Numerosi ricercatori che sosteniamo presentano gli avanzamenti delle proprie ricerche a Boston. Gli studi riguardano diversi ambiti di ricerca, dai fattori di rischio all’eziopatogenesi, dalla diagnosi e i meccanismi della malattia ai trattamenti neuroriabilitativi
Numerosi ricercatori sostenuti da AISM e la sua Fondazione FISM saranno presenti in occasione di ECTRIMS (European Committee for Treatmente and Research in Multiple Sclerosis) - a Boston dal 10 al 13 settembre 2014 - per presentare gli avanzamenti delle proprie ricerche. Gli studi riguardano diversi ambiti di ricerca, dai fattori di rischio all’eziopatogenesi, dalla diagnosi e i meccanismi della malattia ai trattamenti neuroriabilitativi.
Si tratta di ricerche sostenute dal Bando FISM e dei programmi speciali, gli strumenti principali attraverso i quali AISM con la sua Fondazione promuove, finanzia e indirizza la ricerca scientifica sulla SM per dare risposte concrete alle persone. «Non è facile misurare l’impatto della ricerca sulla malattia. Per fare questo bisogna vedere come i progetti vanno avanti, come si evolvono e dove portano, e questo richiede un monitoraggio costante e la collaborazione dei ricercatori», dice Paola Zaratin direttore ricerca scientifica FISM.
Ecco dunque una sintesi degli studi presenti al meeting, i loro obiettivi e i risultati attesi o ottenuti.
Nella foto: il team della Prof.ssa Maria Pia Abbracchio (prima a sinistra)
Verso nuove terapie rigenerative
Tra i ricercatori presenti a Boston la prof.ssa Maria Pia Abbracchio, recentemente nominata Cavaliere per meriti scientifici dal Presidente Giorgio Napolitano, presenta una studio promosso in collaborazione da AISM e la sua Fondazione e l’Università di Milano e che potrebbe rappresentare un modello innovativo per lo sviluppo di nuove terapie per la SM. Insieme al suo team di ricerca è infatti impegnata nell’identificazione di alcune molecole che, bersagliando il nuovo interruttore molecolare GPR17, potrebbero riparare le lesioni presenti nella sclerosi multipla. L’obiettivo finale è individuare, tra le molecole studiate, le migliori candidate a sviluppare una nuova terapia che favorisca la rimielinizzazione delle cellule del sistema nervoso danneggiate dalla SM.
Nella foto: Antonio Uccelli, Università di Genova
Cellule staminali: lo studio MESEMS al giro di boa
Lo studio internazionale MESEMS (Mesenchimal Stem Cells for Multiple Sclerosis), che sperimenta per la prima volta sull’uomo una possibile terapia con cellule staminali mesenchimali nella sclerosi multipla, è arrivato ad arruolare circa 80 pazienti in diverse nazioni, raggiungendo metà del campione totale previsto dalla ricerca. Il progetto internazionale, che riunisce il suo Comitato Scientifico ad ECTRIMS, coinvolge attivamente Italia, Danimarca, Spagna, Svezia e Regno Unito, a cui presto si aggiungeranno Canada, Francia, Iran e Austria. Antonio Uccelli, ricercatore dell'Università di Genova - Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica - è il coordinatore di MESEMS, in una nostra intervista dice: «Il risultato promettente è che al momento nessuna di queste persone ha denotato eventi avversi significativi. Vuol dire che, sinora, il trattamento dimostra di essere sicuro».
Per maggiori informazioni: Cellule staminali: segnali positivi dal progetto Mesems. «Sinora il trattamento è sicuro»
Nella foto: Giampaolo Brichetto e Andrea Tacchino, Ricerca Scientifica AISM-FISM
Neuroriabilitazione: il potere dell’immaginazione
Un altro gruppo di ricercatori presenta ad ECTRIMS lo studio Brain Activity during Motor Imagery in Multiple Sclerosis, che si concentra sulle’effetto della neuroriabilitazione sull’attività di malattia. Una migliore comprensione dei meccanismi neurofisiologici e comportamentali legati alla immaginazione motoria potrebbe infatti consentire di sviluppare nuovi trattamenti riabilitativi. Ultimo di una serie di lavori condotto dal gruppo, questo si distingue per l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale. In questo modo si ritiene di avere indicazioni più certe di cosa accade a livello dei circuiti neuronali coinvolti e avere maggiori indicazioni per una possibile validazione della tecnica per uso riabilitativo.
