22 Luglio
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Studio degli spazi perivascolari nella SM come marcatori di neurodegenerazione
Gli spazi di Virchow-Robin (VRS) sono manicotti di tessuto linfatico perivascolari delimitati internamente dalla parete vasale delle arterie che circondano il cervello ed esternamente dalla pia madre, ed esercitano la funzione di filtro selettivo. I VSR sono associati a malattie vascolari e neurodegenerative e nella sclerosi multipla (SM) sono stati associati alla neuroinfiammazione. Precedenti studi che hanno analizzato i VSR nella SM hanno utilizzato una risonanza magnetica (RM) a 1,5 Tesla. A causa della piccola dimensione dei VSR, la loro visibilità potrebbe essere ostacolata da intensità di campo inferiori. Un aumento della risoluzione a 7 Tesla può portare ad una migliore individuazione dei VRS.
Gli autori in questo studio hanno analizzato i VSR in persone con SM utilizzando una RM ad alta risoluzione a 7 Tesla. Hanno confrontato la frequenza e le dimensioni di VSR nella SM e in un gruppo di controllo sano. Inoltre, hanno rivisto il legame radiologico tra VRS e infiammazione: gli autori si sono proposti di correlare la relazione tra VRS con la neuroinfiammazione (conta lesioni SM) e con gli aspetti neurodegenerativi della malattia (atrofia cerebrale).
Lo studio ha incluso 34 persone SM di cui 22 con SM recidivante-remittente (SMRR), cinque con SM secondariamente progressiva (SMSP) e sette con SM primariamente progressiva (SMPP), e 11 controlli senza comorbidità vascolare o neurologica. La disabilità clinica delle persone con SM è stata misurata utilizzando la scala EDSS (Disability Status Scale).
I VRS sono stati delineati manualmente sulle immagini pesate in T1 dopo formattazione con software dedicato. Per ciascun soggetto sono stati contati i VRS, e per ogni VRS sono stati misurate l’area e la sezione trasversale più larghe su cinque livelli cerebrali. Il totale dei conteggi delle lesione SM (sostanza bianca e sostanza grigia) è stato valutato sulle immagini 7T FLAIR. Sia nelle persone con SM che nei controlli, i VRS sono stati rilevati in tutti i cinque livelli del cervello, sebbene non ad ogni livello per ogni persona. Le differenze in presenza di VRS tra persone con SM e controlli sani variavano tra i livelli. Il numero totale di VRS per soggetto era significativamente maggiore nel gruppo SM rispetto ai controlli sani. La dimensione del VRS, misurata come l'area e la sezione trasversale più grandi non differiva tra SM e controlli. Questi risultati hanno confermato la presenza di VRS sia nelle persone con SM che nei controlli sani, utilizzando la RM a 7T. Significativamente più VRS sono stati rilevati nella SM rispetto ai controlli sani, con una conta media di VRS di 11 per le persone con SM e di 4 per i controlli sani, attraverso cinque livelli comunemente colpiti nel cervello. Questa differenza nella conta VRS era particolarmente verificabile nelle aree superiori del cervello. Benché entrambi i gruppi hanno mostrato il maggior numero di VRS a livello della commessura anteriore, il conteggio VRS a questo livello non differisce tra persone con SM e controlli sani. Nel gruppo SM sono stati trovati alcuni VRS molto grandi. Tuttavia, nessuna differenza sistematica potrebbe essere rilevata nella dimensione dei VRS tra persone con SM e controlli sani.
Per esplorare il rapporto di VRS con altre caratteristiche radiologiche della SM, gli autori hanno correlato il numero di VRS con le misure del carico lesionale e l’ atrofia cerebrale. Come previsto, il volume del cervello sopratentoriale inferiore (come misurato dalla frazione del volume cerebrale sopratentoriale) è stata osservata nelle persone on SM rispetto ai controlli sani. Questi risultati mostrano ,inoltre, che il numero di VRS nella SM è legato a frazione del volume cerebrale sopratentoriale, età e durata di malattia, ma non al carico lesione.
Perivascular spaces in MS patients at 7 Tesla MRI: a marker of neurodegeneration?
Kilsdonk I, Steenwijk M. Mult Scler. 2014 Jul 10.
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Relazione tra atrofia della sostanza grigia e integrità assonale nel modello sperimentale di SM
La tecnica CLARITY (Clear Lipid-exchanged Acrylamide-hybridized Rigid Imaging-compatible Tissue-hYdrogel) è una tecnologia di compensazione ottica recentemente sviluppata che permette di ottenere immagini intatte di tutto il cervello con una minima perdita di proteine preservando la fluorescenza nativa.
Finora gli studi istologici si sono concentrati su un campioni di tessuto cerebrale ridotto, in quanto non era precedentemente possibile fare una valutazione tridimensionalmente completa di questi tessuti in tutto il sistema nervoso centrale (SNC). Con CLARITY è possibile ottenere immagini di popolazioni di cellule in 3D nel tessuto intatto. Una caratteristica patologica comune degli assoni sia nella SM che nel modello sperimentale di malattia, l’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAS), sono la presenza di ovoidi e bulbi finali sugli assoni. Lo scopo di questo studio è stato quello di esaminare la relazione tra atrofia della sostanza grigia, visualizzata con risonanza magnetica (RM), e l'integrità assonale, visualizzata con CLARITY.
In questo studio, in un modello EAS positivo per la proteina fluorescente YFP (Yellow Fluorescent Protein), sono state raccolte immagini di RM in vivo seguite dalla compensazione ottica sia del cervello che del midollo spinale utilizzando la "compensazione passiva" della tecnica CLARITY.
Nei modelli animali EAS è stata osservata una malattia clinica tipica, con i segni di malattia che cominciano al giorno 12. I dati di RM in vivo sono stati raccolti da cinque topi con EAS, 25 giorni dopo l'induzione della malattia, e da sei controlli sani appaiati per sesso e età.
