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La vita con la sclerosi multipla come una maratona: la sfida di Eric e Silvia

Nella Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla la storia di due persone di Barcellona, la mamma con SM e il figlio, che corrono maratone in giro per il mondo: il movimento mondiale della sclerosi multipla va di corsa e ama vivere fino in fondo. Ha sfide da vincere e le vince.

30/05/2024

 

«Mi chiedono, a volte, se non rimpiango la vita di prima. Se non mi spiace non poter più fare la parrucchiera. Ma no. La mia vita è da oggi in avanti. Non importa chi sono stata, conta chi sono e sarò». 
Silvia Roldàn Balsalobre, 60 anni, vive a Barcellona. Ha la sclerosi multipla da 25 anni e da alcuni può muovere solo la testa.

Eppure quando le chiediamo qual è l’ingrediente che non deve mai mancare nella sua giornata, con lucidità e positività, risponde guardando al suo domani, senza rimpianti per quello che è stata, dicendoci col suo spagnolo limpido, che per lei conta più di tutto «l’allegria del quotidiano. È fondamentale. La mia vita è da qui in avanti. Tutto quello che chiedo è essere circondata da persone simpatiche, di bella gente (“guapa”), allegra, positiva, affettuosa, con cui ci aiutiamo».


Suo figlio Eric, che parla benissimo l’italiano, è un maratoneta. Un giorno ha chiesto alla mamma, che lo andava a vedere al traguardo delle sue gare: “Vieni a correre con me”? E quello che sembrava se non impossibile perlomeno improbabile, è accaduto: lui spinge la carrozzina, lei si gode «il vento in faccia e il tifo della gente».

 

Oggi è la Giornata Mondiale della sclerosi multipla, Eric. Voi avete visto il mondo correndo: qual è la maratona che più vi ha emozionato?

«Abbiamo fatti quasi quaranta corse, insieme – dice Eric- Quella che più ci ha fatto dire “wow” è stata la Maratona di Londra, mai visto tante persone ai bordi a incitarci. Ma la maratona del cuore, quella dove ci siamo sentiti a casa nostra con le persone, è stata a Milano, con gli amici dell’AISM che ci hanno accolto e fatti sentire come a casa. Per noi la maratona non è solo una corsa, sono incontri, persone, vita speciale. Torneremo a Milano anche nel 2025», promette.

 

C’è chi tra noi ama correre, magari per 10 o 20 minuti. Ma correre una maratona, non è per molti! Sembra incredibile che ci si riesca spingendo una carrozzina.
«Mi piace allenarmi, andare in palestra, correre e andare in bici: se ho questa grande sfida con lei modifico un po’ l’allenamento, provo un altro passo, che ho imparato a tenere con lei: un conto è correre da solo e un conto è correre con lei. Però, se corro spingendo mia mamma allora la forza e l’energia che sento è diversa. Non corro con le gambe, in questo caso, ma col cuore e con la testa. Correre la maratona o la mezza maratona non è una quasi più una fatica: sentire il tifo della gente che ci sostiene ai bordi della strada, essere lì con mia mamma che mi parla e grida di soddisfazione, è come una benzina che toglie sforzo».

 

Silvia_Eric_Maratona_Milano_024


Da quanti anni hai la sclerosi multipla, Silvia?
«Da 25 anni». 

 

E come va adesso?
«Da cinque anni circa il mio corpo è stabile, non va meglio, non peggiora».

 

Immagina il mondo come una grande tavola, Eric: qual è l’ingrediente che non deve mai mancare nella vita di un figlio, come te, che ha una mamma come Silvia, e di tutte le persone con sclerosi multipla e dei loro familiari?
«La positività e l’amore. Se vedi la mamma sempre ogni mattina svegliarsi con il sorriso, mai la vedrai senza. Pensare positivo, pensare a quello che possiamo fare meglio e bene è l’ingrediente. E poi l’amore: siamo positivi perché ci amiamo».

 

Se magicamente, per un minuto, Silvia potesse cucinare per te, cosa vorresti che ti preparasse, oggi, Eric?
«Io amo la pasta. Mamma era speciale nel preparare la paella. E poi faceva un brodo di carne e verdura meraviglioso».

 

L’amore dà sapore a ogni minuto ma non toglie le difficoltà che la sclerosi multipla porta nella vita, con la sua imprevedibilità e i suoi mille sintomi. Eric, quali sono le cose difficili delle tue giornate?
«Non sono problemi, sono limitazioni: non possiamo tenere il ritmo degli altri, se vogliamo fare qualcosa ci serve un po’ più tempo. Mi piacerebbe tanto uscire con mamma alle 10 del mattino e tornare quando vogliamo. Questa libertà un po’ ci manca, non possiamo averla. Però è solo un limite del tempo: se vogliamo uscire o fare un viaggio dobbiamo svegliarci un po’ prima». 


E per te, Silvia, quali sono le difficoltà che affronti ogni giorno e come le superi?
«Ho il massimo livello di disabilità, posso muovere solo la testa. Difficile pensare che non abbia problemi: se devo lavarmi o vestirmi ho bisogno che qualcuno lo faccia per me.  Dipendo per tutto dalle altre persone. I problemi ci sono, però – aggiunge sorridendo – c’è una soluzione per tutto» ( e guarda Eric).

