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Dall'ospedale a casa: una rete di patologia per la sclerosi multipla

La cronicità della sclerosi multipla richiede una corretta interazione tra ospedale e territorio. Un obiettivo che ancora fatica a essere raggiunto a livello nazionale. Il sostegno del ministero della Salute a PDTA e Registro di malattia nazionali potrebbe favorire la sua attuazione.

lamiaagenda di Laura Pasotti - su SMitalia 3/2019

23/07/2019

 

La continuità assistenziale è uno degli obiettivi del Servizio sanitario nazionale. Di cosa si tratta? Dell’integrazione tra i professionisti coinvolti e tra i livelli di assistenza, tra ospedale e territorio. Si tratta di un’organizzazione complessa e, come raccontiamo nell’inchiesta di questo numero di SM Italia, non tutte le regioni hanno attivato un percorso di presa in carico territoriale dei pazienti cronici o con malattie complesse. Lo dicono ad esempio i dati di Cittadinanzattiva – Tribunale del malato dai quali emergono confusione, difformità e ritardi che producono disuguaglianze. E per la sclerosi multipla che cosa significa “continuità assistenziale” e a che punto siamo con la sua attuazione in Italia? La SM è una patologia cronica che, durante il suo decorso, è caratterizzata da diverse fasi, con una varietà di sintomi e che tende ad accumulare disabilità. Se in una prima fase c’è una maggiore necessità di intervento e cura a livello ospedaliero per la diagnosi, la terapia, i farmaci, man mano che la malattia progredisce servono sempre più interventi di carattere sociale, sanitario, territoriale. Ne sono esempi l’assistenza domiciliare integrata e la riabilitazione che, in buona parte, si sviluppano in servizi territoriali e strutture esterne all’ospedale. «Un tempo, e in alcune realtà ancora oggi è così, l’approccio alla sclerosi multipla vedeva due situazioni distinte – spiega Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali AISM -: la forma lieve e media in quota ospedale, mentre quella grave e gravissima in quota territorio e servizi sociali. Credo, però, che sia sempre più essenziale la continuità assistenziale fin dalla diagnosi attraverso l’interazione tra soggetti, centri clinici, medici, in modo che i dati possano viaggiare dalla clinica alle strutture che gestiranno il follow up della malattia».

 

La sclerosi multipla, per le sue caratteristiche di patologia cronico-ingravescente-degenerativa a elevata complessità, costituisce un esempio paradigmatico dell’essenzialità di integrare la presa in carico tra ospedale e territorio combinando gli approcci e le prestazioni più squisitamente sanitarie a quelli socio-assistenziali. «La SM si caratterizza da periodi di acuzie seguiti da altri di remissione – spiega Giampaolo Brichetto, fisiatra e ricercatore presso il Servizio riabilitativo AISM Liguria – e questi ultimi non devono essere sottovalutati ma vanno monitorati. Ed è qui che il territorio deve essere presente». Allo stesso modo la continuità è importante nelle forme progressive in cui non ci sono periodi di acuzie e di remissione, ma una lenta e controllabile progressione della disabilità, «il cui monitoraggio va fatto sul territorio, ad esempio con la riabilitazione, considerata da decine di studi una delle poche armi a disposizione».

 

Conta molto evitare ospedalizzazioni forzate o ricoveri impropri e fare in modo che la persona possa ricevere sul territorio di residenza servizi e cure appropriate. AISM porta avanti una battaglia perché non è sufficiente concepire una rete ma serve garantire servizi standard, risposte articolate, dappertutto. C’è ancora tanto da fare.

 

LA PECCA PRINCIPALE DELLA SANITÀ

 

Pur essendo l’obiettivo a cui guardare anche per il futuro della sanità, la continuità assistenziale fatica ad affermarsi, non solo per la SM. «Come evidenziato nel Barometro della SM 2019, la gestione dei servizi territoriali e il livello di integrazione con le reti ospedaliere risulta, in termini generali, fortemente disomogenea sul territorio nazionale, con accentuate differenze riscontrabili anche all’interno delle stesse regioni non solo tra il Nord e il Sud del Paese – dice Bandiera – Gli stessi flussi amministrativi relativi alle prestazioni fornite dai servizi territoriali in regime domiciliare, ambulatoriale, residenziale e semiresidenziale, inclusi quelli relativi all’area riabilitativa, risultano fortemente carenti e, non a caso, oggetto di una specifica priorità individuata dal Patto per la salute 2014-2016 e confermata nella proposta di un nuovo Patto per la Salute in discussione in questi giorni». 