È stata misurata la quantità totale di espressione di proteina YFP ed è stata osservata una perdita del 20% di fluorescenza YFP nei topi EAS rispetto ai controlli sani. Si pensa che la presenza di ovoidi assonali rappresenti un’interruzione del trasporto assonale veloce o alterazioni dei microtubuli degli assoni che portano alla degenerazione Walleriana. Un gran numero di ovoidi assonali sono stati osservati nel tratto dorsale corticospinale del midollo spinale del modello ESA, osservato con compensazione ottica. Poiché CLARITY consente l'esame di patologia in un tessuto intatto, è stato quantificato il numero di ovoidi assonali nel tratto corticospinale dorsale degli assoni su una lunghezza di 5 mm su tre dimensioni.
Il 60% degli assoni nel tratto corticospinale dorsale in EAS mostra la presenza di ovoidi, ma non nei controlli normali. È stato anche misurato il numero di assoni sezionati che terminavano con un bulbo. Otto per cento degli assoni di EAS nel tratto corticospinale dorsale terminava con un bulbo contro praticamente nessuno nei controlli sani. Emisferi cerebrali intatti di EAS e controlli sani sono stati otticamente compensati usando CLARITY. È stata misurata l’espressione totale di YFP nella corteccia cerebrale e una perdita del 17% è stata osservata in EAS rispetto ai controlli sani. È stato contato il numero totale di neuroni piramidali dello strato V, positivi per YFP, nelle cortecce cerebrali. Topi di controllo sani presentavano un numero medio maggiore con una differenza del 7%.rispetto ai topi con EAS.
L’esame volumetrico con RM è stato utilizzato per determinare se ci fossero differenze di volume corticale tra EAS e controlli sani. Il volume della corteccia cerebrale aveva una media di 73,5 ± 0,77 mm3 nei topi sani di controllo e di 68,3 ± 0,99 mm3 nei modelli con EAS, con una differenza del 7% tra i due gruppi, coerente con i risultati precedenti. È stata osservata una forte correlazione diretta tra volume corticale e numero di neuroni piramidali dello strato corticale V. Inoltre, è stata anche osservata una forte correlazione negativa tra volume corticale RM in vivo e bulbi assonali. Tuttavia, non vi era alcuna correlazione tra volume corticale RM in vivo e ovoidi assonali corticali.
L'uso di entrambi, risonanza magnetica e CLARITY, offre un'opportunità unica per esplorare il rapporto tra atrofia della sostanza grigia e le patologie che ne sono alla base. La combinazione di queste tecniche ha permesso agli autori di capire che c’è una relazione tra atrofia corticale e bulbi terminali assonali, ma non ovoidi assonali, un risultato che suggerisce che potrebbe esserci una possibilità di reversibilità del danno assonale.
Bringing CLARITY to gray matter atrophy. Authors: Spence RD, Kurth F. Neuroimage. 2014 Jul 16
14 Luglio
La ricerca sulla SM e sulla qualità della vita
Programma di esercizi sull’equilibrio per ridurre il rischio di cadute nella SM
La mancanza di equilibrio e il rischio di cadute ad essa associato è noto nelle persone con sclerosi multipla (SM). L'obiettivo di questo studio multicentrico è stata la valutazione degli effetti del programma di esercizi per l’equilibrio chiamato CoDuSe sul numero di cadute in persone con SM. Sono state reclutate 32 persone con SM in grado di camminare per 100 metri, ma che non erano in grado di mantenere per 30 secondi la posizione tandem (due piedi aderenti in linea l’uno dietro l’altro) con le braccia lungo il corpo. Tutti i partecipanti (11 con forma recidivante remittente, RR; 16 con forma secondariamente progressiva, SP; 5 con forma primariamente progressiva, PP), a cui era richiesto di tenere un diario delle cadute, hanno completato il programma di esercizi; tuttavia solo 29 di loro hanno svolto tutti i test di valutazione proposti. Lo studio ha valutato gli effetti di CoDuSe su diversi aspetti tra cui cadute, prestazioni nell’equilibrio, fiducia nell’equilibrio, limitazioni percepite nel camminare. In particolare le ipotesi dello studio prevedevano tra prima e dopo l’intervento con CoDuSe: i) una diminuzione della percentuale di persone che cadono e una riduzione del numero di cadute in coloro che ancora sono soggetti ad esse, ii) miglioramento nell’equilibrio e nella deambulazione come valutato con misure cliniche specifiche e test autosomministrati, e iii) mantenimento del miglioramento al follow-up di sette settimane dopo il completamento del programma di esercizi.
Il programma di allenamento prevedeva due sedute alla settimana per sette settimane in gruppi di 4-7 persone. Ogni sessione durava 60 minuti di cui i primi 20 erano di esercizi specifici per la stabilità dei muscoli profondi del tronco, selezionati e ispirati a quelli descritti da Freeman et al. (Core Stability Exercise Program). Nei successivi 35 minuti di seduta ai soggetti veniva richiesto di prestare particolare attenzione alla stabilità degli stessi muscoli seppure gli esercizi per l’equilibrio proposti non fossero specifici per il tronco. Gli ultimi 5 minuti erano dedicati ad esercizi di stretching e/o di relax. Un manuale con descrizioni testuali e illustrazioni degli esercizi, basato sulle competenze degli operatori coinvolti nello studio (terapisti e medici), è stato realizzato per facilitare l’attuazione di CoDuSe. Inoltre, alla fine dello studio, a tutti i partecipanti è stata data una copia del programma riabilitativo.
I dati sono stati raccolti prospetticamente tre volte durante il periodo di studio: all’inizio (T0), subito dopo aver completato il programma (T1), e al follow-up dopo 7 settimane (T2). L’equilibrio è stato misurato utilizzando la Berg Balance Scale, il Four Square Step Test, il Sit-to-Stand test, il Timed Up and Go test, il Functional Assessment Gait test, la 12-item MS Walking Scale, e la Activities-specific Balance Confidence Scale.
I risultati hanno mostrato un tasso di partecipazione al programma medio che è stato di 12 su 14 sedute. Il numero di cadute (da 166 a 43; p ≤ 0,001) e il numero di persone che cadevano (da 17 a 10 p ≤ 0,039) si sono ridotte in modo significativo dopo la partecipazione al programma riabilitativo proposto e le prestazioni di equilibrio sono migliorate significativamente.
