Un nuovo studio pubblicato su Annals of Neurology e condotto su 439 persone con sclerosi multipla primariamente progressiva, evidenzia che il farmaco non sarebbe in grado di rallentare la progressione della malattia.
Sulla rivista scientifica internazionale Annals of Neurology (2009;66[4]:460-471) sono stati pubblicati i risultati definitivi dello studio OLYMPUS, già anticipati nel 2008 in un comunicato dell'azienda produttrice e nel febbraio 2009 in occasione del meeting annuale dell’ American Academy of Neurology.
Il rituximab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore di superficie CD20 che determina la distruzione dei linfociti B (cellule del sistema immunitario che producono gli anticorpi e giocano un ruolo fondamentale nell’attacco del sistema immunitario al cervello e al midollo spinale nella SM) attraverso l’attivazione di diversi meccanismi, inoltre è in grado di rimuovere tali cellule dal sistema circolatorio per un periodo medio di 9 mesi.
Il rituximab, al momento approvato in Italia con il nome di MABTHERA (Roche S.p.A.), è impiegato per via endovenosa nel trattamento dei linfomi follicolari in stadio III-IV.
I risultati di un precedente studio di fase II detto HERMES pubblicato a febbraio 2008, condotto su 104 persone con SM attiva, evidenziavano che il dosaggio di 1000mg somministrato per via endovenosa per due volte aveva ridotto la percentuale di persone che presentavano ricadute.
L’attuale studio OLYMPUS è stato condotto allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza del rituximab in persone con SM primariamente progressiva, per la quale non esiste alcun trattamento specifico in commercio.
Lo studio ha coinvolto 439 persone con SM primariamente progressiva, provenienti da 60 diversi centri del Canada e degli Stati Uniti. Ai partecipanti è stato somministrato per via endovenosa un trattamento che prevedeva 2 dosi da 1000mg di farmaco o di placebo ogni 24 settimane, per un totale di 4 somministrazioni. Le persone sono state controllate tramite risonanze magnetiche eseguite prima, durante e dopo il trattamento.
Obiettivo principale dello studio era misurare il tempo di progressione della malattia, inteso come aumento prestabilito della Scala di Invalidità Espansa, EDSS (Expanded Disability Status Scale) Altri obiettivi erano le eventuali variazioni alla risonanza magnetica delle lesioni T2 e del volume cerebrale totale.
Anche se risulta che la terapia abbia contribuito a ridurre l’incremento del volume delle lesioni cerebrali dopo 96 settimane, i risultati dello studio evidenziano che il rituximab non sarebbe invece in grado di ridurre il tempo di progressione della malattia.
Inoltre lo studio ha rilevato maggiori effetti collaterali nel gruppo trattato con rituximab (16,1 %) rispetto al gruppo assegnato al placebo (13,6%) e in particolare ha segnalato infezioni delle vie urinarie e nasofaringiti e reazioni da lievi a moderate collegate all’infusione del rituximab.
I ricercatori concludono il lavoro affermando la necessità di ulteriori sperimentazioni nelle forme primariamente progressive al fine di individuare un trattamento specifico.
NOTE
* Le immagini T2 pesate mettono in evidenza sia lesioni nuove che lesioni vecchie (più chiare rispetto al tessuto sano circostante) e sono per questo utili nel valutare il numero totale di lesioni e stabilire il carico lesionale.
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Rituximab in patients with primary progressive multiple sclerosis: results of a randomized double-blind placebo-controlled multicenter trial. Hawker K, O'Connor P, Freedman MS, Calabresi PA, Antel J, Simon J, Hauser S, Waubant E, Vollmer T, Panitch H, Zhang J, Chin P, Smith CH; OLYMPUS trial group Ann Neurol. 2009 Sep 9;66(4):460-471