 

La frammentazione del Paese per ciò che riguarda la continuità assistenziale è confermata anche da Brichetto che sottolinea, però, l’eccezione della Liguria. «L’Italia è estremamente frammentata, ci sono esperienze diverse non solo da regione a regione ma anche all’interno della stessa regione – afferma Brichetto – La Liguria può essere considerata un esempio virtuoso con una forte continuità tra ospedale e territorio dato che i Centri SM sono connessi con il territorio rappresentato da AISM che è fornitore di servizi riabilitativi, anche a domicilio. In altre regioni questo tipo di continuità non è garantita». Che cosa significa? Vuol dire che la persona con sclerosi multipla deve individuare in modo autonomo le strutture che possono prenderla in carico, sempre che ci siano. «Negli ultimi anni la situazione è migliorata anche grazie al lavoro dell’Associazione che ha lavorato insieme al ministero della Salute e alle Regioni per realizzare i PDTA, i Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali – continua Brichetto – Vero è che i PDTA vanno poi applicati e questo non sempre avviene».

Tra i trattamenti e le cure che più spesso soffrono della mancanza di continuità assistenziale ci sono la riabilitazione, l’attività ultraspecialistica di definizione e prescrizione degli ausili e la presa in carico del neodiagnosticato che ha esigenze riabilitative inferiori ma ha bisogno di counseling, ad esempio, sulle abitudini di vita e sullo sport da praticare per contenere l’avanzamento della malattia, «risposte che si dovrebbero trovare sul territorio e che, spesso, non ci sono».  Questa difficoltà ha anche un risvolto economico: spesso le attività sul territorio non sono in convenzione e la persona deve pagarle di tasca propria. Senza contare che chi non trova le risposte e non fa, ad esempio, la riabilitazione avrà una disabilità maggiore e, di conseguenza, un maggiore costo sociale. Anche la capacità di mantenere un lavoro a tempo pieno ne è influenzata.

 

IL RUOLO DI AISM

 

Nella realtà della sclerosi multipla i problemi sono più frequentemente legati a una resistenza o inerzia nell’evoluzione dei modelli organizzativi e dei processi, a difficoltà nel combinare l’approccio ospedaliero tipicamente centrale nella gestione degli episodi acuti con le nuove sfide dettate dalla cronicità, al livello non sempre adeguato degli operatori del territorio rispetto a una condizione come la SM che richiede elevate competenze specialistiche o alla difficoltà di integrazione dei dati tra ospedale e territorio per la scarsa interconnessione e interoperabilità dei sistemi informativi. Per superare questi ostacoli AISM si sta impegnando per ottenere a livello nazionale, ad esempio, per il riconoscimento di una Rete di patologia ai sensi del DM 70 del 2015. Di cosa si tratta? «La Rete di patologia non è la sommatoria di unità neurologiche ma qualcosa che combina soggetti e funzioni diverse come riabilitazione, farmaci, risonanza magnetica, aiuto domiciliare, medici, in un unico processo in grado di governare la SM in modo più appropriato e razionale – spiega Bandiera –: al suo interno il network dei Centri clinici deve essere strettamente integrato con le reti riabilitative, le strutture e i servizi del territorio». L’obiettivo è razionalizzare i costi, rendendo il servizio più sostenibile e, al tempo stesso, dare risposte ai pazienti che non devono essere costretti a viaggiare tra strutture e servizi a sé stanti. Ma anche per fare in modo che la sclerosi multipla rientri tra le patologie per le quali è prevista specifica attenzione all’interno del Piano nazionale della cronicità. «Dobbiamo fare in modo che anche la sclerosi multipla rientri nella sperimentazione di questi modelli integrati – ha concluso Bandiera – A oggi la SM non è inclusa nel piano e il nostro impegno è fare in modo che lo sia».

 

Attraverso i PDTA regionali (sono 15 quelli dedicati alla sclerosi multipla attualmente attivi), poi, si può fare in modo che la persona con SM stia all’interno della rete non come spettatore ma come protagonista di un percorso di cura coerente con il suo progetto di vita. «Conta molto evitare ospedalizzazioni forzate o ricoveri impropri e fare in modo che la persona possa ricevere sul territorio di residenza servizi e cure appropriate con tutto ciò che comporta in termini di qualità della vita - continua Bandiera – Alcuni territori però sono scoperti di servizi e necessitano di formazione. AISM porta avanti una battaglia perché non è sufficiente concepire una rete ma serve garantire servizi standard, risposte articolate, dappertutto. C’è ancora tanto da fare perché questi modelli siano effettivi e i livelli essenziali di presa in carico socio-sanitaria siano garantiti a livello nazionale».