Non sono state rilevate differenze significative nelle limitazioni percepite nel camminare, nella fiducia nell'equilibrio, e nei test Timed Up and Go e Sit-to-Stand.
Lo studio consente di concludere che due sedute alla settimana per sette settimane di esercizi di gruppo per l’equilibrio utilizzando il programma CoDuSe possono migliorare le prestazioni di equilibrio, riducendo il numero di persone che cadono e il numero di cadute per persona. Tuttavia non sono stati rilevati miglioramenti nella deambulazione e nella fiducia nell’equilibrio.
Balance exercise program reduced falls in people with MS
Elisabet NY, Lena Kristina VK. Arch Phys Med Rehabil. 2014 Jul 5. pii: S0003-9993(14)00473-0. doi: 10.1016/j.apmr.2014.06.016. [Epub ahead of print].
Trattamento, terapie e gestione della malattia
Valutazione dell’efficacia del vaccino contro l’influenza per la SM
Le persone con SM sono esposte ad un rischio maggiore di infezione da malattie trasmissibili, che possono portare a gravi ricadute di malattia. La vaccinazione risulta uno strumento importante nella prevenzione delle malattie infettive trasmissibili per le persone con SM. La vaccinazione, tuttavia, nella SM come in molte altre malattie, solleva preoccupazioni di sicurezza ed efficacia.
Diversi studi hanno analizzato la questione della vaccinazione in persone con SM. Questi studi, tuttavia, si occupano prevalentemente di questioni relative alla sicurezza che documentano che la maggior parte dei vaccini hanno dimostrato di essere sicuri nei soggetti con SM e che la vaccinazione non è associata ad un aumento del rischio di ricadute.
Gli autori di questo lavoro hanno analizzato la letteratura scientifica esistente e hanno valutato gli effetti delle terapie per la SM sull'efficacia del vaccino. Si sono concentrati sui dati relativi al vaccino contro l'influenza, mentre l’informazione su altri vaccini è stata limitata. Le risposte di efficacia ai vaccini possono essere misurate con alcuni test. In questa revisione gli autori hanno scelto nella maggior parte dei casi quelli suggeriti dalle linee guida EMA. Poiché molti dei farmaci per la SM non condividono un comune meccanismo di azione, gli autori hanno esplorato separatamente l'efficacia della vaccinazione in ciascuno di essi. I risultati indicano che il vaccino contro l'influenza è efficace in persone con SM non trattate e diversi studi concordano nell’indicare un’efficacia paragonabile del vaccino influenzale tra persone con SM trattate con beta-interferone e controlli sani. Nelle persone con SM trattate con glatiramer acetato, il vaccino contro l'influenza può determinare un grado di protezione inferiore rispetto ad individui sani. Alcuni dati suggeriscono che anche il mitoxantrone può interferire con l'efficacia del vaccino influenzale. L'efficacia del vaccino antinfluenzale in persone trattate con natalizumab è stata valutata in due studi che hanno prodotto risultati contrastanti: uno ha riportato un tasso inferiore di tutela nelle persone trattate con natalizuamab rispetto a controlli sani; l’altro studio invece non ha riportato differenze significative tra i due gruppi. Questi risultati contraddittori possono essere attribuiti alla piccola dimensione del campione relativa a questi studi. Sono quindi fondamentali ulteriori analisi per risolvere questo problema. Nelle persone con SM trattate con fingolimod, i dati hanno mostrato una risposta immunitaria specifica al vaccino paragonabile alla risposta osservata nei controlli sani. Queste osservazioni possono indicare che la risposta di efficacia al vaccino influenzale non è compromessa dal trattamento con fingolimod. Ad oggi, solo uno studio sul teriflunomide ha analizzato l'effetto di questo farmaco sull’efficacia del vaccino influenzale, i cui risultati dimostrano che le persone trattate con teriflunomide sono in grado di montare risposte immunitarie efficaci alla vaccinazione contro l'influenza stagionale. Valutazioni dell'efficacia del vaccino antinfluenzale in persone trattate con alemtuzumab, daclizumab e rituximab non sono ancora state segnalate, e le informazioni disponibili riguardano altri vaccini.
Tutti questi dati hanno mostrato che l'impatto della vaccinazione su persone con SM dipende dal loro regime terapeutico. Persone non trattate o in trattamento con interferone beta sembrano in grado di avere una normale risposta al vaccino. Allo stesso modo le persone con SM trattate con fingolimod, teriflunomide e alemtuzumab possono essere in grado di avere una risposta adeguata alla vaccinazione. Tuttavia, questi risultati richiedono ulteriore convalida, in quanto derivano da pochi o singoli studi. Analogamente, l'analisi dei dati su natalizumab non ha fornito risultati concordanti circa l'efficacia della vaccinazione in persone trattate con questo farmaco, e sono necessarie analisi su campioni più grandi per confermarli. Le persone trattate con mitoxantrone e con glatiramer acetato sembrano avere una scarsa risposta al vaccino contro l'influenza e questo può suggerire la possibilità di una seconda dose di vaccino; ulteriori studi sono tuttavia necessari per valutare il reale beneficio clinico di questa opzione.
Per altri farmaci, come il rituximab o daclizumab, non ci sono prove sufficienti su persone con SM. L'estensione dei risultati derivati da altre condizioni patologiche mette in guardia su una possibile minore risposta alla vaccinazione. Queste osservazioni, però, hanno bisogno di essere confermata da specifiche analisi sulla SM.
Efficacy of vaccination against influenza in patients with MS. Pellegrino P, Carnovale C Vaccine. 2014 Jul 4. pii: S0264-410X(14)00869-X. doi: 10.1016/j.vaccine.2014.06.068. [Epub ahead of print]
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Bande oligoclonali immunoglobuliniche e atrofia cerbrale nella SM
Il rilevamento di bande G oligoclonali immunoglobuliniche (OCB) nel liquido cerebrospinale è uno dei biomarcatori più sensibili per la diagnosi di sclerosi multipla (SM). A causa della complessità ed eterogeneità della SM, in questo studio sono stati applicati metodi multivariati per rilevare pattern di atrofia regionale che possano discriminare tra i diversi gruppi OCB. È stata anche condotta un'analisi dettagliata delle misure del cervello globale.
