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27/05/2014

La ricerca rigorosa di AISM sulle cellule staminali produce risultati. Eccoli

AISM e la sua Fondazione sono state tra le prime realtà impegnate nella ricerca sulla sclerosi multipla a puntare sulle cellule staminali, finanziando e promuovendo ricerche rigorose. Si tratta di un impegno cui FISM tiene fede da più di 10 anni, pioniera in questo campo, Dal 2000 AISM e la sua Fondazione, infatti, hanno scommesso su quello che allora era un territorio ancora inesplorato, promuovendo e finanziando poi un importante progetto di ricerca sull’utilizzo delle cellule staminali nella sclerosi multipla: «Trapianto di cellule staminali somatiche adulte, neurali e mesenchimali: un nuovo approccio nel trattamento della sclerosi multipla.

Nel corso di tutti questi anni FISM ha messo a disposizione di questo campo di ricerca oltre  5  milioni di euro. I tempi della ricerca scientifica di qualità sono lunghi, ma la scuola italiana di ricerca sull’applicazione delle cellule staminali nella SM è partita per tempo. E può annunciare dei risultati.

 

Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche: in Italia il maggior numero di casi europei
Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche [1] si sta delineando come una concreta possibilità terapeutica per le persone con una forma aggressiva recidivante-remittente di Sclerosi Multipla che non risponde ai trattamenti convenzionali. Non parliamo di “un'ultima spiaggia” né di una strada da tentare “alla disperata”, ma di un preciso protocollo che può portare a importanti successi terapeutici, come l'arresto della progressione della disabilità e la prevenzione delle ricadute, soprattutto se il trapianto viene effettuato nei primi anni della malattia.

I dati arrivano da una casistica ormai molto consistente: in Europa, i trapianti di cellule staminali ematopoietiche autologhe [2] in persone con SM hanno raggiunto quota 600, e altri 300 trapianti sono stati eseguiti negli USA. Il Centro Trapianti di Midollo Osseo dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi (Firenze) è quello che ne ha effettuato il maggior numero (oltre 50) tra tutti i centri europei . Il Professor. Gianluigi Mancardi del Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI) di Genova e Presidente del Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla ha avuto un ruolo di promozione e coordinamento degli studi europei in questo campo. Le sue ricerche hanno avuto un ruolo significativo nell’ultimo decennio e sono state finanziate da FISM.

“Sono ormai molte le pubblicazioni – studi singoli o multicentrici – che hanno dimostrato che, in alcuni determinati casi, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche può avere una buona probabilità di successo”, spiega Riccardo Saccardi, della Sezione ematologia dell'AOU Careggi, che ha ricevuto un finanziamento FISM: “Le forme di SM che rispondono meglio al trapianto sono quelle remittenti-recidivanti con un'elevata attività infiammatoria. Per questi casi, i risultati ci dicono che la progressione della disabilità si arresta in circa l'80% di chi ha sviluppato la malattia da 3-5 anni: queste persone non vengono più sottoposte a terapia immunosoppressiva e ad oggi non hanno avuto ricadute. Nel 50% di questi 'pazienti ideali' è stata anche osservata una riduzione della disabilità”.

Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, però, non può ancora essere considerato una terapia standard. “Perché sia approvata – continua Saccardi – dovrà essere condotto un grande studio prospettico-comparativo che la metta a confronto con le terapie convenzionali. Nel frattempo, comunque, il trapianto può comunque essere effettuato all'interno di studi più piccoli, locali. Le indicazioni da seguire sono quelle della Società Europea per i Trapianti di Midollo Osseo (European Society for Blood and Marrow Transplantation, EBMT, www.ebmt.org): attenersi alle linee guida garantisce alle persone con SM le migliori possibilità di cura e permette di comparare i risultati dei singoli centri, facendo avanzare la ricerca”.