 

Quale la frase che ti dà più carica? Quale la sua frase che ti dà invece fastidio, che non vorresti sentirle dire?
«Quando mi dice: “sai che ti amo, figlio mio”, è la cosa più bella che posso sentire da lei. Invece non mi piace tanto ascoltare, quando magari facciamo un viaggio o usciamo insieme, se mi chiede se lei è un problema per me. Lei non sarà mai un problema per me. Ma lei è così, se le piace chiedermelo, me lo farò andare bene e le dirò di no, che non mi pesa. Mi spiace, invece, che non possa abbracciarmi mai: ma lo posso fare io».

 

E tu Silvia: quali sono le parole che più ti piace sentirti dire da Eric? 
«Me gusta quando mi dice: “siamo pronti, andiamo!”».

 

Qual è il podio delle emozioni che provate correndo insieme? A quali emozioni dareste la medaglia alla fine della corsa?
Silvia: «La libertà. È la prima e più grande delle emozioni che vivo correndo con Eric. E poi amo la gente intorno, il rapporto con le persone. Queste le cose che mi danno emozioni forti».
Eric: «Per me, l’orgoglio per quello che facciamo insieme, la soddisfazione e la felicità, questo correre insieme mi fa felice».

 

Silvia_Eric_Duomo_MIlano_024

 

Cosa è per voi la felicità? 
Silvia: «Per me felicità è quando tutto intorno a me funziona bene, quando tutte le persone, la mia famiglia e gli altri, non hanno problemi, li hanno risolti e sono felici. Se sono felici gli altri, sono felice anche io. Non ho bisogno di tante cose per essere felice, ma di sapere che le persone intorno a me sono felici. Allora lo sono anche io».
Eric: «A me basta vederla sorridere, essere contenta e allora sono felice anche io. Stare insieme mi rende felice».

 

In Italia, il 31 maggio, AISM andrà alla Camera dei Deputati a parlare dei diritti delle persone con sclerosi multipla, a dieci anni dalla pubblicazione della Carta dei Diritti voluta e scritta direttamente dalle stesse persone con SM e dai loro familiari. Voi in Spagna, Eric, che diritti e che supporti avete per consentire a Silvia e alle persone come lei di vivere la miglior vita possibile?
«Mia mamma ha due persone ogni giorno, una la mattina per 5 ore, e una per 3 ore al pomeriggio quando mio papà e io non siamo a casa. Più una persona viene il sabato mattina. E anche gli ausili, la sedia a rotelle è passata dallo Stato, noi non dobbiamo pagare niente per averla».

 

Da poco la Spagna ha abolito dalla Costituzione la parola “descapacidad”, handicap. Anche in Italia una normativa recente impone di togliere per sempre la parola handicap e handicappato dalle norme e di sostituirla con “persone con disabilità”. Contano le persone o le parole per parlare di loro? Che ne pensi, Silvia, di questi cambiamenti?
Silvia: «Me gusta. Con una parola come “descapacidad” gli altri ti “appartavano”, ti isolavano un poco. Ora questa parola nuova mi piace, non mi è mai piaciuto che ci etichettassero, c’è meno distanza con gli altri»

 

AISM sta lavorando, insieme a tanti altri esperti e rappresentanti delle istituzioni, a una legge per i caregiver, per le persone che sostengono le persone con disabilità. Tu Eric, insieme a papà, sei sempre disponibile per fare vivere a mamma Silvia una vita di valore: può servire anche una legge che supporti voi che sostenete 24 ore su 24 una persona con grave disabilità?
«Per me è una necessità: un familiare non ha scelto di avere un futuro in cui dovrà occuparsi sempre di un’altra persona ed è giusto che abbia un sostegno dallo Stato per poter fare una vita normale e non solo una vita dedicata all’assistenza 24 ore su 24. I miei genitori hanno dovuto cercare, impegnarsi, fare fatica per orientarsi, chiedere come potevano fare per avere l’aiuto che hanno. Dovrebbe essere normale una migliore informazione e un po’ di aiuto per fare una vita normale. Molte persone che hanno avuto una diagnosi da poco chiedono a mia mamma come ha fatto per avere i supporti che ha».

 

In Italia la Giornata della Sclerosi Multipla ha tre cuori, tre centri: le persone, i diritti e la ricerca scientifica. Voi oggi cosa chiedereste ai ricercatori?
Silvia: «Io personalmente ho partecipato a diversi studi clinici per farmaci innovativi: ho provato tutto quello che i medici mi hanno proposto. Ora il mio corpo è stabile, né peggiora né migliora. E, visto che non ci sono farmaci adatti alla mia situazione, ho smesso di prenderne. So che non potrò stare meglio e, come tutti, prima o poi morirò, ma sono sicura che prima che io venga a a mancare si troverà la soluzione per la sclerosi multipla.  Ho fiducia nella ricerca con le cellule staminali. E poi ho sentito che stanno avanzando soluzioni per affrontare il problema della disabilità fisica: una cosa molto importante».