Un percorso per identificare modi, costruire culture aziendali e strumenti pratici per il mantenimento del posto di lavoro.
«Il “Mapo” è un frutto che ne mette insieme due. Ben rappresenta il nostro omonimo progetto, un percorso che ha messo insieme le ‘diversity’, come si dice nei contesti aziendali, per costruire un modello utile a favorire il MAntenimento del Posto di lavoro da parte di lavoratori che hanno una malattia cronica, come la sclerosi multipla». Così racconta Emanuela Trevisi, referente di Fondazione ASPHI, che ha promosso la realizzazione del progetto MAPO insieme ad AISM, Cooperativa Dialogica, Cooperativa Spazio Vita Niguarda e Fondazione Adecco per le Pari Opportunità.
Partito nel 2017 e finanziato dalla Provincia di Monza e Brianza, il progetto si è concluso da poco e ha coinvolto quattro realtà aziendali e pubbliche che hanno tra i propri dipendenti lavoratori con sclerosi multipla e con disabilità: IBM Italia, Unipol SAI Assicurazioni, Comune di Milano, Roche Pharma.
Cosa ha insegnato MAPO a tutti i partecipanti? Quali ‘frutti’ di cambiamento ha davvero seminato? «Attraverso un laboratorio ‘immersivo’ che si chiama Senti come mi sento – afferma Daria Maistri, Direttore Area Domiciliarità Comune di Milano -, abbiamo tutti sperimentato cosa effettivamente prova una persona con SM, quando fa fatica a svolgere qualsiasi azione, quando vede male, quando non riesce a coordinare bene i movimenti delle mani. Conoscenza “diretta” e informazione aiutano le organizzazioni a vivere i problemi come opportunità. E poi abbiamo imparato che una malattia cronica evolve, la persona cambia, cambiano i suoi bisogni e, dunque, nessuna soluzione lavorativa è per sempre: anche noi dobbiamo attuare continui cambiamenti, logistici, sugli strumenti da usare per lavorare, ma anche nella relazione con la persona, per consentire a quella persona di esprimere le sue capacità».
Il primo segreto del cambiamento, che consente anche a persone colpite da una patologia di continuare a lavorare con frutto, è ‘la squadra’, il primato del ‘noi’. Alessandro Bottini, Disability Manager Manager delle società del Gruppo Unipol, spiega: «Abbiamo coinvolto nei momenti di sensibilizzazione in aula sia persone con SM inserite in azienda, che colleghi, dirigenti, componenti della commissione pari opportunità, medici del lavoro. Abbiamo esteso il più possibile a tutti l’invito a partecipare a MAPO, per offrire una competente informazione e consapevolezza a persone che non avevano precise informazioni su questi temi, costruendo in azienda un “noi” informato e, per questo, pronto a un reale supporto».
Nel percorso, durato più di un anno, i momenti di sensibilizzazione sono stati integrati da un'analisi del contesto aziendale e una messa a fuoco delle problematiche e dei possibili interventi migliorativi per favorire la possibilità che la persona con SM sia messa in grado lavorare al meglio. Quattro, in particolare, sono stati i ‘casi concreti’ individuati su cui si è focalizzato in concreto il progetto per costruire un ‘modello’ da diffondere in futuro.
In diverse occasioni, racconta ancora Emanuela Trevisi, «le persone con SM o con situazioni simili inserite in azienda e coinvolte nel progetto non solo hanno raccontato la propria situazione, ma si sono rivelate essere creative costruttrici di strategie utili a lavorare nel migliore dei modi. Stupisce, a volte, la loro capacità di gestione e di problem solving rispetto alle situazioni critiche con cui devono convivere».
AISM, da anni, punta sulla capacità di ogni persona con sclerosi multipla di essere la prima protagonista del cambiamento che serve a lei stessa e a tutte le persone che vivono situazioni simili. MAPO ha dimostrato, nel campo complesso del lavoro, che questa è una possibilità reale. Un ruolo importante lo gioca certamente la tecnologia. Come racconta Consuelo Battistelli, Disability Management - Diversity & Inclusion di IBM: «IBM, utilizzando per MAPO una tecnologia ormai diffusa, ha proposto una serie di “webinar”, ossia di seminari sulla sclerosi multipla fruibili anche a distanza, così da coinvolgere il massimo numero possibile di colleghi, che potevano collegarsi direttamente dalla propria scrivania, nell’orario lavorativo migliore».
Il tema del lavoro nell'Agenda della SM e il ruolo di AISM Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali AISM, afferma: ««Avviare insieme ad altri partner e alle aziende un progetto a finanziamento pubblico sul tema del mantenimento al lavoro, è stato strategico e lungimirante per un’Associazione come AISM: la diagnosi di SM spesso arriva per giovani già inseriti nel mondo del lavoro che, da quel momento e negli anni successivi, vanno incontro a difficoltà che li possono portare a rinunciare al lavoro. Non per caso uno dei maggiori costi indiretti prodotti dalla patologia, come evidenzia il Barometro della Sclerosi Multipla, è legato alla perdita progressiva di produttività della persona con SM e dei caregiver familiari che se ne occupano.
