I temi emersi dal Congresso Scientifico di AISM e della sua Fondazione. Un meeting per ricercatori che ha messo al centro la persona con SM
«Un Congresso ricco di novità. Ma soprattutto questo Congresso ha avuto sempre come riferimento la persona con sclerosi multipla». Così Paola Zaratin, Direttore Ricerca Scientifica AISM, riassume due giorni intensi vissuti a Roma da oltre 200 ricercatori. E per la persona con SM il messaggio più forte che esce dal Congresso è fortemente motivante: «Possiamo puntare all’Everest – dicono all’unisono Zaratin e il Presidente AISM Roberta Amadeo -. Certo, magari arriveremo al K2 o al Monte Bianco, e sarà comunque una prospettiva del tutto appagante. Ma oggi sappiamo che possiamo puntare alla vetta più alta».
In effetti, alla Prima Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, nel 2009, un’alpinista americana con SM, Lori Schneider, scalò proprio l’Everest. Ma l’Everest di cui parliamo oggi è un orizzonte che vale per tutti e non solo per qualcuno: il Congresso FISM ha mostrato in molti modi che tutte le situazioni di sclerosi multipla possono essere “scalate”.
«Anche chi ha una forma di SM progressiva da molti anni – spiega Zaratin - esce dal Congresso sapendo che secondo la ricerca più recente si può provare non solo a contenere il danno progressivo del sistema nervoso, ma addirittura a riparare i tessuti danneggiati. E questo vale non solo per i giovani appena toccati dalla malattia, ma anche per le persone con un lungo decorso. Siamo nati per invecchiare, ma siamo in grado di rigenerarci».
Come può accadere? Robin Franklin, prestigioso ospite dall’Università di Cambridge, ha portato le sue ricerche sulla «medicina che rigenera», cui lavora da oltre 20 anni. Conclusione: la guaina mielinica danneggiata nella sclerosi multipla, ma anche «l’interno» della mielina, ossia l’assone, il «filo» attraverso cui passa la corrente degli impulsi nervosi, potrebbero nel prossimo futuro essere ricostruiti. Ci si potrà magari riuscire attraverso nuovi composti farmacologici, come quelli che potrebbero svilupparsi dalle molecole che accendono il recettore GPR17, brevettate da AISM e Università di Milano secondo il progetto presentato al Congresso dalla Professoressa Maria Pia Abbracchio.
Oppure la rigenerazione avverrà attraverso percorsi che utilizzino le cellule staminali, come nel Progetto MESEMS il cui principale investigatore italiano è il professor Antonio Uccelli. O, ancora, la rigenerazione può avvenire anche grazie alla riabilitazione che riattiva la plasticità del cervello, ossia la sua capacità di riprendere a funzionare con efficacia dopo un danno. Diversi i progetti di FISM che se ne stanno occupando, come quelli presentati dal Professor Centonze e della dottoressa Leocani.
Uno dei progetti nuovi che la ricerca di AISM sostiene ha un titolo emblematico: PeNSAMI. È la richiesta che arriva dalle persone con SM e che la ricerca raccoglie. Il messaggio di chi ha situazioni tanto compromesse da vivere in un letto. La necessità dei familiari che se ne prendono cura. Per tutti loro AISM sta realizzando un progetto di ricerca che intende costituire un nuovo modello di cure palliative a domicilio.
Zaratin, al Congresso, ha anche annunciato che AISM è pronta ad investire un milione di euro nell’iniziativa dell’International Progressive Multiple Sclerosis Collaborative. Insieme alle risorse che verranno messe a disposizione dalle Associazioni di USA, Canada, Regno Unito e dalla Federazione Internazionale SM, servirà per lanciare a settembre una nuova «chiamata» per ricercatori internazionali a presentare nuovi progetti per la messa a punto di terapie per le forme progressive di SM. Terapie che ancora mancano.
Anche in questa sfida urgente di ricerca di trattamenti per le forme progressive di SM il punto di partenza sono le persone. Lo ha ricordato Roberta Amadeo: «Come in passato per i primi farmaci sulle forme a ricadute e remissioni anche per la ricerca di cure per le forme progressive noi persone siamo disponibili a correre rischi, insieme agli scienziati. Ma vogliamo risposte concrete, vogliamo che migliorino i sintomi che pesano sulla vita quotidiana, vogliamo risposte in tempi ragionevoli. E vogliamo essere pienamente informate, vogliamo poter scegliere». Questa dimostrata capacità di ‘accettare rischi’ a fronte di benefici reali e durevoli delle persone con SM deve essere il motore necessario ai ricercatori per accorciare la distanza tra la ricerca e una terapia per le forme progressive – dice Zaratin - evitando che questa energia positiva si sprechi per percorrere strade senza uscita. Che le persone siano al centro della scienza non è sempre scontato.
Lo ha riconosciuto a un certo punto il professor Marco Salvetti: «l’intervento del Presidente AISM Roberta Amadeo ci ha fatto toccare con mano quanto a noi scienziati manchi un confronto costante con le persone con SM. Il confronto è essenziale. Abbiamo davvero bisogno di persone con SM che sappiano prenderci per le orecchie e ricordarci le priorità per cui dobbiamo tutti insieme lavorare».
