«Per me la danza è vita». Lo dice, con letizia consapevole, Ivan Cottini, il ballerino marchigiano che ha la sclerosi multipla dal 2011 e che sabato 8 febbraio si esibirà sul palco dell’Ariston, insieme alla sua compagna Bianca Bernardi, nella serata finale del Festival di Sanremo 2020. Nato nel 1984, nella sua carriera ha fatto il fotomodello e il ballerino, ha partecipato ad Amici di Maria De Filippi. A 27 anni ha scoperto di avere la sclerosi multipla. Tutto è svanito in un attimo: fidanzata, lavoro futuro. Da quel momento la sua vita è cambiata radicalmente. Dalla depresione alla posività. Mettercela tutta per combattere la malattia ed essere un esempio per chi convive con la SM. Oggi Ivan ha una nuova compagna e una figlia e nonostante la malattia, per lui una forma aggressiva di SM che debilita velocemete il suo corpo, Ivan non ha abbandonato la sua passione per il ballo. La danza e sua figlia Viola continuano ad essere la sua ragione di vita.
In occasione di questa importante partecipazione al Festival, lo abbiamo intervistato.
Noi ti vedremo da sotto il palco mentre magari ti alzi dalla tua carrozzina, ma tu come ti vedi, Ivan? Anzi, come vorresti essere visto, l’8 febbraio e ogni giorno?
«Sono una persona come tante, che fa le cose che le piacciono e la fanno stare bene Non voglio essere guardato come un eroe, gli eroi sono quelli che rischiano la propria vita per salvarne altre. Io no. Non perché faccio ciò che amo e scendo dalla carrozzella avvolto dalla musica allora vuol dire che sono un extraterrestre».
A volte, alzandoti dalla carrozzina per abbracciare la tua compagna di danza, come succede a tante persone con disabilità. Cosa provi, ogni volta che caschi e, soprattutto, cosa provi quando poi ti rialzi e ricominci?
«Quando cadi ti fai male e provi dolore. Ma siccome, cadendo, riesci a fare quello che vuoi fare, nel momento in cui ti rialzi provi un benessere che vale tantissimo e allontana la malattia. Senti che stai bene nella testa, nell’emozione, nel sentirti realizzato. Non bisogna avere paura di cadere. Restarsene seduti, immobili, con la paura di fare qualsiasi cosa, è una cavolata da evitare in ogni modo. Sarebbe come darla vinta alla malattia e morire come persona che vuole vivere la vita che desidera. Fino a quando si può, bisogna provarci».
Si sente che sei “carico”. Senza “spoilerare” niente, che Ivan Cottini vedremo a Sanremo?
«Un Ivan molto concentrato. In questi giorni, a parte te e AISM, ho chiesto di sospendere ogni intervista, per mantenere la massima concentrazione. Sarà un ballo molto tecnico e impegnativo, dove non starò fermo neanche un secondo, saranno due minuti sparati senza nessuna pausa, dove servirà grande applicazione. E poi potrebbe essere uno dei miei ultimi balli, perché sto anche pensando ad un ritiro. Questo ballo allora per me vale tre volte di più».
Questo sarebbe il tuo top …
«Pensavo di essere giunto al top a “Ballando con le stelle”, poi è arrivata questa chiamata inaspettata per andare a Sanremo. L’Ariston è uno dei palchi più prestigiosi a livello mondiale. Ho accettato la sfida con grande desiderio: con me ci saranno tantissime persone con disabilità. Tutte quelle che in questi anni mi hanno detto, dopo avermi visto ballare, di avere ripreso in mano la propria vita, di avere capito di potere tornare ad essere protagoniste del proprio destino.Su quel palco ci andremo tutti insieme».
Se ti dessero la parola per trenta secondi dopo la tua performance, che messaggio vorresti mandare in mondovisione?
«Questo: noi tante volte ci ammaliamo quasi più nella testa, nel desiderio, nella volontà che nel corpo. Io voglio dire, con i fatti prima che con le parole, che la testa non conosce ostacoli, che può andare oltre la disabilità».