Sulla base di studi precedenti, l'ipotesi era che la presenza di bande OCB nel liquido cerebrospinale fosse associata con un fenotipo di risonanza magnetica di malattia più grave che mostra un maggior coinvolgimento delle strutture di sostanza grigia e bianca profonde ma non delle regioni corticali o juxtacorticali. In questo studio sono state incluse ventotto persone OCB-negative e trentacinque OCB-positive. Le informazioni cliniche sono stata registrate utilizzando il Registro Svedese di SM (Swedish Multiple Sclerosis Registry -SMSReg). Lo stato delle bande OCB è stato determinato mediante focalizzazione isoelettrica e immunofissazione IgG specifica. Tutte le persone sono state sottoposte a scansioni RM con la stessa macchina 1.5 Tesla di Siemens. La ricostruzione corticale e la segmentazione volumetrica sono state effettuate utilizzando la suite per l'analisi dell'immagine FreeSurfer 5.1.0. Il volume del cervello (BV) è stato calcolata sommando i volumi totali di sostanza grigia e di sostanza bianca.
Con il progredire della SM il volume del cervello tende a diminuire, mentre aumenta il liquido cerebrospinale. Pertanto, bassi valori dell’indice volume cerebrale/liquido cerebrospinale (BV/CSF) rappresentano un maggiore restringimento del cervello. I due gruppi OCB non differivano per età, genere, decorso della malattia e di disabilità (EDSS). Tuttavia, le persone OCB-positive avevano un'età inferiore di insorgenza e, di conseguenza, una durata di malattia e di trattamento più lunga. Le persone OCB-positive hanno mostrato una maggiore atrofia cerebrale globale misurata dall'indice BV/CSF.
In particolare le persone OCB-positive avevano una diminuzione del volume totale di sostanza bianca e un aumento del volume totale del liquido cerebrospinale, ma non differivano dalle persone OCB-negative nel volume totale di sostanza grigia. Anche se i gruppi OCB non differivano nel volume totale di sostanza grigia, analisi regionali hanno mostrato che gangli basali, diencefalo, cervelletto, e ippocampo erano significativamente importanti nella separazione tra gruppi OCB, mostrando una maggiore perdita di volume nel gruppo OCB-positivo. Per quanto riguarda la quantità totale di lesioni di sostanza bianca, le persone OCB-positive avevano un aumentato del volume delle lesioni, in linea con gli studi precedenti.
MS patients lacking oligoclonal bands in the cerebrospinal fluid have less global and regional brain atrophy
Ferreira D, Voevodskaya O. J Neuroimmunol. 2014 Jun 26. pii: S0165-5728(14)00181-7. doi: 10.1016/j.jneuroim.2014.06.010. [Epub ahead of print]
9 Luglio
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Analisi dell’infiammazione meningea e dell’atrofia corticale nella SM
Recentemente è sorta l’ipotesi che i processi patologici di infiammazione meningea e demielinizzazione corticale possano essere interconnessi e, a loro volta, svolgere un ruolo nello sviluppo di un decorso di malattia di tipo progressivo. Inoltre, è stato riportato che nella sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) possa essere presente l’infiammazione meningea. Finora l'effetto della sclerosi multipla sulle meningi del midollo spinale non è stato studiato in vivo. Con l'implementazione delle acquisizioni di una maggiore risoluzione strutturale e del rapporto di trasferimento di magnetizzazione (MTR) nel midollo spinale, la possibilità di studiare gli effetti della sclerosi multipla sulla regione esterna del midollo spinale (che ci si aspetta includere la pia madre delle meningi) potrebbe fornire ulteriori approfondimenti sulla patofisiologia della sclerosi multipla.
Gli obiettivi di questo studio erano:
1) Caratterizzare la regione più esterna del midollo spinale, (pia madre e regione subpiale del midollo spinale), utilizzando immagini ad alta risoluzione, pesate con il trasferimento di magnetizzazione per misurare la MTR in soggetti sani di controllo e nelle persone con SM o con sindrome clinicamente isolata (CIS).
2) Confrontare le misure MTR della regione più esterna del midollo spinale di persone con CIS o con SM rispetto ai controlli sani.
(3) Confrontare i risultati MTR del midollo spinale esterno ottenuti nei diversi sottogruppi clinici: CIS, SMRR, SM primariamente progressiva (SMPP) e SM secondariamente-progressiva (SMSP), ed esplorare la relazione tra MTR del midollo esterno con misure sia di atrofia del midollo spinale che di disabilità fisica .
Gli autori hanno reclutato 26 controlli sani, 22 persone con CIS, 29 con SMRR, 28 con SMSP, e 28 con SMPP.
Tutti i pazienti sono stati valutati con la scala di disabilità EDSS (Expanded Disability Status Scale), MSFC (Multiple Sclerosis Functional Composite) e ASIA (American Spinal Injury Association). Una valutazione della funzione fisica è stata eseguita immediatamente prima della risonanza magnetica (RM). Nessuno dei soggetti ha avuto una ricaduta o ricevuto un ciclo di corticosteroidi entro il mese prima delle analisi di RM.
Tutte le persone incluse nello studio sono state sottoposte a scansione RM a 3 Tesla. Non sono state riscontrate differenze significative nell’area del midollo spinale sia dei controlli sani sia delle persone con CIS che con SMRR. I gruppi di SMPP e SMSP presentavano una minore area di midollo spinale rispetto ai controlli sani. Nessuna differenza significativa è stata osservata nella frazione parenchimale cerebrale nel gruppo CIS rispetto ai controlli, ma differenze significative nella frazione parenchimale cerebrale sono state osservate tra i controlli e tutti i sottogruppi di SM, con frazioni del parenchima cerebrale più piccole nei diversi sottogruppi di malattia.
