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15/04/2021

«Tieni al tempo»: un’indagine di AISM in partnership con Biogen sul valore del tempo vissuto durante le infusioni

 

«Per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio».

Capita, anche, di ascoltare nelle cuffie una canzone di Tiziano Ferro mentre si fa l’infusione della terapia per la SM nel Centro clinico di riferimento.

Del resto, quello dell’infusione “è davvero un tempo che chiede coraggio, perché, mentre sei lì, solo con te stesso, ti ritrovi a pesare il tuo cuore, i valori e le emozioni, i torna in mente la tua vita, il momento della diagnosi, le aspettative che avevi, il nuovo percorso che ti sei trovato a dover scegliere. Una cosa, sempre, la capisci bene: che anche lì, in quelle ore, «tieni al tempo». Al tuo tempo, al tempo delle persone che vivono con te, persino al tempo duro segnato dalla pandemia”. Questo quanto ci racconta una delle molte persone che ha risposto alla indagine che AISM ha realizzato, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, in partnership con Biogen per approfondire la qualità del tempo che le persone con SM passano nel Centro clinico durante le infusioni dei diversi farmaci infusivi con cui si interviene sul decorso della loro malattia.

 

E proprio «Tieni al tempo» è il titolo di questa indagine. Un’indagine che serve anche per mettere a fuoco quali possibilità esistono per migliorare quel tempo.

 

Vi hanno contribuito 227 persone con SM distribuite omogeneamente sul territorio nazionale e che ricevono terapia modificante il decorso presso un Centro SM, reclutate da AISM attraverso i propri canali social e le proprie sezioni, e che hanno risposto a uno specifico questionario. Un altro questionario dell’indagine è stato compilato da un campione di 17 Centri SM dei diversi territori italiani. Infine, un terzo approfondimento ha coinvolto 35 caregiver accompagnatori, perché anche il tempo di chi accompagna il proprio familiare, amico o parente ha un valore e un costo.

 

 I risultati di questa indagine verranno pubblicati sul Barometro della Sclerosi Multipla 2021.

 

 

Ma possiamo anticipare sin da ora che i dati raccolti dipingono un quadro di luci e di ombre.

Il momento dell’infusione rappresenta inevitabilmente un momento nel quale le persone con SM si confrontano con la loro malattia, con tutto quello che questo implica a livello emotivo. Oltre l’80% dei pazienti passa nel Centro almeno 2 ore quando va a ricevere l’infusione, e oltre il 60% indica più di 3 ore di permanenza. Per tutti è un tempo in cui bisogna affrontare una serie di complicazioni pratiche, per cui l’infusione è associata soprattutto a stress (molto per il 17% e un po’ per il 63%), cattivo umore e preoccupazione.

 

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Ed è proprio la qualità del tempo durante l’infusione, intesa complessivamente rispetto al contesto e a come viene vissuta la somministrazione, l’elemento più problematico: il modo in cui si passa quel tempo conta più della quantità di minuti, pur rilevante, di fermo forzato; più ancora delle difficoltà legate all’assenza dal lavoro o alla gestione della vita familiare; più della fatica del viaggio verso il Centro o dei costi che bisogna comunque sostenere per arrivarci.

 

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Per questo ognuno prova a dare valore a quei lunghi minuti che servono per attendere il proprio turno e fare l’infusione: le persone con SM sottolineano che per loro valgono perché li vivono come un tempo di cura, un’occasione preziosa per parlare con il personale clinico (molto per il 40% e un po’ per il 41%). Per altri vale perché è un tempo che serve per informarsi usando i propri dispositivi elettronici ma anche un’opportunità di scambio con altri pazienti (molto 21,8% e un po’ 54,8%) o anche solo perché impone una pausa dentro giornate comunque impegnative.

 

 

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Sicuramente, in tempo di pandemia, è diventato un tempo faticoso e fastidioso anche per i caregiver: quelli che vengono da lontano, ora non possono più tenere compagnia alla persona che accompagnano, né stare dentro il Centro: devono uscire, magari stare in auto – se sono in zona rossa o arancione – e aspettare che passino le ore.

 

Anche i Centri riportano una situazione in cui la necessità di garantire distanziamento e quindi sicurezza per i pazienti ha portato a ridurre i contatti tra pazienti e ad allontanare gli accompagnatori. Nello stesso tempo evidenziano anche una aumentata capacità di garantire continuità nelle terapie, ladddove durante la seconda ondata, di ottobre 2020 in poi, in 3 casi su 4 i Centri sono riusciti a non rimandare sedute di infusione, circostanza alla quale erano stati costretti in oltre 9 casi su 10 durante il primo lockdown.

 

Lo si potrebbe rendere un tempo migliore? Come?

È forse la domanda cruciale, perché consente di passare dall’indagine alla proposta, dal presente al futuro ancora da scrivere. Le persone hanno segnalato, in risposta, l’interesse ad avere un confronto con esperti su temi attinenti alla SM o a poter svolgere esercizi di mindfulness e rilassamento, sessioni di ascolto musicale guidato, ad avere materiali informativi, soprattutto in video, da consultare durante l’attesa, a svolgere esercizi di stimolazione cognitiva.

 

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Anche i dati raccolti presso i Centri confermano che nella maggioranza dei casi sarebbe possibile, e per molti anche auspicabile, realizzare attività strutturate durante l’infusione. Soprattutto, per i Centri clinici, la soluzione più opportuna sarebbe mettere a disposizione delle persone con SM contenuti fruibili individualmente, che non richiedano la presenza fisica di esperti nel Centro o l’impegno ad organizzare gruppi di auto-aiuto.

 

Dalle persone con SM, dai loro caregiver, dagli stessi operatori dei Centri SM arriva a tutti un messaggio, allora: vale sempre la pena dare valore al tempo che viviamo e provare a migliorarlo, qualsiasi sia il momento che dobbiamo affrontare e il luogo in cui ci troviamo.

 

Il report completo dell’indagine verrà presentato in occasione del lancio del Barometro della SM 2021 all’interno della Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla.