Che l’alimentazione sia uno tra i principali fattori che influenzano la nostra salute è un dato di fatto. Lo sappiamo da decenni. Così come sappiamo che cambiare abitudini alimentari scorrette porta beneficio al nostro organismo.
Ma quanto un cambio di dieta può influire sul decorso di una malattia autoimmune come la sclerosi multipla? Anche su questo da tempo la scienza si sta interrogando e, sebbene non sia ancora possibile trarre conclusioni definitive, i dati oggi disponibili sembrano promettenti.
A fare il punto ci aiuta l’ultima revisione della letteratura scientifica pubblicata su Multiple Sclerosis and Related Disorders guidata da Magdalena Zoledziewska dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRGB), Cagliari in collaborazione con il Centro per la diagnosi e cura della Sclerosi Multipla, ASL Cagliari – Università di Cagliari, e sostenuto da AISM con la sua Fondazione FISM.
Le ricerche in questo campo partono dal presupposto che regimi che riducono l’apporto calorico aiutino a controllare e a ridurre lo stato infiammatorio e le risposte immunitarie, tornando in qualche modo alle abitudini originarie dell’essere umano.
I nostri antenati, infatti, non disponevano del cibo con la nostra stessa facilità: erano più vicini a uno stato di malnutrizione che a uno di eccesso calorico. Se da una parte mangiare di più e meglio ha permesso di migliorare la nostra salute, di resistere alle infezioni e dunque di creare società sempre più grandi e prospere, dall’altra questa opulenza ha portato con sé svantaggi, come l’induzione di segnali pro-infiammatori e dell’inflammaging (lo stato di infiammazione cronica di basso grado), dovuti al fatto che il nostro organismo non si è evoluto per sostenere un’alimentazione tanto ricca.
A sostegno di questa ipotesi, come ha ricordato in uno speciale su Science nel 2023 Giuseppe Matarese, esistono ormai numerosi studi che hanno indagato il legame tra, per esempio, obesità e malattie autoimmuni, aiutando a chiarire i meccanismi con cui l’ipernutrizione contribuisce a stravolgere il funzionamento del sistema immunitario.
Il Prof. Matarese sta portando avanti con il sostegno della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla un importante studio sul rapporto tra restrizione calorica e infiammazione nella sclerosi multipla.
Diete restrittive: quali benefici possibili?
Sulle pagine di Multiple Sclerosis and Related Disorders, le autrici Lorena Lorefice, Maristella Pitzalis e Magdalena Zoledziewska hanno passato in rassegna gli studi finora pubblicati che abbiano attuato protocolli sperimentali di dieta mima-digiuno e di restrizione calorica in modelli murini di sclerosi multipla e in pazienti mettendo in luce somiglianze e differenze.
«Ciò che emerge dalla revisione è che i regimi alimentari restrittivi sembrano avere un impatto positivo sui topi come sulle persone con sclerosi multipla», commenta Magdalena Zoledziewska. «Nei trial clinici, in particolare, si osservano un miglioramento della funzione cognitiva, la riduzione del dolore e della fatica, che si traducono in un incremento delle capacità fisiche e in una migliore qualità di vita».
Resettare il sistema immunitario e il microbiota
Alla base di questi cambiamenti micro e macroscopici potrebbero esserci due principali meccanismi. La dieta mima-digiuno favorirebbe, da una parte, la morte delle cellule autoimmunitarie e la riduzione delle citochine pro-infiammatorie durante le finestre di digiuno e, dall'altra, la rigenerazione di nuove popolazioni di linfociti T durante la finestra in cui è possibile rifocillarsi.
Da non sottovalutare è anche l’impatto che il cambio di dieta ha sul microbiota e sul sistema immunitario intestinale, inducendo anche una trasformazione del metaboloma (cioè l’insieme delle sostanze che derivano dal processamento del cibo e che passano nel plasma) delle persone e una diminuzione dello stato di infiammazione cronica di basso grado.
Servono più studi
«In questo momento non esiste un protocollo dietetico raccomandato per le persone con sclerosi multipla», sottolinea Zoledziewska. «I trial clinici disponibili sono ancora pochi e di piccole dimensioni. Serviranno studi più ampi - alcuni già in corso - per capire l’utilità e quali interventi dietetici siano più indicati per sortire un determinato effetto».
Anche se i dati sono promettenti, insomma, è ancora presto per dire che se anche la sovrabbondanza calorica possa favorire in certe persone l’insorgenza della sclerosi multipla, eliminare la fonte dello stress possa dare benefici significativi per il controllo della patologia quando è ormai in atto.
Qualora sperimentazioni ampie e rigorose dimostrassero i benefici di questi interventi, un altro aspetto da considerare sarà la definizione di protocolli di regimi dietetici restrittivi che riescano ad essere davvero seguiti dalle persone. «Dalla nostra analisi emerge che il regime migliore per adesione è quello ‘time-restricted’, ossia quello in cui si stabiliscono una finestra temporale entro cui è possibile mangiare e una di digiuno», conclude Zoledziewska. «In ogni caso una dieta complementare all’approccio farmacologico per la gestione della sclerosi multipla dovrebbe essere effettuata sotto controllo medico, evitando il fai-da-te».
Referenza
Titolo: Intermittent and periodic fasting - Evidence and perspectives in multiple sclerosis.
Autori: Lorefice L, Pitzalis M, Zoledziewska M.
Rivista: Mult Scler Relat Disord. 2024 Jun 21;88:105744.
DOI: 10.1016/j.msard.2024.105744