In ogni gruppo di soggetti, la MTR del midollo spinale esterno era superiore alla MTR della sostanza bianca del midollo spinale e la sostanza bianca del midollo spinale aveva valori più elevati di MTR rispetto alla sostanza grigia del midollo spinale. I valori MTR del midollo spinale esterno ed i valori della sostanza bianca del midollo spinale sono risultati più alti nei controlli rispetto a quelli di tutti i gruppi di pazienti. I valori di MTR del midollo spinale esterno erano più bassi nella SMRR rispetto alla CIS. Entrambi i gruppi di SMSP e SMPP avevano valori MTR del midollo spinale esterno più bassi rispetto alle persone con SMRR
Nessuna differenza significativa è stata trovata tra SMSP e SMPP. Nelle CIS e nella SMRR, i valori MTR del midollo spinale esterno risultavano diminuita anche in assenza di una significativa atrofia spinale.
Investigation of magnetization transfer ratio-derived pial and subpial abnormalities in the MS spinal cord
Kearney H, Yiannakas MC.Brain. 2014 Jun 24. pii: awu171. [Epub ahead of print]
Trattamento, terapie e gestione della malattia
Valutazione del trattamento con 24 dosi di natalizumab nella SMRR
Lo studio TY-STOP è un trial spontaneo, osservazionale, prospettico multicentrico, che ha coinvolto 130 persone con SM recidivante remittente clinicamente definita, seguiti per un anno e provenienti da otto centri SM italiani. Tutte le persone avevano ricevuto 24 dosi di natalizumab e sono state sottoposte ad analisi cliniche e di risonanza magnetica (RM) per valutare la stabilità di malattia e hanno avuto almeno una valutazione alla RM entro 10 giorni dopo le 24 dosi di natalizumab.
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l'effetto della scelta terapeutica sul tasso medio annualizzato di ricadute e sulle immagini RM di attività di malattia, dopo 24 dosi di natalizumab.
Dopo 24 dosi di natalizumab, il trattamento è stato ridiscusso con ciascuna persona in accordo con le raccomandazioni EMA. Le opzioni di trattamento prevedevano:
1) continuare il trattamento con natalizumab per via endovenosa ogni 28 giorni
2) il passaggio ad un'altra terapia modificante la malattia
3) interrompere tutti i trattamenti
4) iniziare il trattamento endovenoso con mitoxantrone.
Le terapie modificanti la malattia proposte prevedevano:
1) interferone beta-1a o interferone beta-1b sottocutaneo
2) glatiramer acetato
3) fingolimod orale.
Le persone sono state esaminate dopo 24 dosi di natalizumab e poi ogni tre mesi. Le valutazioni hanno incluso un esame fisico e un esame neurologico con la valutazione della scala EDSS.
Immagini di RM di densità protonica pesate in T2 e di immagini pre-post captanti il gadolinio pesate in T1 sono state ottenute a 0, 3, 6, e 12 mesi dopo le 24 dosi di natalizumab.
La RM è stata programmata ad intervalli di tre mesi per rilevare l'eventuale riattivazione della malattia nelle persone che interrompevano il natalizumab e per monitorare l'insorgenza di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) nei soggetti che continuavano il trattamento con l'anticorpo monoclonale.
Nel gruppo che voleva continuare il trattamento (n = 124), l'attività clinica e radiologica della SM era significativamente più bassa nelle persone che hanno continuato il natalizumab (n = 43) rispetto ai soggetti che lo hanno interrotto (n = 81), con un effetto protettivo del natalizumab rilevato in entrambi gli outcome dell'anno. Nel gruppo trattato (n = 124), l'attività clinica e radiologica di SM era significativamente inferiore nel continuatori di Natalizumab rispetto a quelli che avevano cambiato il trattamento con un’altra terapia o rispetto alle persone che avevano interrotto il trattamento, confermando un effetto protettivo del natalizumab sul rischio di ricaduta nei continuatori del trattemento rispetto agli altri gruppi.
Nessun effetto rebound di malattia è stato osservato nei soggetti che hanno rinunciato al natalizumab.
Dopo l'interruzione di natalizumab, un paziente ha sviluppato PML nel corso del periodo di osservazione, con recupero completo.
Questo studio fornisce evidenze di classe III di un aumentato rischio di ripresa di attività di SM dopo la sospensione di natalizumab. L'interruzione della terapia dopo 24 dosi in pazienti che rispondono al trattamento con natalizumab deve essere considerato solo se il rischio di PML è alto e supera i benefici di continuare l’assunzione del farmaco. Secondo questi risultati, continuare il trattamento con natalizumab sembra essere la strategia terapeutica più efficace in persone che hanno già ricevuto 24 dosi di farmaco, anche se può essere associato ad un rischio di sviluppare PML nei soggetti precedentemente esposti al virus JCV.
Treatment of relapsing-temitting MS after 24 doses of Natalizumab.
Clerico M, Schiavetti I. JAMA Neurol. 2014 Jun 30. doi: 10.1001/jamaneurol.2014.1200. [Epub ahead of print]
Trattamento, terapie e gestione della malattia
Aumento dell’attività dell’autotassina nella SM
L’autotassina (ATX) è un enzima che produce acido lisofosfatidico (LPA) da lisofosfatidil colina (LPC) ed è maggiormente regolato in condizioni infiammatorie come vari tipi di cancro, artrite e sclerosi multipla (SM).