Se da una parte ci sono, anche tra coloro che si definiscono uomini di scienza, avventurieri che giocano sulla pelle delle persone e «curando nel modo sbagliato e nel momento sbagliato qualcuno rischiano di fare crollare tutto, anche chi fa ricerca seria, di precludere nuove e promettenti vie a tutti» - come ha ricordato Antonio Uccelli a proposito di staminali -, dall’altra non mancano nel mondo scientifico i «rischi di arroccarsi su posizioni conservative», come ha segnalato Franklin, che portano i ricercatori a concentrarsi solo su ricerche di laboratorio per non correre rischi di verificarne l’utilità effettiva per i pazienti. Invece le persone aspettano risposte. E aspettano che anche la scienza prenda qualche rischio per trovare quelle risposte che ancora mancano. Per cambiare la vita di tanti.
Per esempio, nel caso della ricerca delle terapie ancora mancanti per le forme progressive, una via lunga porta a cercare prima quei modelli animali che ancora non si conoscono su cui poi chiedere all’industria di testare possibili composti, adatti a fermare la degenerazione del sistema nervoso. Una via più rischiosa (non in termini di sicurezza) ma più breve sarebbe invece quella di sperimentare direttamente sulle persone con SM farmaci già testati e sicuri usati per altre malattie: il noto “riposizionamento dei farmaci”. Magari si troverà quello che funziona.
Tra l’Everest e l’Etna, tra la massima aspirazione lontana e la meta accessibile che impone qualche rischio di caduta nel vuoto, «AISM vuole che ci sia un equilibrio. E vuole che tutta la ricerca internazionale e la stessa industria farmaceutica collaborino in diverse direzioni, anche meno scontate», conclude Zaratin. Mai come questa volta, insomma, nel dibattito scientifico del Congresso la parte del leone l’ha svolta la persona con SM. Con una sottolineatura, a margine, in punta di penna.
Neppure è facile, almeno in Italia, che noi «gente comune» si sia veramente interessati e capaci di ascoltare la scienza. Così, se tra i titoli del Congresso si legge del «possibile ruolo della chinesina kif13b» o del «ruolo del gene ACCN1», del «MyD88» come «nuovo bersaglio molecolare» o di «1,25(OH) come modulatore della SM» si potrebbe sfidare anche le persone tra noi più competenti a spiegare di cosa si tratta e come questa essenziale ricerca di base abbia un riferimento alla persona con SM. E qui c’è uno snodo essenziale: perché la ricerca ascolti le persone, bisogna che le persone ascoltino la ricerca.
Come ricordava ancora Roberta Amadeo, Presidente AISM: «La nostra vita di persone è ricca di sfide, ma anche di cambiamenti. Ad alcuni di noi le impone la SM: spesso dobbiamo reinventarci per fare le stesse cose di prima in modo diverso. Dobbiamo aprire la visione per rifare, magari con più fatica, le cose di prima. Perché allora, ricercatori e persone con SM, non condividiamo la sfida e il rischio di intraprendere strade nuove, magari accidentate, che potrebbero essere a fondo cieco, non portare a successo ma non restare intentate? Se lo facciamo insieme, il rischio si dimezza e la velocità raddoppia,. Un approccio unitario e un unico motto,: «crederci sempre, mollare mai», ci porteranno sicuramente ad un mondo libero dalla SM ».
Le persone con SM, attraverso AISM che ne è il portavoce, sanno che i ricercatori per condividere questa sfida e vincerla, ha dichiarato Zaratin nella sua presentazione, hanno bisogno non solo che siano finanziati il loro progetti di ricerca ma che si sviluppino centri di eccellenza con infrastrutture adeguate e che sia garantita la cultura dell’innovazione attraverso una formazione adeguata. Solo così la ricerca sarà in grado di garantire risposte e vincere la sfida. Come ha dichiarato il professor Carlo Maria Medaglia, intervenuto al Congresso in rappresentanza del Ministero della Ricerca: «su questo tema ci confronteremo e troveremo percorsi da effettuare insieme». Nel 2009 Lori Schneider, l’alpinista con SM salita sull’Everest, raccontò: «Ogni passo verso la vetta è stato duro, ma mentre andavo ho compreso che questa stessa difficoltà a fare ogni passo ce l’hanno molte persone con SM nella loro vita di ogni giorno. Nessuno smarrisca la speranza: tutti insieme possiamo continuare a seguire i nostri sogni».
Oggi, dopo il Congresso FISM 2013, è chiaro che tra i compagni di cordata le persone con SM hanno l’intera comunità scientifica dei ricercatori. E che i sogni sono desideri realizzabili. Per tutti. Lo ha evidenziato, concludendo due giorni intensi di lavoro, il Presidente FISM Mario A. Battaglia, che da una parte ha sottolineato «l’alto livello dei risultati delle ricerche scientifiche presentate in questi Congresso, che rappresentano il valore della ricerca italiana finanziata FISM nello scenario internazionale» e insieme ha ringraziato, per l’ottima riuscita del Congresso «i ricercatori, la macchina organizzativa di FISM e soprattutto persone con SM che sono sempre le prime protagoniste e le autentiche fondamenta di AISM ». Ricercatori e persone con SM, insieme, in AISM stanno costruendo libertà dalla sclerosi multipla per il mondo intero.
Giuseppe Gazzola