Ogni persona, anche se sta in carrozzina, può prendere in mano la propria vita e mostrarla al mondo, senza nasconderla.
«Da sette anni vado in televisione a raccontarmi e a ballare. Ho sempre voluto fare vedere che la diversità è bellezza e che è un punto di forza per arricchire la stessa televisione e l’intera società. È la missione che mi sono scelto. Nel momento in cui sarà normale che si siano differenze avremo abbattuto tanti muri del pregiudizio, della discriminazione, del bullismo. Io sogno una televisione dove ci possa essere in un corpo di ballo un ragazzo con disabilità o un assistente di studio con Sindrome di Down o un opinionista in carrozzina. Questa sarà la vittoria di tutta la nostra società».
Nel tuo percorso con la SM ti sei impegnato anche in tante battaglie “civili”: secondo te qual è il diritto che in Italia non deve mai mancare per una persona con sclerosi multipla?
«Per la mia esperienza, il primo diritto per chi ha la SM è l’autonomia. Per questo è decisivo che le istituzioni facciano il proprio dovere nel garantire a ciascuno di noi la riabilitazione, la fisioterapia, tutti quei supporti che ci permettono di mantenerci al meglio».
E qual è il primo dovere che una persona con SM deve sentirsi addosso?
«Noi per primi abbiamo il dovere di contribuire a costruire integrazione per tutti».
Tu hai una bimba, che si chiama Viola. Lei ha sgretolato con le sue manine la paura che avevi della malattia. Qual è la forza speciale che ti danno l’amore di una compagna e di una figlia?
«Quando annunciai che avremmo avuto una figlia, tutti mi hanno dato dell’egoista, dell’irresponsabile: “non ci potrai mai giocare insieme”, dicevano. E invece io ci gioco tanto. Lei mi trucca e mi mette lo smalto. Per questo nelle foto mi si vede sempre con lo smalto sulle unghie … è quello che mi mette lei!».
C’è un video splendido in cui ti si vede prendere ossigeno da una bombola sott’acqua, in piscina, e poi alzarti e tendere la mano verso l’alto …
«E cammino sott’acqua dando la mano a Viola, che sta sopra l’acqua nella stessa corsia. Mi avevano detto che non avrei mai potuto camminare dandole la mano. E io, anche se per pochi centimetri, ho trovato la strada alternativa per camminare con lei. Tutto si può fare, non ci si può fermare prima di provarci. Bisogna solo cercare di vedere come scavalcare il limite, il problema. Questa è la grande forza della mente umana, serve per superare i problemi».
Il prossimo sogno da vivere con Viola?
«Da genitore, come tutti, io spero tanto di vederla felice. Nella società di oggi è difficile, ma io me lo sogno – e lo dice scandendo ogni singola parola, facendola durare il più possibile mentre la pronuncia».
Hai appena detto: “come tutti”. Un proverbio africano dice che se vuoi arrivare primo devi correre da solo, se vuoi arrivare lontano devi camminare insieme agli altri. Oltre l’Ariston, oltre la forza individuale per arrivare su quel palco e alzarsi danzando dalla carrozzina, quanto conta mettersi insieme per trovare risposte alle difficoltà di tutti?
«L’Associazione delle persone con sclerosi multipla è stata decisiva anche per me, come per tante persone, nella fase iniziale della diagnosi. Quando arriva una diagnosi come questa, da soli non si va da nessuna parte. Hai bisogno di fare gruppo, hai bisogno di incontrare persone competenti che conoscono fino in fondo cosa è la SM e come va affrontata. Se AISM non mi avesse allora aperto il mondo aiutandomi a capire a cosa sarei andato incontro e come dovevo muovermi per affrontare la malattia, io sarei rimasto bloccato, impantanato nelle sabbie mobili. Essere affiancati da AISM, dai suoi volontari, dalle altre persone con SM impegnate in associazione è essenziale per la rinascita. Poi, come succede con i figli, ognuno prende le sue ali e vola dove desidera».
E allora vola, Ivan, e porta la bellezza della diversità in tutto il mondo. In bocca al lupo da tutti noi
«Viva il lupo!».