Numerosi studi hanno dimostrato che il segnale indotto da LPA dà luogo a diversi processi quali: angiogenesi, mitosi, proliferazione cellulare e secrezione di citochine. Un numero crescente di dati suggerisce che, in una varietà di malattie, il blocco di ATX ha proprietà anti-infiammatorie
Lo scopo di questo studio è stato misurare l'attività enzimatica di ATX nel liquido cerebro-spinale (LCS) e nel siero di persone con SM utilizzando un metodo enzimatico fotometrico. Sono state arruolate 20 persone con SM recidivante-remittente attiva (SMRR). Nei sei mesi precedenti allo studio nessuno aveva ricevuto alcun trattamento con immunosoppressori, immunomodulanti e integratori a base di vitamina D
Oltre alle persone con SM, 20 soggetti con altre malattie neurologiche (OND) senza lesioni demielinizzanti del sistema nervoso centrale (SNC) alla risonanza magnetica (RM), sono stati inclusi nello studio come gruppo di controllo. Il gruppo di controllo era costituito da sette persone con ipertensione intracranica benigna, cinque con epilessia, tre con mal di testa, due con idrocefalo normoteso, due con malattia del motoneurone e una con trombosi cerebrale dei seni venosi. Campioni di LCS sono stati prelevati mediante puntura lombare per fini diagnostici da tutte le persone. Per le persone con SM, i campioni di LCS sono stati raccolti esclusivamente durante la fase di ricaduta clinica (attiva) della malattia (entro due settimane dalla comparsa dei esacerbazione acuta o sub-acuta). A tutte le persone incluse nello studio sono stati anche prelevati campioni di sangue da cui è stato raccolto il siero. L’attività di ATX è stata misurata sul LCS e nel siero di due gruppi selezionati. I risultati hanno mostrato che l'attività di ATX era significativamente più alta nel gruppo SM rispetto al gruppo con diagnosi di OND. Questo è il primo studio che dimostra un elevata attività dell'enzima ATX nel liquido cerebrospinale delle persone con SM e ulteriori studi sono necessari per far luce sul ruolo enzimatico di ATX nella patogenesi della malattia.
Increased autotaxin activity in MS. Zahednasab H, Balood M J Neuroimmunol. 2014 Jun 19. pii: S0165-5728(14)00177-5. doi: 10.1016/j.jneuroim.2014.06.006. [Epub ahead of print]
2 Luglio
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Valutazioni neurofisiologiche e di risonanza magnetica nelle CIS
La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema nervoso centrale che porta al deterioramento fisico e una vasta gamma di segni e sintomi neuropsichiatrici tra cui disfunzioni cognitive. È noto che un deterioramento cognitivo si verifica in tutte le fasi della malattia, compresa la sindrome clinicamente isolata (CIS). Gli obiettivi di questo studio erano di indagare l'evoluzione della funzione cognitiva nelle persone con CIS per un periodo di 24 mesi e determinare con risonanza magnetica (RM) cerebrale le correlazioni strutturali associate con un deterioramento cognitivo nelle CIS. Questo è il primo studio clinico prospettico, longitudinale dell'associazione degli outcome di RM globali, tessuto specifici e regionali, e funzioni cognitive in persone con CIS sotto trattamento modificante la malattia. Delle 220 persone arruolate nello studio, 81 sono entrate nel sotto-studio chiamato NP. Tutti gli 81 partecipanti sono stati esaminati al basale, 6, 12 e 24 mesi con la versione convalidata-Ceca della batteria di test cognitivi MACFIMS. Di questi, quattro persone con CIS a 6 mesi e un soggetto a 12 mesi non hanno eseguito gli esami dello studio NP.
La batteria MACFIMS comprende le seguenti prove:
• Test Controlled Oral Word Association (COWAT) per misurare la fluidità fonemica;
• Test Judgment of Line Orientation (JLO) per misurare la capacità visuo-spaziale;
• Seconda edizione del test California Verbal Learning, (CVLT-II) per misurare l'apprendimento verbale e la memoria, con il test per l'apprendimento totale (CVLT-II TL) e il sotto-test di richiamo ritardato CVLT-II DR;
• Test Brief Visuospatial Memory Test-Revised (BVMT-R) per misurare l'apprendimento e la memoria visuo-spaziale, compreso il test per l'apprendimento totale (BVMT-R TL) e il sotto-test di richiamo ritardato BVMT-R DR;
• Test Paced Auditory Serial Addition (PASAT-3) per la misurazione dell’ elaborazione delle informazioni rapida, l'assegnazione simultanea di attenzione a due attività e mantenimento del ragionamento del calcolo;
• Test Symbol Digit Modalities (SDMT) per la misurazione dell’elaborazione rapida dei dati, scansione visiva, e in misura minore, memoria di lavoro;
• Test Sorting Test from the Delis–Kaplan executive function system (D-KEFS) per misurare il ragionamento concettuale che valuta le funzioni esecutive superiori, insieme al Sorting Test (D-Kefs ST) e al sotto-test Description Score (DKEFS DS)
Acquisizione e analisi RM sono stati effettuati al basale, 6, 12 e 24 mesi con un protocollo standardizzato sullo stesso scanner a 1.5 Tesla. Acquisizioni assiali cerebrali hanno incluso inversion recovery con fluido attenuato, immagini pesate in T1 tridimensionali, e immagini spin-echo post-contrasto T1 prima e 5 minuti dopo una singola iniezione di 0,1 mmol / kg di gadopentetato dimeglumina.
Le analisi delle immagini hanno incluso un numero cumulativo e il volume delle lesioni con contrasto di gadolinio maggiore e nuove e più estese lesioni T2, e analisi dei cambiamenti dei volumi regionali tessuto-specifici in tutto il cervello e nella sostanza grigia e sostanza bianca, come riportato in precedenza. Variazioni percentuali longitudinali nei volumi di tutto il cervello, sostanza grigia, sostanza bianca, ventricoli corticali e laterali, sono state ottenute utilizzando metodi diretti di misura di atrofia.
Variazioni di volume assoluti e percentuali per la sostanza grigia totale sottocorticale profonda (definita come la somma del talamo, nucleo caudato, putamen, globo pallido, ippocampo, amigdala e nucleo accumbens), talamo e ippocampo in ogni tempo sono stati stimati, come riportato in precedenza.
I risultati dello studio indicano che disfunzioni cognitive sono presenti in una proporzione rilevabile di persone con CIS ad alto rischio al momento del primo evento indicativo di SM, una constatazione che è supportata da ricerche precedenti. La prevalenza (12%) e l'incidenza a due anni (5%) di disfunzioni cognitive nel presente studio era bassa. È importante sottolineare che il 60% delle persone al basale con disfunzioni cognitive sono rimasti con tali disfunzioni dopo 24 mesi.
