La prognosi a lungo termine dell’evoluzione della SM verso una forma progressiva sembra essere largamente determinata durante i primi due anni di malattia. La conferma arriva da uno studio cofinanziato dalla FISM e pubblicato recentemente online sulla rivista scientifica Brain.
Lo studio è stato condotto dal dottor Antonio Scalfari dell’Imperial College di Londra, a cui ha collaborato il dottor Paolo Muraro, Professore Associato presso l’Imperial College di Londra, e coordinato dal Professor George Ebers dell’Università di Oxford in Inghilterra.
Il rapporto tra ricadute e disabilità irreversibile nella Sclerosi Multipla rappresenta un aspetto fondamentale della storia naturale della malattia con importanti ripercussioni sulla gestione terapeutica delle persone con SM e sulla prognosi a lungo termine.
In questo lavoro gli autori si sono proposti di chiarire il ruolo degli attacchi infiammatori precoci nel predire il decorso a lungo termine della SM, analizzando il database di London Ontario (Canada) che rappresenta una delle più complete raccolte di dati clinici attualmente a disposizione. Le persone con SM, inserite in questo database, sono state seguite per 28 anni (dal 1972 al 2000) permettendo di ottenere preziose ed obiettive informazioni sulla storia naturale della SM.
Per lo studio in questione sono stati analizzati i dati di 806 persone affette da SM ad esordio recidivante remittente (SMRR) e sono state eseguite elaborate analisi statistiche focalizzate sul periodo antecedente all’esordio del decorso progressivo.
L’analisi ha confermato che un alto numero di attacchi nei primi due anni di malattia correlava con una prognosi significativamente peggiore. Le persone con maggior numero di ricadute durante il primo ed il secondo anno dall’esordio hanno mostrato una maggiore probabilità in tempi più brevi di sviluppare la forma di SM secondariamente progressiva (SMSP) e raggiungere alti livelli disabilità.
Per contro, l’effetto predittivo delle ricadute è risultato limitato ai primi due anni di malattia. Lo studio ha dimostrato che il numero di attacchi dal terzo anno fino all’esordio della fase progressiva ed il numero totale di attacchi durante l’intera fase remittente recidivante non influenza né la probabilità di entrare nella fase progressiva di malattia, né i tempi di conversione a sclerosi multipla secondariamente progressiva, né i tempi di accumulo di disabilità permanente.
Gli autori hanno commentato: "La prognosi a lungo termine sembra essere largamente determinata durante i primi anni di malattia, lasciandoci concludere che le persone dovrebbero ricevere terapie efficaci il prima possibile per riuscire ad influenzare positivamente il decorso della SM. Persone con prognosi peggiore passano anticipatamente a SMSP e pertanto raggiungono alti livelli di disabilità in tempi più brevi. L’esordio della fase progressiva si conferma essere un evento chiave nell’accumulo di disabiltà irreversibile a lungo termine”.
Questi risultati forniscono valide evidenze per migliorare la progettazione degli studi clinici, ed indicano che la prevenzione o il ritardo dell’esordio della fase progressiva dovrebbero essere considerati obiettivo fondamentale delle terapie future.