Nella foto: Maria Petracca, Mount Sinai School of Medicine, NY
Fattori di rischio: occhi puntati sul sodio
Per ciò che riguarda i fattori di rischio, Maria Petracca presenta Ultra-high field MRI of intra- and extra-cellular sodium concentration in multiple sclerosis, una ricerca sul ruolo dell’accumulo di sodio a livello encefalico e il suo legame con i meccanismi di degenerazione cellulare: «La possibilità di quantificare l’accumulo di sodio a livello encefalico rappresenta un promettente strumento di identificazione della degenerazione cellulare e si propone di offrire un importante contributo alla comprensione del meccanismo patogenetico responsabile dello sviluppo di atrofia cerebrale», dice la ricercatrice.
Nella foto: Costanza Giannì, Athinoula A. Martinos Center for Biomedical Imaging del Massachusetts General Hospital a Boston
Neuroimmagini: focus sull’infiammazione cerebrale
Per quanto riguarda la diagnosi, il monitoraggio e i biomarcatori, Costanza Giannì terrà una presentazione orale per illustrare le sue ricerche condotte presso l’Athinoula A. Martinos Center for Biomedical Imaging del Massachusetts General Hospital a Boston, centro all'avanguardia per l’acquisizione e l’analisi di neuroimmagini, e finanziate grazie a una borsa di ricerca FISM. “Lo scopo principale del progetto è quello di verificare la presenza di infiammazione nella corteccia cerebrale di persone con SM, e la sua influenza nel determinare lesioni e poi la degenerazione della corteccia stessa” commenta la dottoressa Giannì. Dai risultati ottenuti finora emerge che nei pazienti affetti da SM, quando confrontati con soggetti sani della stessa età, è presente un’infiammazione di diversi gradi e variamente distribuita nei vari compartimenti cerebrali che correla con la disabilità clinica. “Un aspetto fondamentale della patologia sul quale speriamo i nostri risultati potranno fare luce è la capacità riconoscere quando la neurodegenerazione è una conseguenza dell'infiammazione. Ciò potrebbe aprire la strada all'identificazione di nuovi target terapeutici per i pazienti che presentano questo tipo di degenerazione.
Nella foto: Roberta Magliozzi, Istituto Superiore Sanità - Imperial College Londra
Infiammazione e meningi: una relazione pericolosa?
Alla ricerca di nuovi marcatori della fase progressiva della SM anche lo studio di Roberta Magliozzi e dei suoi collaboratori dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Imperial College di Londra. «Gli esperimenti condotti nel corso dei due anni di progetto finanziato da FISM ci hanno permesso di evidenziare il ruolo chiave nella immuno-patogenesi della SM del danno nella corteccia cerebrale (sostanza grigia) di una molecola altamente infiammatoria, tumour necrosis factor (TNF), che abbiamo dimostrato essere prodotta in elevate concentrazioni sia dalla microglia attivata nelle lesioni corticali sia dagli infiltrati infiammatori presenti nelle meningi e rilasciata nel liquor dei pazienti con SM secondaria progressiva(SMSP)». L’individuazione di tali marcatori e la dimostrazione del loro coinvolgimento nel danno corticale e nella progressione clinica più rapida, costituisce un passo importante verso lo sviluppo di trattamenti individualizzati per la SM. Meningeal inflammation affects the balance of TNF signalling in cortical grey matter in progressive multiple sclerosis. R Magliozzi, P Durrenberger, O Howell, F Roncaroli, E Aricò, MS Brignone, F Aloisi, R Reynolds.
