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17/10/2018

''Il digitale deve essere a servizio delle persone''

La tecnologia è uno strumento potente che deve essere usato per migliorare la vita delle persone con SM. Senza troppi entusiasmi ma neanche troppe paure. Un grande neurologo ne ha parlato durante il convegno Ectrims  di Berlino

 

‘Big data e digital medicine’ sono stati i temi al centro del congresso 34° congresso dell’European Commitee for the Treating and Research on Multiple Sclerosis (Ectrims) che si è tenuto dal 10 al 12 ottobre a Berlino. È l’appuntamento che tutti i massimi esperti di questa malattia neurologica si danno ogni anno, per discutere le ultime scoperte scientifiche e gli avanzamenti nel trattamento delle diverse forme.

 

«I big data hanno un impatto incredibile sia nella fase di sperimentazione sia in quella della clinica e le tecniche di analisi e manipolazione dei dati sono ormai essenziali per comprendere la mole di informazioni che ci vengono dalle nuove tecniche con cui guardiamo alla biologia sistemica della sclerosi multipla», ha sottolineato Reinhard Hohlfeld, presidente del congresso durante la cerimonia di apertura.

 

Dell'impatto che le nuove tecnologie hanno e avranno sempre più in futuro sulla ricerca nella sclerosi multipla ha parlato anche Alastair Compston, professore emerito di Neurologia all’Università di Cambridge in Gran Bretagna, uno degli scienziati che maggiormente ha contribuito alla conoscenza della SM. Il suo intervento di apertura del congresso – dal titolo Multiple sclerosis in the digital age: seeing through a glass darkly - ha voluto mettere l’accento sulle grandi possibilità che l’intelligenza artificiale e il digitale danno a medici e persone, ma allo stesso tempo sui possibili rischi che comporterebbe affidarsi in maniera acritica alla forza della tecnologia.

 

 

Il digitale ci pone davanti a vantaggi e pericoli. «I primi sono molto evidenti, sotto gli occhi di tutti», ha sottolineato Compston. «Pensiamo alle persone che a causa della malattia non possono muoversi o comunicare con l’esterno: grazie alla tecnologia e alle soluzioni digitali la qualità di vita di queste persone può migliorare notevolmente». Ma anche la ricerca può beneficiare, e in parte già ha iniziato a farlo, della potenza di calcolo e di archiviazione di informazioni che viene dalle nuove tecnologie.

 

 

Nell'edizione appena conclusa di ECTRIMS, AISM con la sua Fondazione ha esposto un poster per illustrare le principali conquiste della ricerca scientifica promossa negli ultimi dieci anni. Un'occasione importante per evidenziare il ruolo di AISM nell'orientare, promuovere e finanziare la ricerca che ha un impatto concreto sulla vita delle persone con sclerosi multipla. Un focus del poster è inoltre dedicato ai tre capisaldi della strategia gloable dell'Associazione, la pubblicazione della Carta dei diritti delle persone con SM nel 2014, l'Agenda della SM 2020 lanciata nel 2015 e il Barometro della SM, che ogni anno fotografa la situazione della SM in Italia.

 

«Abbiamo ancora molto da imparare sulla natura della sclerosi multipla e dobbiamo ancora lavorare alla ricerca di trattamenti più efficaci», ha detto Compston. «E non si sono dubbi che la tecnologia può accelerare l’acquisizione della conoscenza e quindi lo sviluppo di nuovi processi e prodotti. E questo è davvero un beneficio tangibile per le persone». Compston e il suo gruppo di ricerca, per esempio, lavorano con altri team allo studio della genetica della sclerosi multipla e per farlo devono analizzare una mole imponente di dati. L’International Multiple Sclerosis Genetics Consortium, per esempio, raccoglie i campioni di DNA di migliaia di persone con SM dallo studio dei quali è stato possibile individuare oltre 220 varianti genetiche associate con la malattia. O ancora, pensiamo al progetto EDMUS, che vuole riunire i database di tutti i Paesi europei: ad agosto 2018 erano custoditi, schedati e analizzati oltre 310mila casi provenienti da 17 nazioni diverse. Dallo studio di questi dati i ricercatori traggono informazioni fondamentali sulla malattia. 

 

AISM la sua Fondazione FISM e l'impegno nell'ambito del data sharing

Da diversi anni la nostra Associazione è consapevole che il futuro della ricerca scientifica passa anche attraverso la condivisione dei dati utili alla scoperta di nuove soluzioni per la sclerosi multipla. Per questo ha messo in campo una serie di iniziative d'avanguardia. Nel 2013 è stato avviato il progetto di Network Italiano di Neuroimaging (INNI), che si propone di realizzare un databese di neurommagini per ottimizzare l’utilizzo e la ricerca sulla sclerosi multipla con tecniche avanzate di risonanza magnetica. Questa ricerca multicentrica nazionale nasce dalla collaborazione fra 4 centri italiani: Ospedale San Raffaele, Università La Sapienza, Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”, Università di Siena). Attualmente, sono presenti nel database i dati di 1318 persone.
La Fondazione Italiana Sclerosi Multipla - FISM Onlus ha inoltre promosso insieme all'Università degli Studi Aldo Moro di Bari il Registro Italiano SM, che ha come finalità principali quelle di: fornire informazioni rilevanti sulla storia naturale della malattia e sulla sua evoluzione nel tempo; fornire dati epidemiologici, sociali e assistenziali; individuare fattori prognostici e studiare condizioni rare. Il database al momento comprende un totale di oltre 50.000 soggetti. Una rete di 12 assistenti di ricerca supporta la raccolta in 90 Centri Clinici presenti in 10 Regioni.
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Ma l’entusiasmo non ci deve prendere la mano, secondo il neurologo inglese. «La tecnologia è insaziabile, non è mai soddisfatta di quello che ha, non è altruistica, non vuole aiutare le persone, non ha una moralità ed una eticità intrinseca, in poche parole non è umana», ha affermato Compston. «La medicina è invece fatta di umanità, se perdiamo di vista il fattore umano rischiamo di sviluppare strumenti che non sono realizzati nell’interesse delle persone ma solo per soddisfare l’eccitazione tecnologica». Dobbiamo essere quindi entusiasti o ansiosi rispetto alle nuove tecnologie? Entrambe le cose, suggerisce il neurologo. Ma soprattutto dobbiamo essere vigili.

 

Nella foto in alto: Alastair Compston, professore emerito di Neurologia all'Università di Cambridge (UK)