Il primo studio di fase II sulle cellule staminali mesenchimali è coordinato dall’Italia

Buone notizie arrivano anche dal fronte della sperimentazione delle cellule staminali mesenchimali[3]. Attualmente, infatti, è in corso MESEMS [4], l'unico studio di fase II internazionale condotto su un alto numero di persone con SM (circa 160), che si concluderà nel 2016. Per ora ne è stata arruolata la metà: 75, di cui 27 in Italia (più che in tutti gli altri paesi coinvolti). “Ad oggi il trattamento appare sicuro nel breve periodo: non si è, cioè, verificato alcun evento avverso importante”, dice Antonio Uccelli, neurologo e ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica dell'Università di Genova, coordinatore dello studio internazionale  che ha ricevuto dal 2012 un finanziamento da parte di FISM di oltre 1 milione di euro. È l'unico dato che si può anticipare, dal momento che si tratta di uno studio randomizzato in doppio cieco, e nessuno sa chi ha ricevuto le cellule staminali mesenchimali e chi il placebo.

Il primo obiettivo del trial è dimostrare la sicurezza del trapianto di queste cellule; il secondo è invece quello di cominciare a verificarne l'efficacia nell'essere umano. “Gli studi preclinici ci mostrano che le cellule staminali mesenchimali svolgono un'azione di immunomodulazione: sono cioè in grado di modulare la risposta autoimmune dell'organismo, spegnendo l'infiammazione che causa il danno neurologico. Altri dati preliminari ci dicono che potrebbero anche promuovere un'azione di protezione nei confronti delle cellule neuronali e, forse, stimolare una funzione neuro-riparativa da parte di altre cellule”, spiega Uccelli.

Si tratta quindi di un ecosistema complesso e “intelligente”, in cui le cellule staminali mesenchimali reagiscono agli stimoli dell'ambiente infiammato e rilasciano dei fattori trofici che, a loro volta, modificano il comportamento dei neuroni. “Tutte queste informazioni ci dicono – una volta di più – che bisogna intervenire quando il danno non è ancora irreversibile: dove la malattia sta progredendo rapidamente e vi sono alti livelli di infiammazione, ma le strutture nervose non sono ancora degenerate. Non è possibile far rigermogliare un albero – cioè un neurone – che non è più in vita”, sottolinea con forza il neurologo.

Il progetto in sintesi
Il progetto MESEMS è un trial internazionale di fase 2, realizzato in doppio cieco, multicentrico. Si basa sulle evidenze dimostrate nei modelli animali di sclerosi multipla, che  fanno supporre che le cellule staminali mesenchimali (cellule multipotenti, che hanno cioè la capacità di differenziarsi in altri tipi di cellule, vengono estratte dal midollo osseo della persona stessa) possano avere una duplice funzione nella terapia della SM. Il progetto si basa sull’ipotesi che le mesenchimali possano ragionevolmente spegnere il processo infiammatorio e l’autoaggressione delle cellule immunitarie contro la struttura del sistema nervoso centrale. D’altro canto questa ricerca si  propone  di verificare se possano rilasciare fattori utili alla sopravvivenza e possibilmente alla riparazione del tessuto danneggiato dalla malattia.

I pazienti coinvolti
Lo studio includerà circa 160 persone. Sino ad ora sono stati reclutati 75 pazienti, di cui 27 in Italia. I pazienti che hanno ricevuto le due fasi di trattamento i sono ad oggi circa 20. Il costo del preparato si aggira sui 10 mila euro per singolo paziente.