Anche se gli autori hanno osservato un deterioramento cognitivo in una proporzione di soggetti con CIS che passavano a sclerosi multipla clinicamente definita non erano in grado di mostrare un ruolo prognostico di base delle disfunzioni cognitive sulla conversione a SM clinicamente definita.
In regressione multivariata e nel modello di analisi a effetti misti non è stata trovata alcuna relazione significativa tra i parametri NP e RM. Tra le limitazioni dello studio, l’analisi non aveva un potenza sufficiente per valutare le differenze temporali dei parametri volumetrici e NP esaminati con il modello di analisi a effetti misti. Per risolvere questo problema, gli studi futuri potrebbero trarre vantaggio da grandi campioni, lungo follow-up e grandi intervalli tra i test NP.
Longitudinal MRI and neuropsychological assessment of patients with clinically isolated syndrome
Uher T, Blahova-Dusankova J. J Neurol. 2014 Jun 22. [Epub ahead of print]
Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori
Atrofia regionale della sostanza grigia e della sostanza bianca nella SM corticale
Deficit cognitivi e neuropsichiatrici possono essere le prime manifestazioni della sclerosi multipla (SM) in una minoranza di persone.
Sulla base di questo, alcuni autori hanno proposto una variante della malattia chiamata di tipo “corticale” o “cerebrale'' (SM-cort), che è caratterizzata da un grave progressivo deterioramento cognitivo, sindromi corticali focali e segni corticali, con un relativo risparmio delle funzioni motorie, sensoriali e cerebellari all'esordio della malattia. Caratteristiche di neuroimmagine distintive della SM-cort non sono state ancora identificate. In questo articolo, gli autori hanno studiato, con la tecnica Voxel-Based Morphometry (VBM), il pattern di distribuzione regionale delle lesioni focali e l’atrofia della sostanza bianca e della sostanza grigia, in persone con SM-cort in confronto con persone con SM classica (SM-c). Hanno ipotizzato che un maggior coinvolgimento di distribuzione di strutture di sostanza grigia possa più probabilmente caratterizzare le persone affette da questa rara variante della SM.
In questo studio cross-sezionale, sono state arruolate nove persone con SM-cort. I principali sintomi di presentazione sono stati deterioramento cognitivo (77%), manifestazioni psichiatriche (55%), e convulsioni (22%). Sono stati selezionati due gruppi di controllo. Il primo gruppo comprendeva nove controlli sani con nessuna storia precedente di disturbi neurologici, psichiatrici o cardiovascolari, e con un normale esame neurologico. Il secondo comprendeva nove pazienti con c-MS, abbinati ai soggetti SM-cort per sesso, età, e durata di malattia e di disabilità. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a risonanza magnetica e a valutazioni neurologiche e neuropsicologiche, che comprendevano:
• Test Mini Mental State Examination (MMSE)
• Matrici progressive di Raven
• Test dei gettoni (test di Token)
• Test di fluenza semantica
• Test di fluenza fonemica
• Span di Cifre e test di Corsi
• Test di Ricordo Selettivo-SRT- e il Test 10/36 Spatial Recall-SPART
• Scala di valutazione di depressione Montgomery–Asberg
Utilizzando uno scanner da 1,5 Tesla, sono state acquisite scansioni cerebrali e sono state eseguite le seguenti analisi: sono state identificate lesioni iperintense FLAIR ed è stato quantificato il volume FLAIR delle lesioni; sono state identificate lesioni T1-ipointense e quantificate sulle immagini 3D MPRAGE; utilizzando immagini 3D MPRAGE, sono stati misurati i volumi cerebrali normalizzati (NBV), il volume della sostanza bianca (WMV) e il volume della sostanza grigia (GMV) utilizzando il software SIENAx. L'analisi VBM è stata effettuata utilizzando SPM8. Le persone con SM-cort hanno mostrato un deterioramento cognitivo e i domini cognitivi più frequentemente coinvolti in persone con SM-cort, rispetto a quelli con SM-c erano: ragionamento generale, memoria, e produzione del linguaggio.
Il primo dato interessante dell'analisi è che tutte le misure di danno cerebrale strutturale risultavano significativamente più alterate nella SM-cort rispetto alla SM-c. Il più grave coinvolgimento cerebrale sia della sostanza bianca che grigia nelle persone con SM-cort rispetto a quelli con SM-c stata confermata anche dai risultati delle analisi VBM, che ha mostrato diversi pattern di perdita di tessuto regionale in questi due gruppi SM. Due delle aree cerebrali che sono state più colpite nei nelle persone con SM-cort erano il fascio cingolato e la corteccia cingolata. In linea con il ruolo funzionale del fascio cingolato e della corteccia cingolata, l'analisi di correlazione ha mostrato che la perdita di tessuto in queste strutture è associata con la funzione cognitiva globale (come misurato con il MMSE), l’intelligenza logico-deduttivo (come misurato con il test di Raven) , e la memoria a lungo termine (come misurato con SRT/DR).
L’atrofia della sostanza grigia nelle persone SM-cort ha coinvolto anche il lobo parietale sinistro, un'altra regione chiave per le funzioni cognitive. Un'altra regione coinvolta nelle funzioni del linguaggio risultata più atrofica nella SM-cor ripstto alla SM-c era il giro temporale medio (MTG) destro, che contribuisce alla elaborazione sillabica e alla percezione del linguaggio figurativo. Un altro risultato interessante di questo studio è stato che, rispetto alle persone con SM-c, quelle con SM-cort hanno mostrato anche un pattern di distribuzione di atrofia di sostanza bianca che coinvolge diversi tratti associativi, che comprendevano oltre al fascio cingolato anche anche il fascicolo longitudinale inferiore e il fascicolo longitudinale superiore
Coerentemente con le loro funzioni, l’atrofia di questi tratti di sostanza bianca correlavano con i risultati dei test neuropsicologici per la memoria a lungo termine, funzionamento globale e ragionamento astratto.
