Il 15 marzo scorso AISM ha chiamato le persone con sclerosi multipla e con altre gravi patologie a mobilitarsi per bloccare l’iter di due provvedimenti in esame presso il Ministero della Salute. C’era il rischio che i testi, se approvati, limitassero l’accesso alla riabilitazione e quindi il diritto alla salute per migliaia di persone con sclerosi multipla e non solo. Tantissime persone hanno aderito e grazie al coinvolgimento di tutti siamo riusciti ad arrivare alla Ministro della Salute Giulia Grillo.
L’1 aprile AISM è stata ascoltata in un incontro molto costruttivo. Si è aperto un confronto che speriamo porti a modificare i provvedimenti con integrazioni e suggerimenti per garantire pienamente, e in prospettiva rafforzare, il diritto alla riabilitazione per le persone con SM e altre gravi condizioni.
Le persone con SM nel frattempo continuano a fare e ad aver bisogno di una riabilitazione adeguata alla loro condizione, come testimonia la storia di Laura Santi, che vi proponiamo per capire quanto è importante non privare le persone di un’attività così impattante per la qualità di vita. «Non sono solo prestazioni riabilitative. Sono “vita o morte”. Sono sopravvivenza, sono ciò per cui ti senti ancora un po’ protagonista del tuo corpo, dei tuoi desideri. Capace di essere la persona che vuoi essere». Parole di Laura, 44 anni, giornalista e blogger (La vita possibile. Uno sguardo senza filtro sul vivere con la sclerosi multipla). Oggi lei vive di riabilitazione, per lei è svegliarsi e sapere di potere respirare, non potrebbe farne a meno mai.
«Nel 2014 – racconta – è iniziato il mio lungo punto di svolta. Una porta che non avrei mai voluto attraversare, perché non prevede ritorno. Dopo 20 anni dalla diagnosi, la mia sclerosi multipla ha iniziato a diventare progressiva, irreversibilmente destinata a peggiorare, giorno dopo giorno. Quell’anno, dopo una ricaduta grave, ho vissuto il mio primo ricovero in un Istituto di riabilitazione intensiva, il Prosperius Tiberino di Perugia. Stavo malissimo, non muovevo più in alcun modo la gamba destra. Ero già stata trattata con cortisone, ma senza alcun effetto. Entrai in clinica con la paura, la stizza, il rifiuto di chi si chiedeva: “che ci sto a fare qui, che devo fare?”. E loro, in 40 giorni, mi hanno restituito alla mia vita. Un lavoro pazzesco. Il mio piano andava dalle 9 alle 16 e si articolava in terapia manuale, occupazionale, robotica, elettrostimolazione funzionale, altra terapia manuale. Roba quasi da marines. Ho faticato come una matta. I primi giorni ero scettica, la gamba restava ferma, paralizzata. Poi però, dopo due settimane, la gamba ha ricominciato a muoversi, ad alzarsi, il ginocchio, il passo, il piede, tutto. Sono venuti a trovarmi i miei genitori e mi sono fatta trovare in piedi, accanto al letto, a mostrare come riuscivo a sollevare la gamba e piegare il ginocchio a novanta gradi. Prima di finire il periodo, ho fatto il test dei 6 minuti: ero entrata che facevo 280 passi in 6 minuti, zoppicante; uscii da lì che arrivavo a 450 passi, senza aiuti, senza pause, con una camminata fluida e uno schema del passo ottimale. Allora abitavo al terzo piano senza ascensore, erano 60 maledetti scalini e tornai in casa camminando sulle mie gambe, con il cuore che batteva all’impazzata perché uscivo da un periodaccio. Non ci credevo, ho visto come un miracolo».
"Senza la riabilitazione, come starei oggi?
Laura è perfettamente consapevole che nella SM non ci sono miracoli, nemmeno la riabilitazione sa fermare una malattia progressiva che continua a peggiorare. Ma sicuramente può influire sulla disabilità e quindi sulla qualità di vita. Grazie alla riabilitazione sperimentata in quel ricovero intensivo, è avvenuto un miracolo diverso da come lo si intende di solito, ma altrettanto importante: «Da quei 40 giorni è nata una Laura diversa rispetto a quella che era entrata in istituto: ho sentito che io con me stessa, con le mie energie, addestrata con competenza da riabilita tori esperti, ero intervenuta sulla mia malattia. E su una malattia che stava peggiorando. È stato il mio miracolo. Poi, certo, la disabilità, quando la malattia diventa progressiva, non si ferma. Non esistono farmaci che la blocchino una volta per tutte e neppure la riabilitazione ci riesce. Però almeno “lei” è una mano enorme per tenerla a bada. Mi sono chiesta mille volte, come starei oggi, se non l’avessi fatta in questi cinque anni? Questa domanda, ogni anno, mi ha fatto superare la pigrizia e tornare a mettermi in lista per un nuovo periodo di ricovero. Le sedute tendono a calare ogni anno e bisogna insistere per farsene prescrivere un numero adeguato. Eppure sono essenziali».
Oltre il ricovero: i costi della mancata riabilitazione, la vita di ogni giorno
La storia della sclerosi multipla progressiva non è una favola a lieto fine. Non ancora. I problemi restano, e sono tantissimi. «Il mio neurologo – racconta ancora Laura - mi disse che la riabilitazione non è come prendere una pastiglia, che ci impieghi 30 secondi e poi non ci pensi per un giorno. Ti chiede metodo, disciplina, costanza, continuità soprattutto. Giorno dopo giorno. Io ho continuato a impegnarmi, a lavorare a casa, utilizzando le strategie e le competenze che mi hanno insegnato i miei riabilitatori. Non è come quello che faccio durante il ricovero, ma mi aiuta. Vado anche in piscina ogni sabato. La mia disabilità si aggrava, oggi non riesco a fare ciò che facevo cinque anni fa. Ma senza riabilitazione starei molto peggio».
Lucidamente, Laura Santi mette sul tavolo due questioni che riguardano lei in prima persona, ma anche tutte le persone con SM, come l’importante di un Piano Riabilitativo Individuale. Non è infatti fondamentale solo il ricovero riabilitativo ospedaliero, ma anche la presa in carico riabilitativa territoriale, ambulatoriale o domiciliare a seconda delle situazioni, in strutture adeguate e con operatori formati specificatamente per una patologia complessa e diversificata come la Sclerosi Multipla. «Venti sedute all’anno sono importanti, ma non bastano. Avrei bisogno di essere seguita ogni giorno, di poter fare riabilitazione in modo continuativo, lungo tutto l’anno, con un fisioterapista competente, secondo un progetto riabilitativo fatto sulla mia persona e non con un tot di sedute standard. Avrei bisogno di un sistema che si prenda cura ogni giorno anche della mia dieta, della mia spasticità, della situazione del pavimento pelvico, di tutte le sfaccettature in cui questa malattia si rende presente. E poi oggi, e sempre di più mentre la disabilità si aggrava, io costo tantissimo al sistema sanitario, alle tasche di tutti. Con una riabilitazione integrata, che abbini trattamenti intensivi e presa in carico quotidiana, probabilmente starei meglio di così, e costerei di meno».