Emanuela Santoro vive a Galatina, in provincia di Lecce. Dopo la diagnosi di SM si è iscritta alle liste del collocamento mirato ed è stata chiamata subito: “prima ero sempre precaria, ora ho trovato un lavoro stabile. Mi hanno riconosciuto tutti i diritti e soprattutto lo hanno fatto con il sorriso. Un diritto con il sorriso fa tutta la differenza del mondo”. La sua storia e i suoi messaggi.
04/10/2022
«Sei un mio collega?». La nostra chiacchierata comincia così. Emanuela Santoro vuole sapere se siamo colleghi. Io, in realtà, sono un po’ tardo e domando cosa intende. Mentre lo dico, prima che Emanuela risponda, capisco: il nostro ‘reddito di colleganza’ sarebbe quello di avere entrambi la sclerosi multipla. Ma ormai è tardi per ritirare la domanda sciocca. La risposta arriva puntuale: «io poco più di un anno fa ho ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla. Non è stato un momento di chiusura, anzi mi sono aperta ancora di più. Ho pensato: “non è una condanna a morte, posso conviverci”. Ho preso la diagnosi con positività. Non sono mai stata depressa, neanche per un minuto. Sono spesso arrabbiata, intrattabile, questo sì. Ma la rabbia è sempre andata insieme alla voglia di vivere, che anzi è esplosa e non si è ridotta dopo la diagnosi. Tu?»
Eccoci, stiamo disegnando il nostro posto nel mondo. Solo chi ha la sclerosi multipla può capire fino in fondo una persona con la sua stessa diagnosi. Ma anche chi non ha la sclerosi multipla può percorrere la stessa strada, farsi compagno di viaggio, condividere un’emozione e un sogno. Viviamo tutti dello stesso desiderio di essere noi stessi fino in fondo.
E tutti noi, donne e uomini, con sclerosi multipla e senza sclerosi multipla, cerchiamo il nostro spazio di realizzazione (anche) nel lavoro.
Emanuela ha trovato lavoro, si può dire, grazie alle leggi che tutelano i diritti delle persone con sclerosi multipla e agli amici che si è fatta nei gruppi Facebook.
«Quando ho iniziato a cercare colleghi di SM, su Facebook in tanti mi hanno consigliato di iscrivermi nelle liste del collocamento mirato. Io, dopo tutte le visite del caso, l’ho fatto. E sono stata chiamata quasi subito da una multinazionale, Concentrix, che ha aperto a Lecce una sede per il “customer care”, la gestione dei clienti di una grande azienda della telefonia italiana. Prima ero sempre stata una lavoratrice precaria, anche perché per noi donne, almeno al sud, non è facile trovare un lavoro e tantomeno un lavoro sicuro. Ora, grazie al collocamento mirato, ho trovato un lavoro stabile».
Ma non è questo il punto fondamentale: anche se un lavoro stabile è una grande conquista, quella che conta di più per Emanuela è un’altra.
«Soprattutto -sottolinea - mi piace raccontare che mi sono stati subito riconosciuti tutti i diritti legati alla mia condizione, come per esempio i 30 giorni di permesso all'anno per curarmi, fare le analisi del sangue, le risonanze, le infusioni della terapia che seguo. Inoltre ho avuto da subito la possibilità di fare smartworking e rispondere ai clienti da casa. La mia scrivania comunque c’è sempre: l’azienda mi dice sempre che posso lavorare come meglio credo, se voglio andare in sede il mio posto è sempre lì ad aspettarmi. Più di tutto, comunque, vale il fatto che i miei diritti mi siano stati riconosciuti con il sorriso, senza mai farmeli pesare. Questo fa tutta la differenza del mondo».
I diritti con il sorriso sono una bella immagine.
A maggior ragione in un mondo dove la guerra contro i diritti dell’altro non è l’eccezione ma la regola, purtroppo.
Per coerenza con la forza del sorriso, a Emanuela quasi ne scappa un altro anche quando parla della sua terapia: «Avendo io diverse lesioni anche al midollo sin dalla prima risonanza, mi è stata prescritta subito una terapia di seconda linea, il Natalizumab, che si fa con un’infusione mensile. Mi ha subito entusiasmato il fatto che non comportasse effetti collaterali tranne il rischio di morire … Scherzi a parte, all’inizio questa terapia mi ha terrorizzato per il rischio di sviluppare la PML (Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva), che può essere mortale. Ma so che è una cosa veramente rara, io stessa sono costantemente monitorata e, in effetti, sto molto bene. Solo mi piacerebbe avere questa terapia in forma orale, speriamo arrivi».
Intanto, per continuare a vivere riuscendo a sorridere alle proprie giornate, oltre al lavoro contano i familiari, gli amici e i conoscenti: «All’inizio mi guardavano tutti come se fossi stata condannata a morte. Ho detto a tutti di smetterla, di continuare a trattarmi come facevano prima di sapere che avevo la sclerosi multipla. Mi hanno preso in parola, a volte anche troppo. E allora, nei giorni no, quando la fatica si fa sentire, quando non è cosa proprio che io possa uscire la sera, lo dico senza vergognarmene e faccio quello che è giusto fare».
E poi c’è il mare. Un amico davvero speciale, per Emanuela.
«Io amo il mare. È la mia seconda terapia. Noi di Galatina siamo a metà tra Jonio e Adriatico, una ventina di chilometri e arriviamo. Appena posso, prendo l’auto e ci vado: il mare mi alleggerisce tantissimo la giornata. Un’altra terapia che non deve mancare mai nella mia giornata è l’ottimismo. Noi persone con SM così: non perdiamo la speranza, né la voglia di vivere. Nella fatica che c’è, nella preoccupazione per gli effetti collaterali della terapia, in tutto questo io ho aumentato la mia voglia di vivere e l’ottimismo: per me è una medicina essenziale».
L’ultimo pensiero di Emanuela è per AISM:
«Ho un amico dai tempi del liceo che ha la SM come me. Lui è molto impegnato anche per sensibilizzare gli altri, è attivo nella preparazione dei punti di solidarietà della Mela di AISM e della Gardensia. Ed è vero, ho scoperto anche io che l’Associazione funziona molto bene. E informa bene: quando cerco una notizia solida vado sul sito dell’AISM».
Insieme siamo sempre più forti che da soli. Insieme i nostri diritti sorridono.