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07/08/2024

Covid, per le persone con sclerosi multipla in trattamento la vaccinazione rimane fondamentale. Ecco perché

Uno studio, finanziato da AISM con la sua Fondazione FISM e pubblicato su Frontiers in Immunology, ha analizzato nel dettaglio la risposta immunitaria in persone con sclerosi multipla vaccinate contro il COVID e in trattamento con tre diversi farmaci

 

 

Sono terapie che migliorano il decorso della sclerosi multipla, perché tra i loro effetti c’è anche la riduzione del numero di ricadute. E tuttavia i trattamenti cosiddetti DMT (Desease Modifyng Treatment, ovvero trattamenti modificanti la malattia) hanno un impatto anche sul sistema immunitario, rendendolo meno attivo nell’affrontare, per esempio, infezioni come quella provocata dal virus SARS-CoV2.

 

Per questo è importante che le persone con sclerosi multipla si sottopongano alla vaccinazione anti-Covid e ai richiami necessari. Sono le conclusioni di uno studio finanziato con bando FISM e condotto dal gruppo di lavoro del professor Francesco Cucca, del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari.

 

Che questo tipo di terapie provocassero delle alterazioni nella capacità dell’organismo di difendersi dalle infezioni era noto da tempo. Alcuni studi precedenti si erano per esempio focalizzati sulla risposta ai farmaci anti-CD20 come il rituximab, che riducendo una popolazione specifica, quella delle cellule B che producono gli anticorpi, abbassavano di conseguenza la risposta anticorpale.

 

«A partire da queste conoscenze – spiega Valeria Orrù, dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del CNR a Lanusei, e prima firmataria dello studio pubblicato su Frontiers in Immunology - il nostro lavoro ha voluto prendere in considerazione tre trattamenti farmacologici per capire se provocassero alterazioni nella risposta immunitaria delle persone con sclerosi multipla sottoposte a vaccinazione contro il Covid rispetto alla popolazione generale».

 

Si tratta, aggiunge la ricercatrice, dei farmaci più utilizzati nel campione selezionato: fingolimod, un farmaco immunomodulatore antinfiammatorio che inibisce la fuoriuscita delle cellule T e B dal timo e dai linfonodi, dimetilfumarato con proprietà antinfiammatorie e rigenerative a livello assonale, e natalizumab, un anticorpo monoclonale che inibisce il passaggio delle cellule immunitarie infiammatorie attraverso la barriera emato-encefalica.

 

L’analisi è stata condotta quindi sulla risposta alla vaccinazione contro SARS-CoV-2 con i vaccini a mRNA in 79 persone reclutate nei centri clinici SM di Cagliari e Sassari, trattate o non trattate con terapie modificanti la malattia, e 32 controlli sani. Le misurazioni – continua Orrù - sono state effettuate prima della vaccinazione e in tre momenti successivi all'immunizzazione.

 

I risultati dell’analisi di Orrù e colleghi dicono innanzitutto una cosa: che i tre trattamenti non sono equivalenti quando si tratta di effetti sul sistema immunitario delle persone con sclerosi multipla. Quelle trattate con fingolimod, infatti, hanno mostrato la maggiore disregolazione delle cellule immunitarie, con una riduzione in tutte le classi delle cellule linfocitarie considerate. «Per questa popolazione, dunque, è estremamente importante sottoporsi a vaccinazione, così come ai booster successivi, perché si tratta della fascia più delicata», spiega Orrù.

 

Negli individui trattati con dimetilfumarato e natalizumab, invece, i livelli delle cellule del sistema immunitario risultano più simili a quelli della popolazione generale, sebbene anche con questi trattamenti si riscontrino alcune alterazioni, per esempio nei livelli delle cellule B nei pazienti trattati con natalizumab. Le persone non sottoposte a terapie, continua la ricercatrice, sembrano invece avere livelli di cellule immunitarie paragonabili a quelli della popolazione generale.

 

La seconda cosa che lo studio mette in evidenza, aggiunge Orrù, è che le persone con sclerosi multipla hanno un sistema immunitario simile a quello che troviamo negli anziani. Le cellule hanno un livello di attivazione maggiore rispetto a quelle della popolazione sana, sono per così dire più “arrabbiate”, ma quando vengono sottoposte a stimoli specifici, per esempio l’incontro con un virus, non riescono a rispondere in maniera adeguata.

 

È il fenomeno dell’inflammaging, tipico della terza e quarta età. Per questo in generale agli anziani si consiglia la vaccinazione, e a maggior ragione, conclude Orrù, «consigliamo in particolar modo alle persone con sclerosi multipla di vaccinarsi contro il Covid-19, perché il loro sistema immunitario deve saper riconoscere le proteine virali, per poi rispondere al meglio una volta che incontrano il virus in maniera naturale».

 

Referenza

Titolo: Implications of disease-modifying therapies for multiple sclerosis on immune cells and response to COVID-19 vaccination;

Autori: Valeria Orrù, Valentina Serra, Michele Marongiu, Sandra Lai, Valeria Lodde,Magdalena Zoledziewska, Maristella Steri,Annalisa Loizedda, Monia Lobina, Maria Grazia Piras, Francesca Virdis, Giuseppe Delogu, Maria Giuseppina Marini,Maura Mingoia,Matteo Floris,Marco Masala,M. Paola Castelli, Rafaela Mostallino, Jessica Frau,Lorena Lorefice,Gabriele Farina, Marzia Fronza, Daniele Carmagnini,Elisa Carta, Silvy Pilotto, Paola Chessa, Marcella Devoto, Paolo Castiglia, Paolo Solla, Roberto Ignazio Zarbo, Maria Laura Idda, Maristella Pitzalis,Eleonora Cocco, Edoardo Fiorillo and Francesco Cucca

Rivista: Frontiers in Immunology

Doi: https://doi.org/10.3389/fimmu.2024.1416464

 

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