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08/04/2019

Sclerosi multipla: cladribina sarà erogata dal Servizio Sanitario Nazionale

terapie per la sclerosi multipla

 

Cladribina (nome commerciale Mavenclad) - farmaco già approvato in Italia per il trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente ad elevata attività - è stato inserito nella classe di rimborsabilità A, che comprende medicinali erogati a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

 

Il trattamento era stato approvato nel 2018 da EMA e AIFA e tuttavia inserito nella classe C dedicata ai medicinali non ancora valutati ai fini della rimborsabilità.

 

Con il nuovo provvedimento dell’Agenzia Italiana del Farmaco, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 65 del 18 marzo 2019, il farmaco sarà completamente a carico del SSN.

 

Cladribina è indicato per il trattamento di persone adulte con sclerosi multipla recidivante ad elevata attività, con le seguenti caratteristiche cliniche o di diagnostica per immagini:

- persone con 1 recidiva nell'anno precedente e almeno 1 lesione Gadolinio positiva in T1 o 9 o più lesioni in T2 durante la terapia con altri trattamenti modificanti la malattia;

- persone con 2 o più recidive nell'anno precedente, in trattamento con terapie modificanti la malattia o meno.

 

Ricordiamo che la cladribina è somministrato per via orale ed il trattamento deve essere iniziato e supervisionato da un medico esperto nel trattamento della sclerosi multipla. La dose dipende dal peso corporeo della persona e il trattamento consiste in due cicli nell’arco di 2 anni. Ogni ciclo di trattamento consiste di 2 settimane di trattamento, una all’inizio del primo mese e una all’inizio del secondo mese dell’anno di trattamento corrispondente.

 

cladribina

 

Questo farmaco è stato anche recentemente autorizzato (29 marzo 2019) dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il trattamento delle forme recidivanti di SM, tra cui la SM recidivante-remittente e la SM secondariamente progressiva “attiva”. Gli studi clinici eseguiti, afferma FDA, hanno mostrato che la terapia può diminuire numero di recidive e rallentare l'accumulo di disabilità fisica causata dalla SM, rispetto al placebo. Pertanto le indicazioni terapeutiche riconosciute dalla FDA non sono completamente sovrapponibili con quelle che aveva a suo tempo riconosciuto EMA e che vengono nuovamente sottolineate dalla pubblicazione della recente determina AIFA.

 

Il commento

Il Prof. Gianluigi Mancardi, Presidente della Società Italiana di Neurologi, descrive così il farmaco: «La cladribina è un chemioterapico immunosoppressore analogo delle purine che agisce interferendo con il processo di formazione del DNA e quindi in particolare sulle cellule ad elevata attività mitotica come i linfociti, che sono attivati nella sclerosi multipla. Si tratta di una terapia orale, con una dose raccomandata cumulativa di 3,5 mg/kg di peso corporeo in due anni, somministrata in due cicli di 1,75mg/kg per anno. Ogni ciclo è composto di 2 settimane di trattamento, una all’inizio del primo mese e una all’inizio del secondo mese. Quindi ogni settimana la persona assume 4 o 5 compresse, ad un dosaggio differente a seconda del peso (sono compresse da 10 o 20 mg), e ripete il trattamento di 2 settimane l’anno successivo. Il farmaco è indicato in Italia per  la sclerosi multipla  recidivante ad elevata attività, cioè persone che non hanno risposto ad un ciclo terapeutico con una terapia che modifica il decorso della malattia, e  che devono avere avuto una ricaduta mentre erano in terapia  e presentare almeno 1 lesione alla risonanza magnetica (RMN) che prende contrasto o almeno 9 lesioni nelle sequenze T2 pesate; o ancora è indicato in pazienti con sclerosi multipla recidivante  grave ed a rapida evoluzione che hanno avuto 2 o più ricadute gravi in un anno e con una o più lesioni che prendono contrasto alla RMN o un aumento del carico lesionale rispetto ad una precedente RMN. La cladribina può essere somministrata a pazienti che presentino controindicazioni ad almeno uno dei seguenti farmaci:  Fingolimod, Natalizumab o  Alemtuzumab. Il farmaco è stato dimostrato essere attivo in numerose sperimentazioni cliniche. Presenta alcuni rischi potenziali come  un relativo rischio di sviluppare una neoplasia o problematiche infettive, causando una linfopenia.  L’emocromo deve essere monitorato frequentemente, così  come la funzionalità epatica ed è necessario utilizzare metodi contraccetivi essendo controindicato in gravidanza. Le modalità di somministrazione sono certamente agevoli e interessanti e il futuro e l’uso di questo farmaco si giocherà sulla sua sicurezza, che negli studi registrativi è stata dimostrata essere relativamente buona. Da segnalare infine, che negli stati Uniti la FDA ha approvato la cladribina anche per la forma di malattia secondariamente progressiva attiva, mentre in Italia il suo uso per ora è limitato, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, alle forme recidivanti di malattia».