 

DAL TERRITORIO

 

L’Emilia-Romagna ha adottato nel 2015 un documento di indirizzo per l’assistenza integrata delle persone con sclerosi multipla rivolto alle aziende sanitarie. Sono circa 8 mila le persone con SM in regione, con una incidenza di 185 ogni 100 mila abitanti. A differenza di altre Regioni, l’Emilia-Romagna ha cercato di mantenere un Centro SM per ogni ambito aziendale ovvero per ogni capoluogo di provincia. «Il Centro è in ambiente ospedaliero ma ha una organizzazione di tipo ambulatoriale – spiega Salvatore Ferro, Servizio assistenza ospedaliera – Direzione generale cura della persona, salute e Welfare della Regione – Si trova in ospedale per garantire la sicurezza dei pazienti: alle persone con SM, infatti, possono essere somministrati farmaci “disease-modifying” che rallentano la progressione della patologia ma hanno effetti collaterali importanti. Tutti gli interventi però sono fatti in regime ambulatoriale o day service, limitando il ricovero alle eventuali complicanze».

 

In questa organizzazione come si inserisce la continuità assistenziale? «Una volta che la persona con SM ha ricevuto la diagnosi, il Centro SM avrà la necessità di interagire con i servizi territoriali per garantirle tutti i servizi di cui ha bisogno, dalla riabilitazione agli ausili, dall’adattamento dell’ambiente domestico fino all’assistenza domiciliare, per vivere nel suo ambiente – continua Ferro – E in alcune realtà della nostra regione ci sono Case della salute che si sono adoperate, attraverso lo specialista neurologo, per il follow up delle persone con sclerosi multipla in prossimità del luogo di residenza». Il Centro SM entra di nuovo in gioco nelle fasi di riacutizzazione della malattia, mentre nella gestione degli aspetti concreti della vita quotidiana la persona con SM si rivolge alla Casa della salute per la gestione e il coordinamento dei servizi per la fase della cronicità. «La Casa della salute dunque deve garantire il follow up periodico per valutare la progressione e le necessità emergenti e, in caso di riacutizzazione, rinviare la persona al Centro SM per un’eventuale rivalutazione diagnostico-terapeutica – spiega Ferro – È la struttura che si frappone fra il domicilio della persona e il Centro SM». Non mancano però le difficoltà, «ci sono aziende che hanno già formalizzato PDTA, mentre altre che ancora non lo hanno fatto – conclude Ferro – C’è chi è più avanti e chi ancora indietro». L’Emilia-Romagna ha anche istituito un Osservatorio regionale sulla SM a cui partecipano le associazioni di pazienti «che permette di raccogliere le istanze delle persone e migliorare il percorso».

 

IL PDTA NAZIONALE E IL REGISTRO DELLA SM

 

Superare le frammentazioni di processo, integrare le competenze, ripensare i modelli organizzativi in modo creativo e con una prospettiva di reale innovazione. Sono le sfide per il futuro sia per AISM sia per l’intero sistema sanitario, «così facendo si possono migliorare le risposte di salute, riducendo gli sprechi, le inefficienze, le diseconomie – dice Bandiera – ovvero assicurando l’universalismo e la qualità della salute per tutti i cittadini in un quadro di effettiva sostenibilità». 
Un enorme passo avanti è rappresentato dal sostegno da parte del ministero della Salute – come annunciato dalla ministra Giulia Grillo al Congresso FISM - al PDTA nazionale per la SM che assicuri su tutto il territorio italiano il diritto a percorsi integrati di presa in carico per tutte le persone con sclerosi multipla e al Registro nazionale di malattia che sappia combinare i dati amministrativi e quelli clinici e fornire le evidenze dei dai su cui sviluppare la programmazione. Che cosa cambierà? Secondo Brichetto questa decisione va nella direzione del modello su cui AISM ha lavorato a livello locale e regionale, «ma averlo sotto l’egida del ministero ha una valenza diversa rispetto a quanto può fare l’Associazione da sola».