Nella Giornata Internazionale della Donna, la professoressa Maria Pia Abbracchio racconta la sua lunga storia nella scienza: «il lavoro più bello del mondo, tutti abbiamo il diritto di farlo e il dovere di provarci, se ne abbiamo le capacità. Le differenze delle donne non sono un meno ma un più».
07/03/2023
Maria Pia Abbracchio è una donna riuscita: ricercatrice di livello internazionale, cura anche importanti progetti di AISM con la sua Fondazione ed è Prorettore vicario con delega a ricerca e innovazione dell’Università Statale di Milano.
«Non è stato facile arrivare fino a qui – ci racconta oggi, nella Giornata internazionale della Donna –: quando ho scelto di sposarmi e poi, durante il post dottorato negli USA, ho scoperto di essere rimasta incinta, ho avuto un periodo di forte disorientamento. Quel figlio, io e mio marito, che pure era negli USA per il suo post- dottorato, lo avevamo fortemente desiderato. Ma quando poi è diventato realtà ho avuto paura, paura di non riuscire più a essere me stessa, di non riuscire a conciliare tutti i desideri e gli obiettivi. Ma noi donne le difficoltà sappiamo e dobbiamo superarle. Sempre. Le nostre differenze rispetto agli uomini non sono un problema ma una ricchezza, per tutti».
Maria Pia racconta anche questa sua storia personale anche in un recente libro, “Donne nella scienza – La lunga strada verso la parità”, scritto a quattro mani con la collega Marilisa D’Amico, Professore Ordinario di Diritto costituzionale e Giustizia costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, di cui è Prorettore con delega alla Legalità, Trasparenza e Parità di Diritto.
«Nella Costituzione – ricorda – il diritto alle pari opportunità tra uomini e donne è chiaramente sancito, ma il percorso dalla norma scritta al diritto reale è stato lungo e non è ancora ultimato. Per esempio oggi è preoccupante il divario digitale tra ragazzi e ragazze: solo il 20-22% delle ragazze studia l’informatica. E oggi nella scienza è sempre più decisiva la capacità di costruire algoritmi attraverso l’intelligenza artificiale e il machine learning per interpretare la gran mole di dati scientifici e sanitari disponibili. Lo fa e lo farà sempre di più anche la nostra Associazione AISM con la sua Fondazione, e questo consentirà di curare tutti e di curare meglio, e di elaborare politiche sanitarie più giuste. Ma se gli algoritmi sono appannaggio dei soli uomini, anche senza intenzioni discriminatorie finiscono per non integrare le specificità del genere femminile che, come altre differenze, risultano invisibili, non vengono considerate».
Si appassiona sempre, Maria Pia Abbracchio, quando parla del diritto alla scienza di eccellenza che cambia la vita e la salute delle persone: «È complicato, ma tutti e tutte le ragazze hanno il diritto e il dovere di provare a diventare scienziati, se hanno talento, rigore, spirito di sacrificio. Questa è la professione più bella del mondo, è difficile trovare in altre carriere la stessa libertà, la stessa possibilità di esprimerci per quello che siamo, la stessa creatività, lo stesso senso di essere utili al progresso dell’umanità e alla vita delle persone che affrontano ogni giorno malattie impegnative. Le ragazze non devono avere paura delle difficoltà, devono sapere che gli ostacoli si possono superare e che altre prima di loro hanno provato le stesse paure».
Si appassiona sempre, Maria Pia Abbracchio, quando parla del diritto alla scienza di eccellenza che cambia la vita e la salute delle persone: «È complicato, ma tutti e tutte le ragazze hanno il diritto e il dovere di provare a diventare scienziati, se hanno talento, rigore, spirito di sacrificio. Questa è la professione più bella del mondo, è difficile trovare in altre carriere la stessa libertà, la stessa possibilità di esprimerci per quello che siamo, la stessa creatività, lo stesso senso di essere utili al progresso dell’umanità e alla vita delle persone che affrontano ogni giorno malattie impegnative. Le ragazze non devono avere paura delle difficoltà, devono sapere che gli ostacoli si possono superare e che altre prima di loro hanno provato le stesse paure».
La storia di Maria Pia Abbracchio e di Marilisa D’Amico non è diversa da quella di altre donne ricercatrici e scienziate: «A volte – aggiunge - come è successo a Rita Levi Montalcini o a Marie Curie, si arriva a vincere il Premio Nobel. Altre volte i grandi risultati che otteniamo vengono misconosciuti, come è successo a Rosalinde Franklin, la scienziata che ha fotografato per prima il DNA: non vinse mai il Nobel, come i suoi colleghi che arrivarono alla stessa scoperta dopo di lei. Per anni il suo ruolo nella scoperta non venne proprio considerato. Oppure ricordiamo Netty Stevens, che ha scoperto i cromosomi maschili e femminili: anche il suo ruolo nella scoperta è stato a lungo minimizzato».
In modo forse provocatorio, certamente d’impatto, Maria Pia Abbracchio e Marilisa D’Amico hanno messo sulla copertina del loro libro un’immagine della Barbie, la bambola più famosa della nostra epoca, per dire poi l’esatto contrario nel loro racconto: «Sono mai esistite donne scienziato? Lo chiese nel non lontano 1969 una giovane studentessa di Yale ad un consesso di professori e studenti maschi. Noi diciamo, fatti alla mano, che la nostra società deve riscoprire il ruolo potente delle donne. Maschio o femmina che tu sia, se hai una passione seguila. E questo deve essere possibile sia attraverso l’autoconsapevolezza di ogni donna e ogni uomo di averne il diritto e di poterlo esercitare, dando il meglio di sè, ma anche attraverso politiche serie che favoriscano l’accesso di tutti alla conoscenza e mettano tutti e tutte nelle condizioni di fare il lavoro per cui dimostrano talento, passione e tenacia. Come sanno bene le donne con sclerosi multipla, la diversità non deve essere fattore di discriminazione, ma fattore di rivalutazione, di attenzione alla persona, a ogni persona nella sua specificità, garantendole così le opportunità cui ha diritto e le condizioni per poter dare il proprio contributo alla società. Non solo oggi ma ogni giorno».
Maria Pia Abbracchio, con AISM e la sua Fondazione, è responsabile da diversi anni di un progetto di ricerca “brevettato” per l’identificazione di nuove molecole in grado di promuovere la riparazione della mielina danneggiata in corso di sclerosi multipla. Il progetto si intitola: «Promoting re-myelination in MS via the GPR17 receptor, a new key actor in oligodendrogenesis». Il recettore GPR17 è un nuovo target molecolare, scoperto quasi 20 anni fa dal team italiano della stessa Abbracchio, che si è dimostrato in grado di differenziare gli oligodendrociti e la riparazione del danno mielinico, ponendo le basi per lo studio di terapie innovative per la SM.