Paolo Pirozzi è il campione che ha percorso più chilometri di tutti sulla Ducati. Coinvolto da OScar Civiletti, giovani rider con sclerosi multipla, è protagonista di un tour per sensibilizzare sulla SM e raccogliere fondi per la ricerca. La nostra intervista
In viaggio sulle strade d’Italia nel Vietato Mollare Tour, iniziativa all'interno della Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla per sensilizzare sulla malattia e raccogliere fondi per la ricerca, ci sarà anche Paolo Pirozzi. È l’uomo dei record, il campione che ha percorso più chilometri in Ducati, completando il giro del mondo nel tempo record di tredici giorni. Proviamo a conoscerlo un po’ più da vicino.
Paolo, una canzone di De Gregori dice che ‘alla fine di un viaggio c’è sempre un viaggio da ricominciare’: tu hai fatto il Giro del Mondo, due volte. Quanti chilometri hai fatto, in tutto, in sella alle tue Ducati?
«Sono arrivato a 548 mila chilometri percorsi, senza navigatore e senza GPS, completamente da solo, per rispetto al vecchio motociclismo nel quale credo tantissimo. Diciamo che la strofa di De Gregori l’ho presa sin troppo alla lettera. Nel 2006 sono stato il primo a superare in moto il Deserto del Gobi, in Mongolia, mai nessuna moto italiana l’aveva fatto. Nel 2010-2011 sono stato un anno in giro per il mondo: lo chiamammo Giro del Mondo in 80 DOC, perché incontrai i rappresentanti di tanti Club Ducati sparsi per il mondo. L’ultima volta ho girato il mondo in 13 giorni, 8 ore e 14 minuti effettivi e ho abbassato il precedente record di due giorni e mezzo, percorrendo 24.500 chilometri, con una media di 1.800 al giorno. A volte, quando le tratte siberiane rallentavano la media, ho guidato anche per 22 ore nella stessa giornata».
Hai scelto di condividere alcune curve con Oscar Civiletti, che affronta ha la SM ogni giorno. Per quale motivo?
«Ero ospite a un evento e stavo parlando con l’organizzatore quando è arrivato Oscar, emozionatissimo e imbarazzato, perché non mi aveva riconosciuto subito. Mi disse che aveva la SM e un sogno. Per me, nella vita, non c’è niente di più bello che cercare di trasformare in realtà i nostri sogni. Glielo dissi: “Non devi mollare mai”. E lui: “Vorrei fare un tour con te in Italia. Per realizzare un progetto, per a tutti di non vergognarsi, per condividere quello che vivo quotidianamente”. Il suo entusiasmo e la sua voglia di fare mi hanno conquistato».
E dunque, che hai fatto?
«Ho coinvolto i vari club Ducati che già mi seguono: ci accoglieranno in eventi creati apposta per incontrare Oscar, ascoltare la sua storia, fare domande sulla patologia, se lo vorranno, e contribuire al sostegno della ricerca. C’è la massima disponibilità, da parte mia, per tutto quello che di buono, di pulito, di puro può uscire in questo tour. Io ci sarò. Stiamo riuscendo a coinvolgere tanta gente e questo mi rende felice!».
Con il “Vietato mollare Tour” girerete l’Italia in lungo e in largo. Cosa ti aspetti di trovare in questo Bel Paese?
«Vorrei che Oscar trovasse tanto affetto. E spero che tutte le persone con SM d’Italia trovino l’amore di cui hanno desiderio e bisogno».
Nel video che racconta il tuo primo viaggio intorno al mondo, durato più di un anno, ricordi infatti che ne hai “fatte di strade, vissute di curve, bruciate di gomme”. Nella tua vita ci sono state curve che più di altre ti hanno lasciato il segno?
«A 18 anni sono stato investito e sono andato in coma, fortunatamente si è risolto e sono ancora qui. Ma, certo, la mia vita come cammino è stata tutta in salita. Io sono nato a Napoli, qui domina il calcio, si parla ancora di Maradona. Trovare spazio, la visibilità e i soldi necessari a coltivare la mia passione è stata la mia salita più impegnativa, la curva che mi ha dato molte più difficoltà».
Non hai mai avuto paura, in tutto questo viaggiare?
«Tante volte. Ho guidato per giorni e giorni in Siberia, a meno venti gradi, senza sapere se sarei riuscito a uscirne. Sono stato in Afghanistan 3 mesi prima della cattura di Bin Laden e si respirava un’aria pesante. Fa paura dormire in tenda e sentire un animale ignoto che inizia a graffiare la tenda o una persona sconosciuta che potrebbe essere pronta a ucciderti solo per rubarti il passaporto e ricavarci poi 250 dollari. C’è sempre la paura di sbagliare strada, visto che vado senza navigatore, sapendo però che sbagliando strada potrò magari vedere un posto meraviglioso dove non saprei più tornare».
Perché lo fai?
«Ho bisogno dell’adrenalina e del contatto con l’asfalto, mi spinge il desiderio di libertà, la necessità di mettermi in gioco, la voglia di arrivare lì dove altre moto non sono arrivate, la ricerca della curva perfetta, quella che ti lascia nell’anima un tatuaggio indelebile. Per sentirmi in pace con me stesso devo guidare. Devo soddisfare una incontenibile voglia di viaggiare e conoscere gente e culture sempre nuove, rischi compresi».