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11/10/2018

50 anni per la qualità di vita delle persone con sclerosi multipla

 

 

50 anni fa la sclerosi multipla era un mistero e le persone che ne erano colpite vivevano un vero incubo fatto di incertezza, mancanza di terapie e di servizi, di solitudine. La nostra storia parte da una famiglia che non vuole accettare tutto questo.  Oggi le persone con sclerosi multipla devono affrontare tante difficoltà, ma rispetto alla fine degli anni Sessanta sono cambiate molte cose.

 

In questo anno così importante e significativo affrontiamo alcuni temi cardine della storia di AISM e della sclerosi multipla, con uno speciale realizzato insieme alla rivista dell'Associazione smItalia. Dopo aver parlato di ricerca, di informazione, di eventi e dei volontari che da sempre dedicano anima e corpo alla nostra missione, è giunto il momento di un tema che le persone con sclerosi multipla sentono molto: la qualità di vita. Come si è evoluto questo concetto negli anni? Cosa può fare la riabilitazione per migliorarla?

 

 

«Rispetto a qualche anno fa, si è ribaltata la realtà. Siamo passati dal non sapere cosa fosse la sclerosi multipla alle diagnosi a colpo sicuro. Anche il rapporto con gli specialisti è cambiato. Prima ci si fermava lì, alla scoperta della malattia, oggi si discute di terapie e di come tenere sotto controllo i sintomi. E questo influisce tantissimo sulla qualità della vita». Parole di Roberta Amadeo, Presidente Nazionale AISM dal 2017 al 2010. Roberta ha ricevuto la diagnosi nel 1992, a 22 anni, ed è testimone diretta dei progressi fatti negli ultimi 25 anni. «Erano gli anni in cui si affacciava sul mercato l’interferone, il primo farmaco per la SM, ma la mia malattia era sempre un passo avanti, ho una secondaria progressiva, e non ho mai potuto beneficiare di alcuna terapia, solo del cortisone», racconta. Proprio la riabilitazione, insieme a una pompa al baclofene per tenere sotto controllo la spasticità, l’ha salvata e le ha permesso di indossare la maglia rosa nel Giro d’Italia di handbike qualche anno dopo. «Ho lavorato davvero molto ed è stata la mia salvezza».

 

Sono i 7 principi per migliorare la qualità della vita delle persone con sclerosi multipla emersi da una consultazione guidata dalla Federazione Internazionale SM che ha coinvolto 30 Paesi nel mondo. La qualità della vita è il faro dell’attività di AISM, fin dalla sua nascita.

 

Le terapie

Il primo evento che cambiato radicalmente l’orizzonte concreto delle persone con sclerosi multipla è l’avvento degli interferoni. Approvati negli Stati Uniti nel 1994, i farmaci interferonici sono arrivati in Italia a fine anni ‘90. Le persone con sclerosi multipla avevano finalmente a disposizione un trattamento che modificava la patologia, ma non solo. «L’esistenza di una terapia, dispensata a livello ospedaliero, ha portato alla nascita dei Centri SM e cambiato anche la gestione della malattia e il rapporto con i medici – spiega Claudio Solaro, neurologo – Prima si interveniva nella fase acuta, con il ricovero e il cortisone, mentre con l’interferone sono stati coinvolti gli infermieri per la somministrazione, il paziente veniva sentito a distanza per la gestione degli effetti collaterali o rispondere a necessità prima inesistenti. Non è cambiata la malattia ma quello che potevamo offrire: è questa la grande rivoluzione che ha portato alla nascita in Italia di un sistema virtuoso di assistenza».

 

 

La nascita dei Centri clinici SM ha avuto come conseguenza la nascita di un’altra figura fondamentale dell’équipe, quella dell’infermiere specializzato: «Negli Usa si era sviluppato in maniera forte il ruolo dell’infermiere specializzato in sclerosi multipla – racconta Roberta Motta della Società Infermieri Sclerosi Multipla (SISM) – e anche nel nostro Paese si è vista la necessità di avere una figura professionale in grado di seguire i pazienti, addestrandoli all’autosomministrazione del farmaco e alla gestione degli effetti collaterali in modo autonomo».

 

Il coinvolgimento dell’infermiere nella quotidianità della malattia è stato fondamentale. «Prima c’era solamente il neurologo, che anche oggi rimane la figura decisionale – continua Motta – ma in molti Centri clinici l’infermiere della SM è la persona cui ci si rivolge per questioni pratiche, per difficoltà con i familiari, per parlare dei sintomi, per sapere quali passi intraprendere o quali visite prenotare. È il punto di riferimento del processo di cura»

 

 

La risonanza magnetica


Il secondo spartiacque è stata la risonanza magnetica. «Ha trasformato la neurologia in generale – continua Solaro – e nella SM è intervenuta in maniera preponderante sia nella diagnostica sia nel follow up, arrivando a sostituire la clinica». Oggi spesso il neurologo non ha bisogno di aspettare l’episodio clinico per la diagnosi ma può vedere l’attività della malattia con le immagini. «In un certo senso, questo ha portato a minor dialogo con il paziente, non tanto nella fase diagnostica quanto nel follow up – precisa Solaro – i neurologi che hanno vissuto la fase pre-interferone interagivano con il soggetto, si basavano anche sul racconto, sui sintomi, sull’esame neurologico, oggi spesso ci si ferma alla risonanza e si è perso un po’ l’aspetto narrativo».