La distribuzione delle lesioni FLAIR-iperintense e delle lesioni T1-ipointense non differiva tra persone con SM-c e soggetti con SM-cort. Le analisi VBM hanno mostrato un’atrofia delle strutture di sostanza grigia corticali e subcorticali, nonché nei tratti di sostanza bianca in entrambi i gruppi di persone con SM rispetto ai controlli HC. Nessuna area di sostanza grigia/sostanza bianca era più atrofica negli SM-c rispetto agli SM-cort.
Patterns of regional gray matter and white matter atrophy in cortical multiple sclerosis
Parisi L, Rocca MA. J Neurol. 2014 Jun 22. [Epub ahead of print]
Trattamento, terapie e gestione della malattia
Revisione dell’uso delle statine nelle malattie neurologiche
Sempre maggiori evidenze suggeriscono che i benefici delle statine potrebbero estendersi oltre la loro attività ipolipidemizzante. In questo studio, gli autori analizzano i principali meccanismi potenzialmente correlati alle proprietà neuroprotettive delle statine come gli effetti antiossidanti, la regolazione della produzione di ossido nitrico e la modulazione dell’enzima eNOS e le metalloproteasi della matrice (MMP) che giocano un ruolo importante sugli effetti immunomodulatori delle statine nell’ictus cerebrale ischemico e sull’azione delle statine nei principali disturbi neurologici. I principali fattori di rischio cardiovascolari quali ipercolesterolemia, diabete mellito, fumo cronico, sindrome metabolica e ipertensione sono associati con la sovrapproduzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) e danni al tessuto neuronale.
Una produzione anormale di ROS e la conseguente diminuzione della biodisponibilità vascolare di ossido nitrico (NO) sono stati proposti come meccanismo patogenetico comune coinvolto nella disfunzione endoteliale. Studi recenti indicano che la nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADPH) è una delle principali fonti di superossido nel sistema vascolare e nel sistema nervoso centrale (SNC). L'inibizione dell’enzima NADPH ossidasi, come indicato indicato da diversi studi, è uno dei principali meccanismi degli effetti pleiotropici delle statine. Nella maggior parte delle situazioni dove la disfunzione endoteliale è dovuta ad aumento dello stress ossidativo, l'espressione di NOS è risultata essere paradossalmente aumentata. Gli effetti neuroprotettivi delle statine sono potenzialmente dovute ad un aumento della-regolazione di eNOS. I risultati hanno mostrato che le statine aumentano l'espressione e l'attività di eNOS, , portando così ad aumentare la biodisponibilità di NO e migliorare la funzione endoteliale.
Negli essere umani i componenti della famiglia delle MMP sono 23 e le loro funzioni sono importanti nel sistema nervoso centrale durante lo sviluppo, in età adulta in condizioni normali e dopo lesioni. Livelli di diverse MMP risultano aumentati in malattie quali: sclerosi multipla (SM), ictus ischemico, lesioni del midollo spinale e malattie neurodegenerative. Le statine sono considerati inibitori di MMP poiché inibiscono la produzione e l'attività delle MMP.
Le statine funzionano in diverse patologie neurologiche quali tumori del SNC (con effetti anti-proliferativi, anti-tumorali ed apoptotici), depressione (abbassando il colesterolo che gioca lo stesso ruolo importante nel sistema della serotonina), depressione post-ictus, morbo di Alzheimer.
Inoltre, recenti studi in modelli animali hanno dimostrato che le statine hanno proprietà immunomodulatorie che potrebbero avere un beneficio nel trattamento dei disturbi neuro-infiammatori come la SM. Il razionale scientifico per supportare le statine come immunomodulatorie è la loro capacità di inibire l'espressione genica del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe II e la trascrizione del trans-attivatore CIITA MHC di classe II, un fattore di trascrizione essenziale per l'espressione del gene MHC II. Inoltre, sono stati dimostrati altri effetti immunomodulatori delle statine come l'inibizione dell'attività delle cellule natural killer umane, la riduzione dell’adesione endoteliale dei leucociti, l’inibizione di CD40 e l’espressione della molecola di adesione e il blocco della funzione co-stimolatoria antigene-mediata dei linfociti, infatti la simvastatina inibisce la secrezione di citochine Th17 polarizzanti e la presentazione dell'antigene da parte delle cellule dendritiche. Le statine hanno anche dimostrato, in vitro, di inibire il rilascio di citochine pro-infiammatorie in astrociti, microglia e macrofagi.
La simvastatina è stata testata in un piccolo studio aperto nella SM recidivante-remittente attiva. Coloro che avevano almeno una lesione evidenziata con gadolinio (Gd) nel periodo pre-trattamento di tre mesi, sono stati trattati con la massima dose approvata dalla FDA di 80 mg di simvastatina al giorno per sei mesi. Risonanze magnetiche del cervello sono state eseguite a 4, 5 e 6 mesi di trattamento con simvastatina. L’analisi di pre-trattamento e post-trattamento dei dati di risonanza ha indicato una diminuzione di circa il 45 per cento del numero medio e del volume medio di lesioni Gd in soggetti trattati.
Studi clinici controllati con placebo più numerosi dovranno essere realizzati. Poiché le statine sono ben tollerate e somministrati per via orale, potrebbero essere utili in combinazione con i farmaci modificanti la malattia già in uso. Idealmente, i farmaci scelti per la terapia di combinazione dovrebbe avere una diversa modalità di azione, senza sovrapposizioni di tossicità, e dovrebbero fornire un effetto additivo o sinergico quando somministrato in combinazione. Attualmente sono in corso nuovi studi clinici che stanno testando la combinazione di IFN-1a e statine. Nonostante i dati sperimentali che mostrano effetti benefici delle statine, l’inibizione della sintesi del colesterolo da statine ha mostrato, in vitro, di indurre apoptosi in diversi modelli, comprese cellule neuronali e gliali in coltura. Effetti avversi sistemici delle statine sono rari ma sono ben noti, tra cui miopatia e tossicità epatica.
Statins in neurological disorders: an overview and update.
Malfitano AM, Marasco G. Pharmacol Res. 2014 Jun 19. pii: S1043-6618(14)00099-1. doi: 10.1016/j.phrs.2014.06.007. [Epub ahead of print]