggiungimento di alcuni obiettivi nell’ottimizzazione della gestione di persone con malattie croniche complesse quali la sclerosi multipla. In Italia c’è stata una forte spinta alla diffusione dei PDTA nelle aziende sanitarie, soprattutto a partire dal Piano Nazionale della Cronicità che riconosce nel PDTA la base su cui costruire un iter assistenziale personalizzato del paziente (Ministero della Salute, 2016).

 

I PDTA rappresentano uno strumento di management sanitario, in grado di tradurre le linee guida in processi e protocolli di gestione clinica e assistenziale, ma anche di garantire il massimo soddisfacimento dei bisogni individuali dei pazienti sfruttando il più possibile le risorse impegnate. Sono inoltre il mezzo che permette a regioni, Asl, Aziende ospedaliere e comuni di dotarsi di una strategia integrata per coinvolgere professionisti e funzioni diverse, e definire la modalità di erogazione dell’assistenza e presa in carico dei pazienti secondo il contesto e le risorse disponibili (AISM, 2021).

 

Il PDTA è un percorso clinico che segue una sequenza e scandisce la tempistica degli interventi dei diversi professionisti coinvolti. In tal senso è progettato per ridurre al minimo i ritardi e lo spreco delle risorse e massimizzare la qualità dell’assistenza (Zander, 1991). La letteratura mostra come, descrivendo in dettaglio i passaggi essenziali nel processo di cura delle persone con una patologia specifica, e disegnandone il percorso clinico, il PDTA possa portare vantaggi sia ai professionisti che ai pazienti (Cheah et al., 2000; Schrijvers et al., 2012):

• permette di selezionare la pratica “migliore”, tenendo fuori dal processo ciò che può essere considerato non necessario;

• definisce gli standard di durata dei processi produttivi con notevoli riduzioni dei costi;

• esamina le interrelazioni tra le diverse fasi del processo di cura;

• fornisce, a tutto il personale coinvolto, un obiettivo comune utile a comprendere anche il proprio ruolo all’interno del processo di cura. Tutto ciò si riflette in un una maggiore soddisfazione professionale di ciascun protagonista del percorso, poiché le specifiche mansioni e responsabilità vengono chiaramente definite. La chiarezza dà spazio a maggiore autonomia, consentendo ai dipendenti di avviare un atto di routine in modo indipendente senza attendere l’approvazione dei superiori;

• diminuisce il burden provocato dalla documentazione clinica;

• migliora la soddisfazione del paziente.

 

In Italia la gestione delle politiche sanitarie viene delegata alle regioni, per cui il PDTA ha anche il ruolo di garantire l’equità e l’uniformità delle cure. Anche a questo scopo, AGENAS ha realizzato in collaborazione con AISM, e pubblicato nel 2022, il “PDTA della sclerosi multipla: indicazioni per la creazione delle reti di assistenza”, che indirizza regioni e Aziende sanitarie nella messa a punto di PDTA per la SM sui propri territori (Agenas, 2022). Attualmente i PDTA regionali della sclerosi multipla approvati sono 13, tutti realizzati con la collaborazione di AISM, e in altre 4 tra regioni e province autonome il PDTA è in fase avanzata di definizione (tab. 1).

 

 

Tra i Centri clinici per la SM che hanno partecipato all’indagine realizzata da AISM nel 2022, il 44,2% ha indicato di erogare le cure seguendo il PDTA regionale, il 25% ha indicato l’esistenza di un PDTA aziendale e la restante parte del campione ha indicato di fare riferimento a un PDTA non formalizzato (11%) o di non seguire alcun PDTA (19,8%) (fig. 1).

 

 

Un dato interessante emerso dalla rilevazione è relativo alla collaborazione tra il Centro SM e gli altri soggetti che erogano servizi alle persone con SM. Viene fuori infatti come i Centri che seguono un PDTA aziendale o interaziendale indichino livelli di collaborazione e coordinamento più intensi con un numero più ampio di soggetti rispetto sia ai Centri senza alcun PDTA, sia ai Centri che seguono PDTA regionali o informali (tab. 2). Spiccano non solo i dati relativi alla collaborazione con altri soggetti del sistema sanitario (in particolare reparti e ambulatori di altre aziende e medici di medicina generale), definita come molto o abbastanza intensa soprattutto dai Centri con PDTA aziendale o interaziendale rispetto agli altri, ma anche i dati relativi al coordinamento con erogatori di servizi sociali, sia domiciliari che residenziali e semiresidenziali.

