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12/12/2016

«Impariamo dalle persone con SM per una ricerca utile alla vita quotidiana»

La collaborazione tra Università di Genova e Area Ricerca di AISM e la sua Fondazione sta portando avanti alcune ricerche molto importanti per le persone con sclerosi multipla. Uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience ha analizzato i problemi motori legati alla scrittura. Le possibili strade riabilitive del futuro

 

L’Università di Genova e l’Area Ricerca di AISM e la sua Fondazione stanno consolidando una collaborazione per portare avanti alcune ricerche molto importanti per le persone con sclerosi multipla. Uno studio, recentemente pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience, ha affrontato un tema molto sentito come i problemi motori legati alla sclerosi multipla, in particolare quelli che coinvolgono la scrittura. Ambra Bisio è primo autore della ricerca ed ha risposto alle nostre domande.

 

Dottoressa Bisio, avete studiato come misurare le abilità motorie che consentono di scrivere nelle persone sane. Perché? Tutto questo, cosa cambia per le persone con sclerosi multipla?
«Questo filone di ricerca non inizia e non finisce nel mondo di chi è sano. Invece, è nato ascoltando le difficoltà delle persone con sclerosi multipla, che riportavano con dispiacere un cambiamento della propria calligrafia in seguito ai problemi motori e di sensibilità sopravvenuti con la malattia. Non riconoscevano più la propria firma e, in qualche modo, avvertivano una perdita nella propria identità di individui originali come la propria scrittura. Ho in mente, in particolare, una persona con SM che lavora come grafica: per lei mantenere alta la qualità del tratto è indispensabile. Avere una terapia dagli effetti misurabili avrebbe in generale un’alta utilità per tutte le persone con SM che utilizzano quotidianamente la scrittura. Il nostro percorso di ricerca, finanziato da un Bando FISM 2014, parte dunque dalle persone sane, per avere uno standard di riferimento, ma intende arrivare a misurare nelle persone con sclerosi multipla le perfomance senso-motorie di scrittura ed eventuali cambiamenti presenti nel sistema nervoso centrale. Abbiamo già concluso un ulteriore studio effettuato proprio su venti persone con SM: stiamo analizzando i risultati, in vista di una prossima pubblicazione».

 

Non esisteva già una ricerca scientifica sulle abilità di scrittura nella SM? Cosa mancava?
«In questo campo sono stati svolti pochi studi negli anni ’90. Ma sono privi tuttavia di una metodologia di misurazione della performance motoria e nemmeno hanno previsto la possibilità di valutare con risonanza come eventuali deficit a livello cerebrale potessero modificare la performance motoria. Dunque, partendo da ciò che esisteva, abbiamo provato a colmare le lacune della ricerca».

 

Voi misurate il tipo di movimento svolto e il tipo di attivazione cerebrale che si verifica durante la scrittura. Questo è utile alla ricerca e ne colma lacune antiche, però a cosa serve per le persone che devono migliorare le proprie capacità?
«Definire una metodologia per misurare scientificamente cosa avviene durante la scrittura sembrerebbe una questione astratta, da laboratorio e non da vita reale. In realtà questa metodologia potrebbe essere decisiva per la futura riabilitazione. Oggi le abilità di scrittura vengono riabilitate attraverso la cosiddetta “terapia occupazionale”, che agisce per migliorare diverse abilità utilizzate nella vita quotidiana. Anche AISM la propone nei propri Centri di riabilitazione. Ma manca ancora un modo scientificamente solido per misurare cosa cambia tra prima e dopo la terapia: come dire che una persona scrive meglio? Su quali parametri non arbitrari ci si può basare per dire che una persona scrive meglio o che la riabilitazione ha migliorato la sua capacità di attivare adeguatamente le aree cerebrali deputate alla scrittura? Alla fine, se la ricerca avrà successo, avremo uno strumento prezioso di quella che si chiama “evidence based medicine”, medicina basata sull’evidenza, una metodologia attraverso cui fotografare oggettivamente i risultati ottenuti con la terapia occupazionale. Dunque, potremo scegliere tra i diversi approcci riabilitativi quello che ottiene le migliori misurazioni di efficacia».