Cellule staminali neurali: l’Italia in pole position
L'Italia è stata la prima a puntare sulle cellule staminali neurali per il trattamento della SM. Ma gli stessi ricercatori del San Raffaele di Milano che solo dieci anni fa erano pionieri in questo campo non avrebbero mai immaginato di arrivare, in così poco tempo, a questo punto: a considerare oggi il trapianto delle staminali neurali come a una possibile opzione terapeutica da sperimentare. I tempi sono infatti maturi per iniziare i primi studi sull'essere umano. Non è ancora possibile stabilire con certezza quando questo succederà, perché le cellule staminali neurali sono molto complesse e costose da “produrre”, ma i tempi si stanno accorciando sensibilmente. Il gruppo di ricercatori milanesi ha, infatti, recentemente raggiunto un accordo con una struttura no-profit autorizzata dall’AIFA alla produzione di cellule staminali – i.e. Laboratorio di Terapia Cellulare ‘Stefano Verri’ dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza – per produrre le cellule di cui sopra. “Una grande opportunità, visto che in tutto il mondo ci sono solo pochissime strutture, per lo più di tipo profit, in grado di produrre cellule staminali neurali in condizioni GMP (Good Manufacturing Practice) ”, spiega Gianvito Martino, direttore  della Divisione di Neuroscienze dell'Ospedale San Raffaele di Milano che ha ricevuto dal 2007 un finanziamento da FISM di 1 milione di euro. “In questi ultimi mesi abbiamo concluso positivamente i test di tossicità delle linee cellulari di staminali neurali da noi ottenute ed abbiamo completato il trasferimento tecnologico della procedura al laboratorio destinato alla produzione di queste cellule: stiamo quindi procedendo bene e rapidamente – continua Martino – ma è fondamentale comunque essere cauti, rispettare tutti gli step necessari per garantire gli elevati standard di qualità – simili a quelli previsti per i farmaci – che la produzione di cellule staminali richiede. Cellule ‘malprodotte’ possono essere estremamente pericolose poiché possono dare luogo a pericolosi effetti collaterali tra cui infezioni e, anche, tumori”. A prescindere dalle difficoltà legate alla loro produzione, è convinzione comune che valga la pena, a questo punto, valutare la sicurezza e la potenziale efficacia terapeutica di queste cellule. “Gli studi pre-clinici condotti finora ci dicono che le cellule staminali neurali una volta iniettate possono svolgere un'azione terapeutica molteplice ed efficacie; possono, infatti, sia prevenire il danno sia promuoverne la sua riparazione”.  

Attualmente il suo gruppo di ricerca è anche impegnato nello studio delle staminali neurali derivate da cellule della pelle (le cosiddette staminali pluripotenti indotte, iPS) di persone con SM, una nuova ricerca finanziata da FISM. “Anche queste cellule, una volta trapiantate nell’animale da laboratorio, rilasciano fattori trofici che non solo proteggono dal danno gli oligodendrociti ancora in vita ma, soprattutto, li inducono a produrre nuova mielina (la sostanza che protegge le fibre nervose e che viene distrutta dalla malattia, ndr.)”, dice Martino. Inoltre, “una volte ottenute dal paziente stesso queste cellule staminali indotte possono anche essere studiate in laboratorio per capire meglio quali sono i meccanismi patogenetici che sono allo base dello sviluppo della malattia nell’uomo”, conclude Martino.

Tabella. Finanziamenti complessivi FISM sulle cellule staminali

Cellule staminali ematopoietiche: circa 810 mila euro

Cellule staminali neurali: circa 1,58 milioni euro

Cellule staminali mesenchimali: circa 2,84 milioni euro

 

TOTALE: circa 5,2 milioni

 

[1] Le cellule staminali ematopoietiche vengono prodotte dal midollo osseo e si differenziano nelle cellule del sangue (i globuli rossi e bianchi e le piastrine). Generano anche il sistema immunitario: è per questo che il loro trapianto è considerato una possibile terapia per le malattie autoimmuni.

[2] Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche è una massiccia terapia antinfiammatoria che ha l'obiettivo di resettare il sistema immunitario. Non può, però, avere una attività neuro-rigenerativa. La sua efficacia è proporzionale al livello di infiammazione: questo è il motivo per cui si dimostra più efficace nelle forme remittenti-recidivanti che in quelle progressive.

[3]Le cellule staminali mesenchimali sono cellule multipotenti, che hanno cioè la capacità di differenziarsi in altri tipi di cellule (in particolare in cellule dell’osso, della cartilagine e del tessuto adiposo). Sebbene alcuni ricercatori abbiano osservato che in vitro possono differenziarsi anche in cellule nervose, la maggior parte degli studi ha dimostrato che questo non avviene in maniera significativa dopo la somministrazione nell’essere umano.

[4] È un progetto di eccellenza finanziato Aism, partito nel 2011. Coinvolge nove nazioni: l'Italia (con 4 centri: Genova, Milano, Verona e Bergamo), Francia, Spagna, Inghilterra, Danimarca, Svezia, Canada, Australia e Svizzera.