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Percorso diagnostico e comunicazione della diagnosi

 

Presa in carico sanitaria e sociale - Diagnosi e gestione neurologica

Il Centro SM, la diagnosi e rete di presa in carico

Approfondimenti Barometro della sclerosi multipla e patologie correlate 2023

 

Il percorso che porta alla diagnosi della SM inizia nella maggior parte dei casi con l’insorgenza di sintomi neurologici che vengono generalmente portati all’attenzione del Medico di Medicina Generale (MMG) o del Pronto Soccorso. Lo specialista neurologo del Centro clinico per la diagnosi e la cura della SM (Centro SM) dovrebbe essere attivato immediatamente, ed essere formulato il sospetto diagnostico che sarà eventualmente confermato dall’esame neurologico e dalle analisi strumentali e biologiche.


L’intervallo diagnostico nella SM

Poiché la tempestività nell’avvio della terapia modificante il decorso è cruciale nel determinarne l’efficacia (vedi anche la scheda L’accesso alle terapie, qualità e criticità), è essenziale che l’intervallo tra il manifestarsi della patologia e la diagnosi sia il più breve possibile.


Si tratta di un elemento rispetto al quale la comunità scientifica ha dato indicazioni molto chiare e robuste, e alle quali sia la comunità dei clinici che i decisori politici hanno dato seguito elaborando e promuovendo strumenti di governo clinico.


Le Linee Guida su Diagnosi e terapia della sclerosi multipla nell’adulto, realizzate dalla Società Italiana di Neurologia e pubblicate nel 2022 sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, sono uno strumento essenziale per promuovere omogeneità nell’approccio clinico alla SM e dunque anche la tempestività della diagnosi. Ancor più i Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali (vedi anche la scheda Il PDTA e il coordinamento della rete di presa in carico), che traducono il percorso diagnostico definito dalle Linee guida in sequenze di atti clinici e responsabilità organizzative, sono strumenti che mirano, nell’assicurare la presa in carico appropriata, a minimizzare l’intervallo diagnostico. Il fatto che, oltre ai 13 PDTA regionali già approvati, Agenas abbia pubblicato nel 2022 un documento di indirizzo che ne faciliti l’adozione è un ulteriore elemento a riprova dell’impegno in questo senso della comunità scientifica e decisori politici.


I dati raccolti da AISM nel 2023 evidenziano però un quadro nel quale l’intervallo diagnostico rimane problematico, con il 21,1% dei rispondenti che ha indicato un intervallo di oltre 3 anni tra i primi sintomi e la diagnosi. Osservando le differenze degli intervalli tra i pazienti con diversi livelli di disabilità colpisce l’associazione tra una maggior frequenza di intervalli superiori ai 3 anni e gravità (fig. 1).

 


È un dato estremamente suggestivo, e poiché chi ha disabilità più grave ha in genere la malattia da più tempo, il dato segnala soprattutto che gli intervalli diagnostici più lunghi sono stati sperimentati da persone che hanno manifestato i primi sintomi diversi anni fa, quando la sensibilità diagnostica era inferiore.

 

Tra chi ha manifestato i primi sintomi prima del 2000 infatti, la quota che ha indicato oltre 3 anni di intervallo diagnostico raggiunge il 43,5%, mentre tende a scendere tanto più quanto i primi sintomi si sono manifestati in anni recenti (tab. 1).

 


È anche verosimile che un avvio tardivo alle cure possa aver avuto un impatto negativo sull’evoluzione, ma va considerato nell’analisi di questo dato che essendo riferito dalle persone è soggetto alla distorsione legata alla memoria di ciascuno.


In ogni caso, il fatto che anche tra chi ha accusato i primi sintomi in anni recenti rimanga elevata la percentuale di persone che ha atteso più di 6 mesi o anche più di 1 anno prima di ricevere la diagnosi segnala che persistono difficoltà in questo senso, verosimilmente a riconoscere i sintomi come di pertinenza del neurologo. Anche in base alle esperienze che arrivano ad AISM dalle persone, i ritardi sono con ogni probabilità legati alla sottovalutazione dei sintomi sia da parte delle persone stesse e dei familiari, sia, ancora troppo spesso, da parte di personale clinico non specializzato in SM: MMG, pediatri, oculisti, medici di pronto soccorso o altri cui possano essere presentati (vedi anche la scheda Le competenze degli operatori dei servizi e nella società e Le conoscenze degli italiani sulla SM).


La comunicazione della diagnosi
La comunicazione della diagnosi è un momento estremamente delicato, che segna l’inizio di un rapporto con il sistema delle cure destinato a durare nel tempo e dalla cui qualità può dipendere l’aderenza, e più in generale l’approccio, alle cure, e quindi il decorso della SM. Gli specialisti della SM sono consapevoli dell’importanza di questo momento, in cui è fortemente raccomandata la presenza di uno psicologo.


L’esperienza riportata dalle persone intervistate nel 2023 a questo proposito delinea però un quadro nel quale questo tipo di supporto e accompagnamento avviene in modo ancora molto sporadico: è il 29,4% ad aver indicato di essersi sentito supportato e accompagnato nella gestione emotiva della diagnosi, e il 25,9% ad aver indicato di aver ricevuto l’offerta di supporto psicologico al momento della diagnosi (tab. 2).

 


L’offerta di supporto psicologico si è estesa a familiari e/o partner nel 15,5% dei casi, mentre la presenza dello psicologo alla comunicazione è indicata da una quota molto ridotta e pari al 4% del campione.

 

Bibliografia
Società Italiana di Neurologia (2022) Diagnosi e terapia della sclerosi multipla nell'adulto 
• AGENAS (2022) PDTA per la Sclerosi Multipla: Indicazioni per la creazione delle reti di assistenza