Dalla prima pubblicata nel 1997 ad oggi sono state condotte diverse ricerche. Una revisione ripercorre i risultati del trapianto autologo di midollo osseo per il trattamento della SM
Le cellule staminali hanno la capacità di svilupparsi in altre cellule con funzioni speciali, come le cellule nervose nel cervello o le cellule muscolari del cuore. Questa caratteristica è alla base delle ricerche che si sono sviluppate anche nell’ambito della SM: le staminali, infatti, potrebbero essere in grado di riparare i danni del sistema nervoso o regolare il sistema immunitario affinché non si verifichino più nuove lesioni tipiche della patologia.
Lo studio Autologous Bone Marrow Transplantation for the Treatment of Multiple Sclerosis, pubblicato sulla rivista Current Neurology and Neuroscience Reports (2014, 14:478) è una revisione condotta sulle ricerche pubblicate sul trapianto autologo di midollo osseo (cellule staminali ematopoietiche) a partire dal primo studio pubblicato nel 1997 per un totale di 23 studi pubblicati. Nel 1998, sulla base dagli studi svolti, si è tenuta a Milano una conferenza per discutere e creare alcune linee guida per le ricerche condotte sul trapianto di cellule staminali ematopoietiche (Hematopoietic Stem Cell Transplantation = HSCT).
Il trapianto è una procedura di per sé aggressiva e particolare e prevede diverse fasi di trattamento, in primo luogo le cellule staminali vengono raccolte dalla persona con SM. Successivamente vengono poi congelate e conservate e alla persona viene somministrata chemioterapia ad alto dosaggio e, talvolta, anche la radioterapia per sopprimere il sistema immunitario. Infine le cellule staminali vengono scongelate e iniettate nella persona da trapiantare, dove si moltiplicano e rigenerano il sistema immunitario.
Tra gli effetti positivi del HSCT nelle persone con SM presentati nei diversi studi, gli autori della presente revisione hanno evidenziato i seguenti:
a) La maggior parte degli studi ha evidenziato che nei due anni seguenti al trattamento il punteggio EDSS era meno probabile che aumentasse, inoltre per la maggior parte delle persone il punteggio rimaneva lo stesso di quello valutato appena prima del trattamento. Ciò ha suggerito che il trapianto potrebbe prevenire la progressione della disabilità a breve termine, ma attualmente sono disponibili pochi studi per verificare se tale risultato possa essere confermato nel lungo termine.
b) Il trattamento era maggiormente efficace nelle persone con una forma di SM recidivante-remittente, con una durata di malattia breve e un punteggio EDSS più basso.
La revisione ha inoltre sottolineato i seguenti rischi ed effetti collaterali del trattamento HSCT:
- Riattivazione della malattia che causa un peggioramento dei sintomi della SM,
- Sepsi (infezione sistemica) e infezioni del tratto urinario,
- Riattivazione del virus varicella-zoster, causando herpes zoster e herpes simplex.
- Sviluppo di malattie autoimmuni, principalmente tiroidite autoimmune.
- Neoplasie, tra cui la leucemia.
Infine va ricordato anche un altro rischio importante e cioè quello della mortalità correlata al trattamento, che considerando i diversi studi era compreso tra 2,7% e 20%. Recenti analisi suggeriscono invece che il rischio di morte è attualmente sceso a 1,3% (circa 1 persona su 100 trattate). Tale riduzione della mortalità sarebbe dovuta ai cambiamenti realizzati nel modo in cui le persone vengono selezionate per la partecipazione agli studi ed anche a variazioni nei protocolli di procedura utilizzati.
In riferimento agli effetti a lungo termine la presente analisi ha trovato che solo quattro studi hanno fornito dati e informazioni sugli effetti a lungo termine e la sicurezza del trapianto. A causa delle differenze nelle caratteristiche dei partecipanti, metodi di trattamento e modi di valutare i risultati gli autori hanno trovato che era molto difficile confrontare i risultati degli studi direttamente e trarre conclusioni definitive.
In conclusione l’analisi delle pubblicazioni scientifiche condotte sull’HSCT nella SM dimostra che grazie ai progressi delle conoscenze e dei cambiamenti nel trattamento HSCT negli ultimi 10 -15 anni, tale trattamento è più sicuro di quanto lo fosse nel 2000.
I risultati suggeriscono che l’utilizzo del HSCT può ridurre l'infiammazione, ridurre il numero di ricadute e rallentare la progressione della disabilità. Gli autori suggeriscono che il trapianto potrebbe essere considerato un trattamento per le persone con SM che sono resistenti ad altri trattamenti. Tuttavia, essi affermano inoltre che la necessità di un trattamento HSCT dovrà essere rivalutata rispetto anche ai nuovi trattamenti farmacologici che verranno autorizzati nei prossimi anni.
Current Neurology and Neuroscience Reports (2014, 14:478)
Autologous Bone Marrow Transplantation for the Treatment of Multiple Sclerosis
Marta Radaelli, Arianna Merlini, Raffaella Greco, Francesca Sangalli, Giancarlo Comi, Fabio Ciceri e Gianvito Martino