 

Ci spiega, concretamente, come avete svolto la vostra ricerca?
«In pratica, abbiamo chiesto ai partecipanti di “scrivere” frasi predeterminate su una tavoletta digitale compatibile con la risonanza magnetica. Questo strumento è venduto da un’azienda di Bologna, che però non fornisce un software per valutare la performance. Quello che abbiamo dunque creato è un software per l’acquisizione e l’analisi dei dati di movimento effettuato dalle persone nello scrivere su questa tavoletta».

 

Per capire, la scrittura che chiedevate era qualcosa di analogo alla firma digitale che utilizziamo sui lettori ottici quando acquistiamo con carta di credito?
«Esatto, solo che nel caso della nostra tavoletta non si vedeva immediatamente sulla tavoletta quello che si scriveva. In una prima fase abbiamo chiesto ai partecipanti, seduti a un tavolo, di scrivere sulla tavoletta che registrava le caratteristiche del loro movimento. Per facilitarli, avevamo attaccato un foglio di carta e chiesto loro di scrivere con penna normale, in modo che avessero la percezione di una normale scrittura, sia come esito visivo che come attrito della penna sul foglio. Poi abbiamo effettuato lo stesso test dopo un mese, per vedere se il sistema di misurazione della performance motoria fosse affidabile e riproponesse analoghi esiti. In una seconda fase, abbiamo svolto un ulteriore test per verificare la riproducibilità del dato ottenuto all’interno di una risonanza magnetica: abbiamo chiesto alle persone di scrivere mentre eseguivano una risonanza. Qui la condizione della persona cambia drasticamente: è sdraiata, il tablet è posto sulla pancia, la persona non può muoversi, deve scrivere alla cieca, insomma, senza spostare la testa per guardare quello che sta facendo. Avevamo tuttavia previsto un sistema grazie a cui i partecipanti vedessero la traccia di quello che stavano scrivendo su di un monitor. Certo non si trattava di una condizione di scrittura “ecologica”. Infatti, all’interno della risonanza le persone impiegavano un tempo maggiore e scrivevano parole più alte e frasi che occupavano maggiore lunghezza. Tuttavia, vengono mantenute le differenze tra individui: i soggetti che sono più lenti di natura al di fuori, sono anche quelli più lenti all’interno della risonanza e così via. Infine, abbiamo sviluppato un paradigma in risonanza che consente di andare a misurare le differenze tra il tipo di attività cerebrale svolta durante il compito di scrittura rispetto a quella svolta in momenti dove il soggetto sta fermo e non scrive».

 

Metodologia promossa a pieni voti?
«Questa è la nostra conclusione: la metodologia è efficace, per misurare performance motoria e attività cerebrale nei soggetti sani. Ora attendiamo i risultati della ricerca svolta sulle persone con sclerosi multipla».

 

Al di là del singolo studio, il vostro filone si ricerca all’interno di una collaborazione, definita da apposita Convenzione, tra il vostro Dipartimento di Medicina Sperimentale (DIMES) e la Fondazione di AISM. Quanto vale questa collaborazione?
«Noi al DIMES facciamo ricerca di base, studiamo metodologie e protocolli che poi in futuro potrebbero entrare nella pratica riabilitativa quotidiana. Ma potremmo anche approdare a risultati scientificamente magnifici che però non abbiano alcun impatto nella vita delle persone. Collaborare strettamente con i ricercatori di AISM che operano a stretto contatto con i pazienti dei Centri riabilitativi, è prezioso per noi, per loro e soprattutto per dare risposte riabilitative efficaci alle persone con SM. E che questa collaborazione funzioni lo dimostra il fatto che dal 2013 a oggi siamo giunti insieme alla pubblicazione di 7 studi, che presto diventeranno 9, con un continuo generarsi di idee e progetti ulteriori».