Questo progetto, inoltre, ha costruito un modello di intervento e generato un impatto che va oltre i confini della SM e offre risposte, contenuti, modelli, soluzioni organizzative e pratiche, anche flessibili, che possono essere applicate a tante forme di disabilità in diversi contesti lavorativi. Un progetto come questo ha un valore sociale enorme, anche perché rinforza una cultura collettiva capace di scoprire come ogni persona con disabilità inserita in azienda, se posta nelle corrette condizioni per operare al meglio, risulti una risorsa capace di contribuire attivamente al business della propria azienda e al miglioramento delle condizioni e dell’efficacia del lavoro di tutti i dipendenti e collaboratori aziendali.
Diamo così realizzazione a una delle priorità dell’Agenda della SM 2020, laddove si afferma che è necessario «sostenere e affiancare il lavoratore con SM nell’ingresso e permanenza nel luogo di lavoro, promuovendo una cultura della diversità applicata alla realtà della sclerosi multipla. I frutti generati con questo percorso potranno essere anche utilizzati come strumenti nel rapporto con le singole aziende. Insieme, persone con SM e Associazione, potremo intervenire nelle diverse situazioni aziendali anche con approccio organizzativo, di partnership e collaborazione nella costruzione di percorsi che garantiscano un governo strategico della presenza della disabilità nel contesto aziendale». |
Come sempre, le tecnologie sono importanti ma non bastano senza il “fattore umano”: «Io sono cieca – testimonia la stessa Battistelli – e ho iniziato a lavorare in questa azienda a 28 anni, diventando in prima persona protagonista del cambiamento necessario: poco tempo dopo il mio inserimento, ho fatto mettere la voce negli ascensori in modo che indicasse ogni piano, altrimenti mi perdevo e non riuscivo ad arrivare alla mia scrivania».
Dunque, per tutte le persone con SM il messaggio che emerge da questo percorso è chiarissimo: è meglio dire di avere la sclerosi multipla. Non c’è motivo di avere vergogna di segnalare la propria situazione, le difficoltà che ci si trova ad affrontare e, soprattutto, le soluzioni che possono aiutare a lavorare, a mettere le proprie risorse a disposizione degli obiettivi aziendali. Anche se non è facile, vale sempre la pena uscire allo scoperto.
Ed è su questo fronte che, da tempo, lavora Roche Pharma, come conferma Maurizio De Cicco, President, Managing Director & General Manager di Roche: «Abbiamo dato vita all’Equipe Salute, un team composto da un medico, un medico dello sport, un counselor e un’assistente sociale per offrire un supporto in ambito medico, psicologico e assistenziale. È una risorsa per tutti i nostri dipendenti: ogni anno il nostro medico effettua oltre 500 visite, l’assistente sociale, a disposizione per individuare i canali idonei, supporta mediamente circa 200 colleghi l’anno per la risoluzione di problemi personali, familiari o di salute a livello legislativo e burocratico e il Counselor offre supporto psicologico a circa 400 persone che vivono un momento difficile o un disagio legato a questioni di diversa natura, accompagnandoli in un percorso efficace per affrontarlo nel migliore dei modi. Abbiamo a disposizione un Pronto Soccorso per tutti i dipendenti. Insomma, l’inclusione è reale se si costruisce costantemente un contesto che favorisca la possibilità di intercettare condizioni di fragilità, disabilità, svantaggio che interessano direttamente o indirettamente i colleghi».
Certo, lavorare non è facile per nessuno, tanto meno per chi fa i conti con la SM. Ma il progetto MAPO ‘racconta’ che un mondo diverso è possibile, come afferma Giampaolo Torchio, Referente Servizi Legge 68/1999 della Provincia di Monza e Brianza, che ha selezionato e finanziato il Progetto MAPO: «Oggi abbiamo tanti strumenti di supporto alla persona con disabilità e alle aziende che le inseriscono. In un’azienda che ha cura per la qualità sociale si lavora anche bene. Quando si accetta questa sfida in azienda, nelle istituzioni, da parte delle stesse persone coinvolte, nasce un cambiamento importante che non riguarda solo la disabilità ma tocca tutti».
L’ultima parola, come sempre, spetta al futuro. «Grazie a MAPO – conclude Ambra Richiedei, ricercatrice della Cooperativa Dialogica – nelle realtà lavorative partecipanti e negli stessi enti promotori si è innescato un processo virtuoso attraverso il passaggio dalla diffusa logica degli stakeholder, dei portatori di interessi personali, alla cultura dei community holder, dove ciascuno non pensa e agisce più da singolo portatore di interessi che possono essere diversi per ciascun lavoratore, bensì dove tutti ci si pensa e muove tutti come corresponsabili dentro una comunità che va in un’unica direzione, quella della coesione sociale. Le competenze di saper essere; la condivisione comunitaria di obiettivi validi per tutti, la messa in atto di soluzioni condivise costituiscono gli elementi fondanti del Progetto MAPO, tesi a generare nuove aziende e comunità inclusive per tutti». Nel 2018 AISM, Prioritalia, Manageritalia e Osservatorio Socialis hanno condotto un'indagine su questo tema.