 

L’informazione e il supporto psicologico

Negli anni Novanta, il Numero Verde di AISM era l’unico servizio di supporto specialistico offerto dall’Associazione sul territorio nazionale. «Era ed è tuttora una risorsa cruciale», racconta Roberta Litta, psicologa del Servizio di riabilitazione AISM Liguria, «un servizio gratuito e anonimo, in grado di raggiungere tutto il territorio nazionale».

 

50 anni senza fermasi mai. scopri la nostra storia

 

Negli ultimi 15 anni, l’informazione ha fatto la differenza per tante persone con SM. «Per me è fondamentale garantire un’informazione aggiornata, puntuale, di qualità e accessibile – spiega Silvia Traversa, coordinatrice progetti e servizi socio-sanitari –: essere più informati significa sentirsi meno spaventati, conoscere meglio l’impatto della SM, capire come gestirla, scegliere in modo consapevole e partecipe. L’informazione è la prima alleata per affrontare le difficoltà della SM».

 

 

L’Associazione ha un ampio programma di informazione che comprende gli infopoint e gli sportelli informativi gestiti dai volontari, il Numero Verde, i convegni sul territorio e una forte presenza on line e sui social. «In questo AISM ha davvero fatto la differenza, perché è vicina alle persone ovunque vivano con le Sezioni ed è presente sul web, con il sito, sui social, con il blog, con informazioni corrette, con contenuti di qualità e con uno stile attento – conclude Traversa –. In questo modo ognuno può trovare il canale giusto per sé e l’informazione di cui ha bisogno in quel preciso momento, per affrontare ciò che accade da quando scopre di avere la SM in poi».

 

Rispetto al passato, inoltre, c’è molta più attenzione agli aspetti psicologici della sclerosi multipla. «Prima ci si focalizzava di più sul bisogno fisico - prosegue Litta. Oggi chi arriva per la prima volta nel Centro in cui lavoro viene sottoposto a una serie di visite, compresa quella con lo psicologo: è significativo perché dà dignità al vissuto della persona ed è un passaggio importante per elaborare una richiesta di aiuto».  In questo ambito AISM ha dato risposte dirette alle persone, ma anche creato il network di professionisti Rete Psicologi che operano nei Centri SM e nelle Sezioni AISM.

 

Centri di riabilitazione e socio-assistenziali

 

Oltre alla presenza delle Sezioni, AISM ha dato una risposta concreta ai bisogni delle persone con sclerosi multipla creando una rete di centri riabilitativi e socio-assistenziali sul territorio nazionale. Con un team di specialisti e il coinvolgimento diretto della persona e della sua famiglia si creano percorsi riabilitativi e piani assistenziali. L’approccio è multi e interdisciplinare. «Il più vecchio è il Centro riabilitativo della Liguria nato nel 1976 come struttura non fisica ma che operava in regime domiciliare – spiega Michela Bruzzone, responsabile attività territoriali di supporto alle persone con SM –. Il desiderio era dare risposte professionali, allora c’erano 3 o 4 fisioterapisti, una piccola famiglia. Oggi ha anche l’ambulatorio e segue in regime domiciliare circa 1.480 persone con SM».

Oggi i Servizi di riabilitazione sono 5: oltre a Genova, sono attivi a Padova, Vicenza, Aosta, Como. Le strutture socio-assistenziali sono 3: Torino, Trieste e Padova. Quest’ultima racchiude in un unico luogo la Sezione AISM provinciale, il Servizio di riabilitazione, la struttura socio-assistenziale e un centro diurno. «Sono luoghi in cui le persone con SM sono valorizzate, dove si lavora su bisogni e interessi – continua Bruzzone –, dove possono vivere un’esperienza di socializzazione, scambio e relazione. E sentirsi persone». La struttura di Torino racchiude la Sezione e un centro diurno, mentre a Trieste oltre a una struttura fruibile in orario diurno, è presente anche un servizio residenziale per persone con SM o patologie similari.

