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27/08/2021

Covid-19 e vaccini anti SARS-CoV-2: una terza dose per le persone con SM?

 

Una terza dose di vaccino anti SARS-CoV-2 per le persone anziane e fragili, tra cui ci sono anche le persone con sclerosi multipla. Il Ministro della Salute Roberto Speranza lo ha anticipato recentemente, e la decisione potrebbe arrivare a breve. La Food and Drug Administration ha già approvato una strategia simile per le persone con SM negli Stati Uniti.

 

Cosa ci si attende in Italia? Ma soprattutto come sta procedendo la ricerca scientifica sul Covid-19 in rapporto alla sclerosi multipla? Lo abbiamo chiesto al Prof. Roberto Furlan, Presidente dell’Associazione Italiana di Neuroimmunologia che insieme ad AISM e la sua Fondazione (FISM), al Registro Italiano Sclerosi Multipla e alla Società Italiana di Neurologia con il suo Gruppo di Studio SM, fa parte di un’Alleanza che ha raccolto tutti i protagonisti della ricerca con lo scopo di portare avanti conoscenze fondamentali in questo ambito. 

 

Potete vedere l’intervista integrale nel video qui sotto.

 

 

 

Terza dose di vaccino anti SARS-CoV-2 per le persone con SM. È auspicabile? 

«Dall’esperienza con tutti i vaccini che conosciamo, anche quelli che somministriamo nell’infanzia, sappiamo che alcuni vaccini possono essere somministrati anche una sola volta nella vita, come quello della febbre gialla, mentre per altri vaccini devono essere fatti richiami per tutta la vita, per esempio per l’antitetanica. A fronte di due considerazioni, e cioè che non sappiamo ancora la durata dell’effetto dei vaccini anti SARS-CoV-2 e che i rischi della somministrazione del vaccino sono molto contenuti, sicuramente il fatto di poter fare una terza dose è un’opportunità da considerare soprattutto per quelle categorie nelle  quali abbiamo il timore che una nuova infezione da SARS-CoV-2 possa essere particolarmente severa».

 

I vaccini sono efficaci anche con le varianti?

«Il vaccino funziona: fa una sorta di identikit del suo bersaglio, come fosse quello di un criminale. Una variante – per fare un esempio semplice-  è quando il criminale si mettesse i baffi che non aveva precedentemente per sfuggire all’identikit, ma il sistema immunitario riconosce lo stesso il criminale, magari meno bene, ma lo riconosce dal resto delle sue caratteristiche. Questo è esattamente quello che succede con i vaccini anti SARS-CoV-2 attuali. Tutti i dati che abbiamo a disposizione, in particolare quelli a RNA - Pfizer e Moderna - ci dicono che riconoscono almeno parzialmente la variante delta, per cui anche se il soggetto si infetta, il decorso clinico è benigno nella stragrande maggioranza dei casi».

 

Come procede la ricerca e quali studi sono in corso?

«C’è una necessità enorme di fare una ricerca mirata su questi argomenti. Diverse iniziative sono iniziate già nella primavera del 2020 con ciò che si poteva fare da subito, ad esempio studiare epidemiologicamente, cioè raccogliere dati sui casi degli ammalati per capire in quale situazione fossimo. Nel corso dei mesi e nel 2021 le ricerche si sono evolute in laboratorio per rispondere ad alcune delle domande più pressanti: come rispondono le persone con SM all’infezione da SARS-CoV-2? Come rispondono le persone a seconda dei trattamenti che prendono? Alcuni trattamenti sono stati messi al centro della lente di ingrandimento, cioè quelli che più potentemente sopprimono il sistema immunitario. Possiamo già dire che per i trattamenti più pesanti, in particolare gli anticorpi monoclonali anti CD20, abbiamo rilevato la presenza di risposta anti virale anti SARS-CoV-2 addirittura un anno dopo l’infezione. Ciò significa che in questi soggetti si è mantenuta una memoria immunologica contro il virus. Quando un sistema immunitario risponde a un virus, può rispondere con cellule e con anticorpi, risponde sempre con tutti e due. Gli anticorpi si misurano molto facilmente, le risposte cellulari invece si misurano difficilmente, ma sono estremamente importanti, per non dire le più importanti in termini protettivi. Molti dei dati che vengono utilizzati oggi per analizzare i trattamenti sono basati sugli anticorpi, che sicuramente sono importanti, ma non esauriscono affatto la risposta immunitaria. Noi abbiamo visto come le persone che assumono immunosoppressori particolarmente attivi mantengono la risposta cellulare, e questo vuol dire che queste persone traggono tutti i benefici dalla vaccinazione, nonostante l’immunosoppressione. Questo vale anche per le varianti delta. È un messaggio straordinariamente importante generato dalla ricerca di questa Alleanza, potrete vedere i dati quando li porteremo a ECTRIMS il più importante convegno nel campo della sclerosi multipla, il prossimo ottobre».

 

«La nostra Fondazione - conclude Mario A. Battaglia, presidente della FISM - i nostri ricercatori e tutti i neurologi dei Centri SM si sono impegnati, come sempre hanno fatto, per dare risposte concrete alle persone con SM. Anche in questa pandemia l'assistenza e la ricerca hanno proceduto insieme. Le persone, anche in funzione delle terapie in corso per controllare la malattia, hanno avuto indicazioni preziose e precise, risposte e rassicurazioni, anche correggendo ogni tanto le cosiddette fake news. Anche dalle ricerche che ci ha presentato il Prof. Furlan, che ha lavorato con molti colleghi dei Centri SM, arriva questo messaggio importante dalla ricerca scientifica, l’unico strumento che abbiamo per superare le difficoltà causate da questa pandemia. La ricerca non si è mai fermata e non ha intenzione di fermarsi. AISM con la sua Fondazione ha infatti da poco emesso un nuovo bando per ricerche che andranno ad ampliare ulteriormente le conoscenze in questo campo, un'ulteriore conferma dell’impegno che non si è mai affievolito, neanche nelle fasi già difficili di questa pandemia».