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15/09/2021

Covid-19, cellule “diverse” dietro casi gravi e asintomatici

 

La risposta all'infezione da coronavirus non è uguale in tutte le persone: cosa determina questa estrema variabilità, per cui alcuni rimangono asintomatici dopo l'incontro con il virus e altri rischiano di finire in terapia intensiva? È quanto si è chiesto un gruppo di lavoro coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) che, come racconta in uno studio da poco pubblicato sulle pagine di Plos Pathogens, fa risalire queste diverse risposte al virus (almeno in parte) a un diverso profilo immunitario e attività di alcune cellule.   

 

Le cellule oggetto dello studio sono le dendritiche plasmacitoidi (pDC), cellule, specializzate nel riconoscere materiali genetici virali e capaci di produrre elevati livelli di interferone di tipo I. Gli autori di questo lavoro hanno dimostrato che gli interferoni hanno un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo di infezione grave da Covid-19.

 

«Abbiamo studiato l'interazione precoce tra SARS-CoV-2 e le cellule del sistema immunitario in un modello sperimentale in vitro basato sulle cellule del sangue periferico umano e abbiamo visto che, il virus promuove un importante rilascio sia di Interferone (IFN) di tipo I e III che di citochine infiammatorie (ovvero molecole che agiscono potenziando la risposta infiammatoria), note per contribuire alla forte infiammazione osservata nella COVID-19», ha spiegato Eliana Coccia dell’ISS, a capo dello studio: «È stato interessante osservare che l’IFN di tipo I, rilasciato dalle pDC, è in grado di stimolare la risposta antivirale nelle cellule epiteliali polmonari infettate da SARS-CoV-2».

 

Queste cellule possono mostrare differenti caratteristiche in persone con COVID-19 di diversa gravità (sebbene il campione analizzato sia piuttosto ridotto). In particolare, i pazienti con forme asintomatiche e gravi di malattie mostrano un profilo antivirale “speculare”, spiegano gli esperti: con sostenuta produzione di IFN e sostanze che smorzano la risposta infiammatoria nel primo caso, e con bassi livelli di IFN ed un'elevata quantità di citochine infiammatorie nel secondo. Quanto osservato, concludono, spinge a guardare a queste cellule e, in particolare, all'asse sostenuto dalla produzione degli IFN come uno dei possibili punti su cui agire nella lotta al coronavirus.

 

Comprendere sempre meglio il funzionamento del SARS-CoV-2 e il suo rapporto con il sistema immunitario è di fondamentale importanza per tutti, e potrebbe fornire informazioni preziose anche per le persone con SM. AISM con la sua Fondazione, d’altra parte, ha dato vita a un'Alleanza per promuovere un’agenda di ricerca sull'impatto dell'infezione da COVID-19 nelle persone con SM che ha già prodotto una grande quantità di dati utili e verrà potenziata in futuro con nuovi studi. Per saperne di più clicca qui.

 

Referenza

Titolo: Differential plasmacytoid dendritic cell phenotype and type I Interferon response in asymptomatic and severe COVID-19 infection

Rivista: Plos Pathogens

Autori: Martina Severa, Roberta A. Diotti, Marilena P. Etna, Fabiana Rizzo, Stefano Fiore, Daniela Ricci, Marco Iannetta, Alessandro Sinigaglia, Alessandra Lodi, Nicasio Mancini, Elena Criscuolo, Massimo Clementi, Massimo Andreoni, Stefano Balducci, Luisa Barzon, Paola Stefanelli, Nicola Clementi, Eliana M. Coccia

Doi: https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1009878

 

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