 

 

I fattori che ostacolano un’implementazione completa dei percorsi sono numerosi, e su tutti risalta la carenza di risorse umane, indicata come un ostacolo molto o abbastanza rilevante da oltre l’80% dei Centri. Vengono citate da quote ampiamente maggioritarie anche la carenza di strutture e strumenti (68%) e le carenze di sistemi informativi (53%), a testimonianza della centralità delle difficoltà strutturali verso la realizzazione della rete di presa in carico. Rivestono un ruolo importante però anche fattori organizzativi e culturali, quali le resistenze nelle altre articolazioni della rete (61%), mancanza di coordinamento (50%) e carenza di formazione del personale (fig. 2).

 

 

Alla luce dei dati, i PDTA regionali per la SM rappresentano un progresso importante, ma per assicurare alle persone con SM percorsi di cura effettivamente integrati in ciascun territorio è necessario che i PDTA vengano adattati ai sistemi locali di offerta. È quindi necessario che vengano implementati a livello sub-regionale dalle aziende sanitarie e ospedaliere, che devono costruire, insieme agli erogatori di servizi del territorio, una vera e propria rete di presa in carico transmurale, che attraversi cioè i confini delle singole organizzazioni per strutturarsi sui bisogni dei pazienti.

 

Il PDTA deve infatti calarsi effettivamente nel territorio in cui viene applicato, modellandosi sulle peculiarità che, per natura fisica e per le caratteristiche delle figure professionali presenti, renderanno quel territorio differente da un altro.

 

AISM vede nei PDTA per la SM lo strumento più adatto a garantire, attraverso continuità e coordinamento dei servizi, una presa in carico capace di rispondere tempestivamente e in modo appropriato ai bisogni di ciascuna persona, realizzando di fatto l’umanizzazione delle cure. Come riportato anche nel Piano Nazionale della Cronicità infatti “La costruzione di PDTA centrati sui pazienti è garanzia di effettiva presa in carico dei bisogni ‘globali’ e di costruzione di una relazione empatica tra il team assistenziale e la persona con cronicità e i suoi caregiver di riferimento.”

 

La mancanza di coordinamento organizzativo tra servizi sanitari diversi rappresenta un ostacolo essenziale alla possibilità di garantire alle persone con patologie croniche in generale, e con SM in particolare, i percorsi di presa in carico personalizzati, multidisciplinari e transmurali di cui hanno bisogno.

 

Alla base della discontinuità dei processi di cura vi è infatti la frammentazione dell’assistenza che si può generare tradurre in inutili tempi di attesa (Bergin et al., 2020; Hutchinson et al., 2020), flussi di informazioni difettivi nelle diverse fasi di malattia e richiesta di esami inappropriati. Da questa frammentazione deriva uno scorretto utilizzo delle risorse materiali, finanziarie e umane (Fung-Kee-Fung et al., 2018).

 

Una misura di quanto queste problematiche organizzative si riflettano sull’esperienza delle persone si può ricavare dall’indagine AISM sulle persone con SM e NMO del 2023. Dai dati emerge infatti che il 56% dei rispondenti avesse poco o per nulla la sensazione che i diversi servizi fossero coordinati tra loro (tab. 3) e che a quasi il 40% di loro non era stato in nessun modo illustrato come i diversi servizi fossero collegati tra loro e come attivare la rete.

 

 

La mancanza di coordinamento emerge sempre in questa rilevazione come un problema nella gestione neurologica della SM per il 17% dei partecipanti, e un ostacolo nella ricezione di cure interdisciplinari nel 19% dei casi (vedi anche le schede I Centri clinici e la presa in carico neurologica e Approccio interdisciplinare e case management). (fig. 2).

 

Va poi sottolineato il fatto che a causa della pandemia, anche dopo le discontinuità nei servizi legate alla prima fase dell’emergenza, si sono accumulati ritardi e rallentamenti nei servizi, e ancora a distanza di oltre tre anni il 36,0% delle persone con SM e NMO indica che questi problemi sono stati solo parzialmente (23,3%) o per nulla superati (12,8%) (tab. 4). Il persistere di queste problematiche rappresenta anch’esso un fattore che ostacola il coordinamento delle cure.