 

FOCUS. La riabilitazione nella sclerosi multipla

«La riabilitazione è di gran lunga l’intervento più ‘antico’ messo in campo per affrontare la sclerosi multipla, prima ancora che si scoprissero i trattamenti farmacologici», afferma Luca Prosperini, vincitore del Premio Rita Levi Montalcini 2015 per i suoi risultati nel campo neuro-riabilitativo, neurologo presso l’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma. «Per molti anni, sino agli inizi degli anni 2000 circa, la riabilitazione ha avuto un approccio di tipo empirico, senza solide basi scientifiche basate sull’evidenza, con pochissimi studi e pubblicazioni, effettuati in genere su piccoli gruppi di pazienti, senza le basi statistiche, le misure di esito oggettive e la metodologia che ha portato gli studi clinici sui farmaci a ottenere i successi noti. Negli anni ’90 ci furono dossier alcuni gruppi pionieri della ricerca in riabilitazione basata sull’evidenza, come il gruppo di Alan Thompson a Londra o quello condotto da Jürg Kesselring in Svizzera. Oggi è cambiato tutto e, insieme, molto deve ancora cambiare».  

 

50 anni senza fermasi mai. scopri la nostra storia

 

Proprio mentre di affacciavano i primi trattamenti per le persone con SM, anche la letteratura scientifica sulla riabilitazione iniziò a diventare più solida. «Nel 1999 c’è stata – ricorda Luca Prosperini – una pubblicazione sulla rivista Lancet, che si intitolava ‘Rehabilitation is still the only way to improve function in MS’. Proprio negli anni in cui venivano approvati i primi trattamenti farmacologici, asseriva che la riabilitazione restava l’unico modo per recuperare la funzionalità motoria nella SM». Questo articolo segna uno spartiacque.

 

Un altro cambiamento cruciale riguarda l’attività fisica. Come ricorda Diego Centonze,- Università Tor Vergata e IRCCSIstituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (IS) - «fino a una decina di anni fa si sconsigliava alle persone con SM di fare esercizio fisico, se non con molta moderazione, nel timore che potesse fare male». Oggi è stato dimostrato che l’esercizio fisico non solo permette migliori performance fisiche ma soprattutto ottiene una riduzione del dolore, dello stato infiammatorio e del livello di danno generale causato dalla patologia.  

 

Infine, le ultime scoperte indicano che riabilitare migliora inoltre la plasticità sinaptica del sistema nervoso centrale. «Se il neurone del cervello va considerato un elemento cellulare al momento non suscettibile di riparazione e di rigenerazione – ricorda Centonze –, le sinapsi invece sono strutture molto flessibili, si rimodellano e modificano continuamente la loro efficienza. I diversi studi svolti sulla plasticità sinaptica della SM hanno scoperto che nella SM buona parte dei deficit, prima di essere il riflesso della irreversibile morte neuronale, interessano la trasmissione sinaptica. Ciò significa che c’è una fase di reversibilità, di plasticità che può essere sfruttata, anche con la riabilitazione, per favorire il mantenimento delle diverse funzionalità motorie, pur in presenza di danno neuronale», dice ancora Diego Centonze.

 

Un altro settore in cui si sono visto molti progressi è quello della riabilitazione cognitiva, per migliorare memoria e attenzione, ma anche funzioni esecutive, come la pianificazione e delle attività, la capacità di soluzione di problemi, l’attenzione complessa. In passato di usavano soprattutto tecniche comportamentali, della psicologia cognitiva, mentre gli studi di ultima generazione oggi utilizzano molto strumenti, metodiche e programmi forniti dalla tecnologia digitale, ‘applicazioni’ sviluppate appositamente, che si avvalgono molto di quella che si definisce game technology, che consente di riabilitare tramite il gioco effettuato a video.

 

Questo percorso impegnativo sta dando solide fondamenta. «Oggi possiamo dire che la riabilitazione è quasi come una terapia ‘disease modifying’, che cioè interviene sul decorso di malattia, dice Luca Prosperini. Con un’attenzione, che non va mai dimenticata: la riabilitazione può integrare i trattamenti farmacologici ma non li può sostituire né eliminare».

 

Ma bisogna iniziare subito e seguire un corretto stile di vita. «Oggi sappiamo – sottolinea Centonze - che con la riabilitazione si possono ottenere effetti neuro protettivi e di prevenzione del danno della mielina e dei neuroni fin dalle fasi iniziali. Sta nascendo un possibile nuovo paradigma, che porta a prevedere  l’utilizzo precoce di quella che è una vera e propria terapia fisica preventiva, utile per favorire la riduzione del danno mielinico iniziale. La riabilitazione o meglio l’exercise therapy, la terapia mediante esercizio fisico, deve essere a tutti gli effetti considerata come un trattamento da utilizzare sin dalle prime fasi della malattia a prescindere da ogni eventuale disabilità motoria evidente». Sta prendendo sempre più piede una nuova visione scientifica collegata a un diverso stile di vita «l’alimentazione, l’astensione dal fumo, e anche l’esercizio fisico; sono importanti non solo perché garantiscono una qualità di vita migliore, ma perché riescono a potenziare e in qualche caso a sostituire l’effetto dei farmaci che sono riconosciuti come trattamento efficace per rallentare l’andamento della malattia», conclude Centonze.