Troppo complessa, troppo superficiale. È l'informazione sanitaria secondo gli italiani che, sempre più spesso si rivolgono a internet per conoscere le novità. L'inchiesta di SM Italia 1/2014
A ogni nuovo caso di ‘blackout’ informativo, la pseudo informazione su presunte ‘cure miracolose’ o ‘terapie innovative’ che approda in politica, fra la confusione di opinione pubblica e persone malate, ci si chiede: perché è così difficile che scienza, mass media e pubblico si parlino senza equivoci?
Un’overdose di salute
I motivi sono svariati e basta partire dall’overdose informativa nel campo salute per farsi un’idea. Un rapporto CENSIS di ottobre 2012 attesta, dopo il boom dell’informazione sanitaria in TV degli anni ‘80, la grande ascesa di Internet, anche se poi gli italiani si affidano ancora al medico di base (il 55,6% si affida a lui, fonte CENSIS, il 10,8% al web, il 5,9% alla TV, il 3,6% alla carta stampata). Sempre secondo i dati CENSIS è cresciuto il numero degli italiani che segue programmi TV di
salute (77,3%), ed è in grande ascesa la Rete, con il 32,4% di italiani che vi cerca informazioni (di questi, ben il 90,4% cerca informazioni su specifiche patologie). Il settore-salute, pure in calo dopo il picco negli anni ‘80, ancora dunque tiene bene, ma a questa disponibilità di informazioni non corrisponde altrettanta soddisfazione degli italiani: il 33,3% trova le informazioni troppo complesse, il 27,2% trova scarse informazioni pratiche, il 15,8% trova che la ricerca e la sperimentazione siano trattate con leggerezza. Gli italiani, peraltro, sono affamati di notizie: lo rileva nel 2013 l’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società e lo conferma Massimiano Bucchi, docente di Sociologia della Scienza dell’Università di Trento, membro del comitato scientifico del centro di ricerca ‘Observa Science in Society.
In mezzo al magma dell’informazione medico-scientifica, l’interesse dunque cresce, l’accesso ai media pure, ma permane il gap che divide reale conoscenza e ‘sentito dire’. Quando poi si passa a patologie specifiche e alla ricerca scientifica, il quadro si complica: passano – e sono dirompenti – alcuni messaggi molto meglio di altri. Non è un problema solo italiano, se ne discute a livello mondiale. Nel 2013 la rivista The Lancet ha promosso una conferenza a Londra sul sensazionalismo dei media in tema; in uno studio di gennaio 2013 pubblicato sul New England Journal of Medicine si legge che le news sulla salute influenzano non solo il pubblico, ma anche gli operatori; e si rileva la ‘tendenza allo scoop’ come elemento che supera tutte le altre informazioni. Secondo un’indagine 2010 di CENSIS insieme a Fondazione Cesare Serono (oggetto, la conoscenza di sindrome di Down, malattia di Parkinson, SM e autismo) resistono ancora luoghi comuni e non-conoscenza, «come all’interno – è il commento del CENSIS – di un rumore di fondo informativo, come effetto
di una comunicazione mediatica... spesso confusa e sensazionalistica». Uno studio del 2010 condotto da Luca Iaboli (Ospedale di S. Maria Nuova di Reggio Emilia) e Luana Caselli (Università di Ferrara) per la rivista internazionale ‘PloS ONE’ ha osservato i media italiani per una settimana, con 146 articoli riguardanti la salute su quotidiani e riviste, e ha rilevato che solo il 12% degli articoli su nuove terapie ha informato i lettori sui costi e i rischi connessi; i benefici sarebbero stati enfatizzati nel 33% di essi; la maggior parte dei casi (il 91%) non citava eventuali conflitti d’interesse; infine, il rischio che questi articoli non fossero obiettivi risultava essere 9 volte maggiore se si parlava di nuovi trattamenti o terapie. Insomma: quando si parla di ricerca scientifica e nuove terapie, la falsa notizia è dietro l’angolo.