I risultati mostrano che il farmaco emergente, un anticorpo monoclonale umanizzato, è efficace nel ridurre il tasso di ricadute e la formazione di nuove lesioni. Ma non ha effetti sulla progressione della disabilità
Recentemente la rivista New England Journal of Medicine ha pubblicato i risultati di uno studio clinico sulla sclerosi multipla recidivante-remittente (SM-RR) chiamato DECIDE, nel quale i ricercatori hanno confrontato l'efficacia del farmaco daclizumab con quella dell’Interferone beta-1a (IFNbeta-1a).
Nel complesso, daclizumab è risultato un farmaco più efficace nel ridurre il tasso di ricaduta e il numero di nuove lesioni in persone con SM recidivante-remittente rispetto all’IFNbeta-1a. La sua frequenza di somministrazione, che è solo una volta ogni quattro settimane (mentre l’Interferone beta-1a (IFNbeta-1a) viene somministrato una volta a settimana) permette di garantire una buona compliance al trattamento e una buona qualità della vita. Tuttavia, daclizumab non sembra ridurre significativamente il rischio di progressione della disabilità, che rimane ancora una grande sfida nella SM.
Gli anticorpi monoclonali riconoscono e si attaccano a specifiche proteine prodotte dalle cellule e lavorano in modo differente a seconda della proteina target. Il daclizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega alla molecola CD25 e modula la via di segnale della IL2, le cui anomalie sono state riscontrate nella patogenesi della SM e di e altre malattie autoimmuni.
Daclizumab HYP versus Interferon Beta-1a in Relapsing Multiple Sclerosis.
Kappos L, et al. N Engl J Med. 2015 Oct 8;373(15):1418-28. doi: 10.1056/NEJMoa1501481
Fonte: MSIF