Nella foto: Miriam Mattoscio, Imperial College - Londra
Cellule staminali e natalizumab: un accordo contro la SM
Miriam Mattoscio, ricercatrice presso l’Imperial College di Londra, presenta gli ultimi risultati dello studio - Natalizumab-induced circulating hematopoietic stem cells (HSC) have higher expansion capacity in MS patients who show significantly increased HSC count – un’indagine sulle potenzialità della terapia a base di Natalizumab (Tysabri) nell’incremento delle cellule staminali ematopoietiche in persone con SM: « Il risultato è di particolare interesse perché abbiamo potuto osservare che le staminali isolate da persone con SM trattate con natalizumab sono sane e funzionalmente attive infatti sono in grado di espandersi in colonie; inoltre abbiamo osservato che la loro capacità espansione è maggiore rispetto a quella delle staminali isolate da persone con SM non trattate ed anche rispetto alle staminali di donatori sani».
La gravidanza ha un ruolo neuroprotettivo
Il poster di Maria di Iola – ricercatrice presso l’Università di Chieti – si concentra sul ruolo neuro protettivo della gravidanza, in particolare sull’espressione dei lipidi e neurosteroidi nel liquido cefalo-rachidiano nelle persone con SM. “Il primo obiettivo dello sudio è stato quello di dimostrare che i pazienti con SM hanno un profilo metabolico diverso rispetto ai pazienti con altre malattie neurologiche. Tali differenze riguardano maggiormente i fosfolipidi che sono i principali costituenti della mielina, bersaglio della risposta autoimmunitaria. Obiettivi futuri saranno studiare l’espressione dei neurosteroidi nei pazienti con SM e nei controlli e osservare come essa si modifica nel corso della gravidanza e nel post-partum e come correla con l’espressione dei lipidi in generale.L’osservazione clinica delle donne prima e durante la gravidanza e nell’immediato post-partum consentirà di effettuare delle analisi di correlazione che potranno permettere di identificare eventuali fattori prognostici che, in un prossimo futuro, potrebbero aiutare la donna con SM nella scelta di diventare mamma”
Metabolomics analysis of cerebrospinal fluid reveals a distinctive biochemical alteration associated with multiple sclerosis. Di Ioia Maria, Pieragostino Damiana, D’Alessandro Michele, Rossi Claudia, Zucchelli Mirco, Lugaresi Alessandra, Di Tommaso Valeria, Farina Deborah, Travaglini Daniela, Sacchetta Paolo, Del Boccio Piero.
Una proteina che protegge dalla SM
Lo studio presentatro da Marco Vercellino, eseguito in collaborazione tra l'AOU Città della Salute e della Scienza di Torino e l'IRCSS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, esamina la presenza di comuni varianti genetiche di una proteina chiamata progranulina, un importante fattore neurotrofico fondamentale per la sopravvivenza dei neuroni, nelle persone affette da sclerosi multipla (SM). I dati raccolti dal gruppo di ricerca suggeriscono un ruolo importante di progranulina nel proteggere i neuroni e gli assoni dal danno infiammatorio nelle lesioni demielinizzanti attive e quindi nel limitare gli esiti neurologici a lungo termine che possono seguire una ricaduta della SM.
La conta linfocitaria nel sangue è un possibile indicatore dell'efficacia di Fingolimod?
Il Fingolimod, prima terapia orale introdotta per il trattamento della sclerosi multipla a ricadute e remissioni, comporta una riduzione dei linfociti (una sottoclasse di globuli bianchi) nel sangue, rilevabile agli esami ematochimici di routine. Nell'ipotesi che il grado di riduzione dei linfociti circolanti fosse correlato all'efficacia clinica del farmaco, il grupo di ricerca di Mauro Zaffaroni operante del Centor SM di Gallarate, ha esaminato in 55 pazienti con SM il numero medio di linfociti ogni 3 mesi per 2 anni. Le analisi statistiche non hanno evidenziato alcun legame tra l'entità della riduzione dei linfociti ematici e l'attività di malattia misurata con parametri clinici (ricadute e accumulo di disabilità) e di risonanza magnetica (nuove lesioni e lesioni attive). In conclusione, la conta dei linfociti nel sangue ha una utilità nel monitorare la sicurezza di Fingolimod e l'aderenza al trattamento, ma non possiede valore predittivo di efficacia del farmaco.
Peripheral blood lymphocyte count: a possibile immunological marker of fingolimod efficacy? M. Zaffaroni, D. Baroncini, P. Annovazzi, A. Bianchi, G. Minonzio, A. Ghezzi, G. Comi.