Vivere con la sclerosi multipla al tempo del Coronavirus vuol dire moltiplicare il senso di precarietà. «Non lasciamo sola nessuna persona con SM, adesso più che mai». Voce pacata, toni fermi. Bruna, Presidente della sezione di Varese, è da tre settimane in prima linea nella “trincea” della Lombardia.
24/03/2020
Prima che il resto d’Italia si rendesse conto di quanto era seria la questione del Coronavirus, qui già si doveva agire con urgenza: «abbiamo dovuto cercare di tutelare insieme la salute e la relazione, dobbiamo restare vicini alle persone tenendo le distanze». Le persone, come sempre in AISM, vengono prima. Prima di ogni altra questione – e ce ne sono tante, in gioco – Bruna parla di loro, delle persone con SM con cui la Sezione è in contatto.
«Linda (nome di fantasia) ha la SM e due figli piccoli. Sulla sua pagina in Facebook ha raccontato che in questi giorni ha avuto un vero e proprio attacco di panico, come quando le era morto il padre. Guardando i suoi bambini, ancora piccoli, non è riuscita a reggere la doppia incertezza imposta dalla SM e dal Coronavirus. C’è un senso di precarietà che ci attanaglia tutti, se hai la SM e dei figli piccoli l’urto può essere devastante. Poi ieri Linda ha cambiato il profilo, con l’immagine di un grande albero in fiore e dei suoi due bambini quasi protetti e incoraggiati da quel fiorire. È un’immagine di futuro: dobbiamo reagire per loro, per i nostri figli. Possiamo alzare lo sguardo, ma non abbassare la guarda: Linda sta invitando tutti, con forza, a #restareacasa, anche per rispetto di tutte le persone che, non per scelta, vivono una situazione di immunodepressione» .
Il racconto di Bruna continua senza soluzione di continuità e ora arriva alle fatiche delle persone con SM che hanno un lavoro, con un senso di precarietà che si espande a macchia d’olio: «poi stiamo condividendo la vicenda di doppia emergenza di un’altra persona con cui la Sezione tiene i contatti: la sua azienda prima l’ha obbligata a continuare il lavoro, anche in condizione di grande esposizione al pubblico e quindi di pericolosità; poi a un certo punto è arrivata all’improvviso una comunicazione che obbligava tutti a usufruire di tutte le ferie disponibili e, insieme, l’annuncio di una futura cassa integrazione. Non il massimo, per stare il più possibile sereni. E poi le domande di chi non sa come stare a casa dal lavoro: se sei immunodepresso devi stare a casa, ma non c’è nulla che dica, oggi, che il datore di lavoro deve tutelarti. C’è da noi una persona con SM che ha ricevuto subito dal proprio medico di base un certificato di malattia per restare a casa e ce ne sono altre che se lo sono viste negare, sentendosi abbandonate a se stesse in una situazione già faticosa. Un altro caso, ancora: una persona con SM impegnata in associazione aveva una piccola azienda edile e faceva piccoli lavori in campo edilizio. Dopo la diagnosi di SM l’attività era già andata calando, non riusciva più a gestire le richieste cui un’azienda deve rispondere. Così viveva di contratti e lavoro più occasionali. Nel frattempo è arrivata una cartella esattoriale impegnativa e, in attesa di capire se potrà rimandare il pagamento, l’emergenza Coronavirus ha dato l’ultimo colpo: “se prima potevo sperare di trovare un lavoro e uscirne ora per me che sono disoccupato diventa tutto tremendamente più difficile. Sono fermi anche quelli che mi chiamavano”, ci ha detto in questi giorni».
Magari possiamo tenere duro qualche settimana e pensare in positivo che poi tutto ripartirà.
«Sì, è vero, è quello che ci siamo detti anche in Sezione. Ora tutte le attività di gruppo sono sospese, non abbiamo potuto vivere l’esperienza di Benvenuta Gardensia, ma siamo tutti carichi, pronti a ripartire e a mettere in campo nuovi slanci e nuove iniziative. Intanto, facciamo di tutto per tenerci vicini alle persone, non solo con un contatto ma proprio con una relazione viva».
E di nuovo, dopo una breve tregua, come quando non smette di piovere forte, nelle parole di Bruna prendono la parola altre persone ancora, altre storie, altre emergenze nell’emergenza:
«A volte già con la SM uno si sente un po’ precario con la sua esistenza e impossibilitato ad avere troppe certezze per il futuro, ora l’incertezza del Coronavirus fa esplodere ulteriormente stati d’animo già complicati. Penso anche a una coppia che già come Sezione supportiamo. Entrambi hanno la SM. Lei aveva un impiego, ora non può più lavorare. Intanto lavora solo lui, che ha un negozio. Prima i clienti si sono ridotti, ora l’ha dovuto chiudere per l’emergenza Coronavirus. Avevano un mutuo avviato sulla casa e già vivevano in una situazione di precarietà economica. Ora, con l’emergenza, la precarietà economica è diventata ancora più acuta».
Dobbiamo sperare che il tempo sia breve e che, dopo che la necessità di fermarci, si possa accelerare per ripartire. Insieme, senza lasciare indietro nessuno. Intanto, possiamo chiedere a tutte le persone che conosciamo, ai nostri concittadini, di continuare a sostenere AISM, a garantire all’associazione tutte le risorse necessarie per continuare a supportare le persone con SM, ovunque vivano.
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Questa storia fa parte di una serie di storie, un “giro” d’Italia di racconti per ‘condividere’ cosa significhi vivere l’emergenza sclerosi multipla nel tempo dell’emergenza Coronavirus.
Per trasformare poi le nostre storie individuali in una storia nuova per tutti, #insiemepiù forti vuol dire anche “DONA ORA”. Diciamolo, a tutte le persone con cui siamo in contatto: donare ora ad AISM trasforma la debolezza in forza, l’emergenza in un nuovo inizio.