 

 

L’importanza di fornire informazioni è universalmente riconosciuta come un aspetto cruciale nel processo di cura e di presa in carico del paziente, oltre che un atto dovuto dal punto di vista etico. Dalla survey emerge che il 73,8% degli intervistati ha ricevuto le informazioni necessarie per gestire autonomamente la sua SM, dato che si riflette anche nel 75,2% che ha indicato di essere stato coinvolto quanto avrebbe voluto nelle decisioni sulle sue cure.

 

È necessario però che questi percorsi siano sempre più costruiti e attuati su base personale e che il processo di comunicazione, affinché sia realmente efficace, sia realmente condiviso. Non basta infatti che il medico fornisca le informazioni sulle varie opzioni di trattamento disponibili, ad esempio, ma che anche i pazienti condividano informazioni su se stessi, e che queste informazioni siano tenute debitamente in considerazione dal sistema di presa in carico. A tal proposito, dalla rilevazione emerge che solo il 53,9% degli intervistati ha avuto la sensazione che gli operatori conoscessero le loro esigenze di vita, e che i servizi fossero erogati in base ad esse.

 

Le risposte fornite delle persone con SM e NMO alla survey suggeriscono in sostanza la presa in carico come caratterizzata nella maggior parte dei casi da un rapporto dialettico con i clinici, e da una sostanziale attenzione per le necessità e preferenze personali. Questa attenzione sembra però rimanere sul piano del rapporto umano, e non sembra ancora informare in modo sistematico i processi organizzativi e i modelli di cura.

 

In questo senso, è necessario che l’esistenza e il funzionamento della rete di presa in carico siano sempre più oggetto di disseminazione verso le persone; secondo l’indagine AISM 2023, infatti, solo il 10,2%delle persone sa cos’è un PDTA e sa che è attivo sul suo territorio. È un dato che conferma questa necessità di informazione, soprattutto considerando che nelle regioni che hanno approvato il PDTA regionale vive circa il 77% della popolazione italiana, e che il 70% circa dei Centri SM ha indicato di basarsi su un PDTA regionale o aziendale/interaziendale per erogare le cure. Il 73,3% delle persone con SM o NMO intervistate invece non sa cosa sia un PDTA, mentre il 10,1% ne ha sentito parlare senza essersi fatto un’idea precisa (fig. 3).

 

 

Bibliografia

• Ministero della Salute (2016). Piano nazionale per la cronicità

• AISM (2021) Barometro della sclerosi multipla 2021

• AISM (2022) Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2022

• AGENAS (2022) PDTA per la Sclerosi Multipla: indicazioni per la creazione delle reti di assistenza

• Bergin RJ, Whitfield K, White V, et al. Optimal care pathways: a national policy to improve quality of cancer care and address inequalities in cancer outcomes. J Cancer Policy. 2020;25:100245

• Cheah, J. (2000). Clinical pathways-an evaluation of its impact on the quality care in an acute care general hospital in Singapore. Singapore medical journal, 41(7), 335- 346.

• Deneckere S, Euwema M, Lodewijckx C, Panella M, Sermeus W, Vanhaecht K (2012) The European quality of care pathways (EQCP) study on the impact of care pathways on interprofessional teamwork in an acute hospital setting: study protocol: for a cluster randomised controlled trial and evaluation of implementation processes. Implement Sci 7:47

• Hutchinson K, Herkes G, Shih P, et al. Identification and referral of patients with refractory epilepsy from the primary to the tertiary care interface in New South Wales, Australia. Epilepsy Behav. 2020;111:107232.

• Schrijvers, G., van Hoorn, A., & Huiskes, N. (2012). The care pathway: concepts and theories: an introduction. International journal of integrated care, 12(Special Edition Integrated Care Pathways).

• Seys D, Bruyneel L, Deneckere S, Kul S, Van der Veken L, van Zelm R, Sermeus W, Panella M, Vanhaecht K (2017) Better organized care via care pathways: a multicenter study. PLoS One 12(7):e0180398

• Zander K (2002) Integrated care pathways: eleven international trends. Journal of Integrated Care Pathways 6:101–107

• Zander K. Care Maps: the core of cost/quality care. The New Definition 1991; 6(3):1-3