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«Abbiamo aiutato le persone a vincere la paura di essere abbandonate»

Il racconto di Francesca Fossi, psicologa, che lavora per le persone con sclerosi multipla della provincia di Treviso.

14/05/2020

«In questi mesi i vissuti prevalenti delle persone con SM sono stati di paura – racconta Francesca Fossi, psicologa presso la Sezione AISM di Treviso - . Non tanto per la possibilità di contrarre il virus, perché le persone che sento stanno molto state attente a seguire le disposizioni e sono rimaste rigorosamente in casa. Però tante persone hanno vissuto una seria paura dell’abbandono da parte della rete socio-sanitaria che le segue. Per questo, appena è stata dichiarata la pandemia e sono state sospese le attività di gruppo in Sezione, confrontandoci con il Consiglio Direttivo della Sezione abbiamo deciso da subito di dare alle persone la possibilità di non sospendere i colloqui psicologici, ma di utilizzare alcune piattaforme che consentono la video chiamata. Il 90% delle persone che seguivo ha accettato in maniera attiva la proposta; altre non sono riuscite a utilizzare i mezzi tecnologici, o perché troppo anziane o perché non avevano internet a casa, o anche perché a casa non avevano la giusta privacy per svolgere un colloquio con me».

 

Ecco un altro volto di quello che hanno vissuto le persone con SM nei mesi di lockdown: la paura di essere abbandonate, di restare sole con i propri problemi.

«E allora – continua Francesca Fossi – è sembrato importante tranquillizzare le persone sul fatto che potevano sempre contattare attraverso le e-mail, il telefono tanto me quanto i medici che le seguono. Chiaramente è una modalità emotivamente più distanziante, ma ha aiutato tantissimo a mantenere i contatti. C’è stato chi non si sentiva bene, chi ha avuto ricadute, chi stava facendo uno cambio terapeutico che ha dovuto sospendere o interrompere, chi doveva iniziare la terapia e se l’è vista posticipare. Andare regolarmente al Centro SM per la visita ha anche il potere di tranquillizzare rispetto al controllo della patologia. Se tutto slitta, è umano sentirsi destabilizzati e andare in crisi. A poco a poco, stiamo capendo che tutto questo avrà una fine; non sarà tutto e subito come prima, ne usciremo, anche se per diverso tempo dovremo imparare a convivere con il Coronavirus, oltre che con la SM, ad usare molti accorgimenti e mantenere le distanze sociali».

 

La professione di una psicologa la porta dentro le storie, i volti, la carne, le emozioni delle persone. E le persone, sempre, coinvolgono, ingaggiano, non sono solo discorsi.

«Mi ha coinvolto molto – confida la dottoressa Fossi – l’incontro con una donna cui è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Avere la diagnosi apre sempre una fase fortemente critica. Oggi ancora di più. Lei ha avuto la diagnosi ai primi di febbraio e aveva da poco iniziato una terapia iniettiva. Purtroppo è riuscita ad andare solo una volta in Ospedale a fare educazione terapeutica con le infermiere, poi le hanno consigliato di non andare più, l’Ospedale non era più un posto sicuro. E lei si è trovata a dovere continuare a fare la sua terapia da sola a casa. È entrata in crisi, si è sentita un po’ abbandonata: “mi hanno fatto la diagnosi, dato il farmaco, e ora sono da sola e nessuno mi sta aiutando”.

 

Non è facile iniziare un farmaco per la SM nelle condizioni in cui siamo. Così abbiamo iniziato a lavorare sulle sue risorse, sul fatto che ce la poteva fare, anche se sarebbe stato più complicato di come se l’era immaginato. Abbiamo anche concordato che avrebbe potuto contattare telefonicamente o via Skype le infermiere per farsi supportare durante le iniezioni. Lei lo ha fatto, loro sono state disponibili e supportive e questa cosa ha funzionato. Poter mantenere il contatto è stato fondamentale sia per la terapia sia per sentire che qualcuno c’era sempre, che non era sola, con la diagnosi di una malattia imprevedibile, senza potere sentire nessuno proprio nel momento successivo alla diagnosi. Credo che non lasciare nessuna persona da sola con la propria sclerosi multipla sia un po’ il mandato di AISM».

 

 

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Questa storia fa parte di una serie di storie, un “giro” d’Italia di racconti  per ‘condividere’ cosa significhi vivere l’emergenza sclerosi multipla nel tempo dell’emergenza Coronavirus. 

Per trasformare poi le nostre storie individuali in una storia nuova per tutti, #insiemepiù forti  vuol dire anche “DONA ORA”. Diciamolo, a tutte le persone con cui siamo in contatto: donare ora ad AISM trasforma la debolezza in forza, l’emergenza in un nuovo inizio.