Uno studio di fase II pubblicato online sulla rivista Neurology condotto su questa molecola somministrata per via orale avrebbe evidenziato i potenziali effetti neuroprotettori
Nel 2007 il dottor Frederick Barkhof dell'università di Amsterdam e i suoi colleghi avevano anticipato durante l’ECTRIMS alcuni risultati interessanti riguardanti l’utilizzo del farmaco ibudilast, conosciuto anche come MN-166, nell’ambito del trattamento della SM; ora hanno pubblicato i risultati di una sperimentazione di fase II sulla rivista Neurology (versione online).
Tale molecola in compresse, prodotta dalla MediciNova Inc, è un farmaco antiinfiammatorio che agisce come inibitore delle fosfodiesterasi ed è in grado di svolgere diverse funzioni nell’ambito dei meccanismi della risposta infiammatoria, come per esempio sopprimere la produzione di citochine pro-infiammatorie (IL-1beta, TNF-alfa) e aumentare quella di citochine anti-infiammatorie (IL-4, IL-10). Tale trattamento è in uso in Giappone e Corea del Sud per il trattamento dell’asma e malattie cerebrovascolare.
Nello studio pubblicato online l’ibudilast è stato somministrato per via orale a 271 persone con SM recidivante-remittente e 21 persone con un forma secondariamente progressiva di SM ma che avevano anche delle ricadute. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi, due dei quali in trattamento con ibudilast a basso e alto dosaggio (30 o 60 mg) e il terzo con placebo per un periodo di 12 mesi. Infine ai partecipanti è stata offerta la possibilità di continuare il trattamento con il farmaco nel corso di una fase di studio condotta in aperto* per altri 12 mesi.
L'obiettivo primario dello studio era verificare l’attività del farmaco sulla formazione di nuove lesioni valutate con risonanza magnetica dopo i 12 mesi di trattamento. Gli obiettivi secondari includevano invece il tempo trascorso perché si verificasse una nuova ricaduta e il numero complessivo di ricadute. Inoltre i ricercatori hanno valutato variazioni della scala EDSS a 12 e 24 mesi, perdita di tessuto cerebrale di volume, analisi delle immagini T1, per evidenziare la presenza dei “buchi neri”** che indicano la perdita delle fibre nervose. Rispetto a quanto verificato nei primi studi pilota condotti su tale molecola, il trattamento in questione nel presente studio non ha ridotto il numero di ricadute o l’attività di malattia (formazione nuove lesioni), come ci si aspettava, ma è risultato svolgere un’attività di tipo neuroprotettivo. Infatti l’utilizzo di MN-166 è stato associato ad una riduzione significativa della perdita di volume del tessuto cerebrale in un anno e una significativa riduzione dei cosiddetti buchi neri.
Gli effetti collaterali più frequentemente riscontrati nei gruppi trattati con il farmaco erano disturbi gastrointestinali, mentre in tutti i gruppi si sono verificati infezioni respiratorie, mal di testa, infezioni del tratto urinario e nausea.
In un editoriale che accompagnava l'articolo, il dottor Robert Fox della Cleveland Clinic Foundation ha commentato la necessità di ulteriori studi per confermare questi risultati; sul suo sito web dell'azienda produttrice MediciNova si legge invece l’intenzione da parte dell’azienda stessa di non intraprendere nuove sperimentazioni per la SM fino a quando non vi sarà un’altra azienda disponibile a collaborare allo sviluppo ulteriore di questa molecola.
*studio aperto: studio clinico in cui sia i soggetti partecipanti alla sperimentazione sia gli sperimentatori sono a conoscenza del tipo di trattamento che viene utilizzato da ogni soggetto, nel quale quindi per definizione manca il placebo, e tutti vengono trattati con farmaci attivi.
**buchi neri: lesioni vecchie e le conseguenti cicatrici che appaiono come più scure rispetto al parenchima cerebrale circostante associati a disabilità permanenti.