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18/06/2014

Newsletter MSIF - news dalla ricerca (maggio 2014)

 

7 Maggio

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Trattamento con daclizumab per la SMRR
Lo studio SELECTION è l’estensione dello studio clinico SELECT, il primo trial randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo con utilizzo come trattamento attivo del daclizumab high-yield process (HYP), dato a persone con SM recidivante remittente. Il daclizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato e una prima analisi ha mostrato che la sua somministrazione per 52 settimane riduce l’attività di malattia. L'obiettivo primario dello studio di estensione SELECTION era quello di valutare la sicurezza e l'immunogenicità di un trattamento prolungato con daclizumab HYP. L'obiettivo secondario era valutare la durata dell'effetto del trattamento con daclizumab HYP sull'attività malattia. Le persone che avevano ricevuto placebo nello studio SELECT sono state randomizzate (1:1) a ricevere 150 mg o 300 mg per via sottocutanea di daclizumab HYP ogni quattro settimane per 52 settimane (gruppo di inizio trattamento); quelli che avevano ricevuto Daclizumab HYP sono state randomizzate (1:1) per continuare la loro dose precedente con o senza un periodo di sospensione (washout) di 20 settimane. La bronchite è stata l'unica grave infezione riportata che è stata risolta con un trattamento standard. Undici persone (2%) avevano concentrazioni di alanina aminotransferasi o aspartato aminotransferasi cinque volte superiori al limite del valore normale, fatta eccezione per un caso di grave epatite autoimmune, in cui non si può escludere un ruolo contributivo di daclizumab HYP, e per alcuni eventi cutanei gravi in sei persone (orticaria, eczema, pitiriasi rubra pilari, dermatiti), il farmaco è stato ben tollerato e sicuro. Riduzioni di attività di malattia clinica e radiologica nelle persone sono state mantenute anche nel secondo anno di trattamento con daclizumab HYP. L'attività di malattia alla fine del periodo di washout era simile al periodo di pre-trattamento, senza evidenza di aumento sopra i livelli basali. La ripresa del trattamento ha efficacemente ripristinato gli effetti farmacodinamici e ridotto l'attività di malattia.
Daclizumab high-yield process in relapsing-remitting multiple sclerosis.
Giovannoni G, Gold R. Lancet Neurol. 2014 May;13(5):472-81. doi: 10.1016/S1474-4422(14)70039-0. Epub 2014 Mar 19.

 

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Valutazione dei riflessi del tronco cerebrale nella SMRR
In questo studio, finanziato dalla FISM, i ricercatori hanno analizzato se la sensibilità diagnostica degli esami clinici, dei potenziali evocati e della risonanza magnetica (RM), possano essere migliorati aggiungendo la valutazione dei riflessi vestibolo-masseterino (VMR), acustico-masseterino, (AMR), vestibolo-collico (VCR) e trigemino-collico (TCR). Sono state analizzate 60 persone con SM recidivante remittente (SMRR). Le persone sono state sottoposte a valutazione clinica, neurofisiologica e risonanza magnetica entro due settimane e sono stati sottoposti alla registrazione dei riflessi del tronco cerebrale (BSR). Il quadro neurologico è stato quantificato con i punteggi EDSS e del sistema funzionale di Kurtzke. Le scansioni RM sono state acquisite con un sistema Superconduttore a 1.5 Tesla, tramite acquisizioni FLAIR globale e regionale, T2, STIR, carico lesionale T1 e T1 captante il gadolinio e sono stati valutati con un metodo semi-quantitativo, sia per comparti sopratentoriali-cerebellari che per il tronco encefalico. Sono stati registrati potenziali evocati multimodali dei segnali visivi, del tronco encefalico uditivo, e somatosensoriali (stimolazione del nervo mediano, stimolazione del nervo tibiale). La valutazione dei riflessi del tronco cerebrale consisteva nella registrazione di VMR e AMR dei muscoli masseteri, e di VCR e TCR dei muscoli sternocleidomastoidei. I risultati indicano che l'uso accoppiato delle batterie BSR / EP è associato ad una precisione di rilevamento di disfunzione del tronco cerebrale, con sensibilità significativamente superiore a quello ottenuto con procedure cliniche e RM insieme. Questa scoperta supporta i precedenti risultati di discrepanze tra i dati neurofisiologici ed i dati ottenuti con analisi cliniche e di risonanza magnetica. Possono esistere lesioni demielinizzanti al di sotto della soglia di rilevazione dell’esame clinico e di risonanza magnetica convenzionale. Questo sottolinea il valore di tali test nel rilevare lesioni silenti. Al contrario, lesioni sottili che appaiono alla RM o producono un’evidenza clinica di coinvolgimento del tronco cerebrale, ma sono localizzati in aree cerebrali non critiche per la generazione e / o trasmissione sinaptica del segnale elettrico, sono talvolta insufficienti a produrre anomalie di conduzione neurofisiologiche.
Exploring brainstem function in multiple sclerosis. Magnano I, Pes GM.. Clin Neurophysiol. 2014 Mar 25. pii: S1388-2457(14)00166-7. doi: 10.1016/j.clinph.2014.03.016. [Epub ahead of print]

 

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Diagnosi e classificazione della neuromielite ottica
La neuromielite ottica (NMO), è una malattia immunitaria del sistema nervoso centrale, che colpisce principalmente il midollo spinale e i nervi ottici. La NMO è più frequente nelle donne rispetto agli uomini, con una predominanza femminile generalmente maggiore di quella osservata nelle persone con SM. Anche l’età di esordio media è più alta rispetto a quella della SM, con una media tra i 35-45 anni. I casi di NMO sono più frequenti in aree geografiche di popolazioni non-caucasiche, soprattutto nei paesi asiatici. Nel 2004 il dottor Lennon e collaboratori avevano descritto la presenza di autoanticorpi IgG (NMO-IgG) nelle persone con NMO, che non erano presenti nelle persone con SM. Il target di questo autoanticorpo NMO-IgG era la proteina canale dell’acqua acquaporina 4 (AQP4). Le alterazioni patologiche attribuite alla NMO si verificano soprattutto nel midollo spinale, nel nervo ottico e, in misura minore, nel cervello. La patogenesi si verifica con danno agli astrociti mediato dal complemento, cascata di infiltrazione leucocitaria, morte degli oligodendrociti e danni alle cellule neuronali. Il risultato è la necrosi delle principali cellule del sistema nervoso centrale che spiega lo scarso recupero e i principali deficit neurologici. I criteri diagnostici per la NMO rivisti da Wingerchuk e colleghi nel 2006, definiscono la NMO come una neurite ottica consistente e una mielite acuta, con due su tre aggiuntivi di supporto che comprendono lesioni longitudinalmente estese del midollo spinale, risonanza magnetica del cervello che non soddisfa la diagnosi di SM, e sieropositività per la NMO. La sieropositività IgG-NMO predice le ricadute  e la conversione a NMO nelle persone con neurite ottica ricorrente ed un singolo attacco un singolo attacco di mielite trasversa longitudinalmente estesa. Lo studio mostra che la neuromielite ottica sieropositiva è diversa dalla malattia sieronegativa sia clinicamente che epidemiologicamente, con una forte predominanza nelle donne, una frequente associazione con altre malattie autoimmuni, attacchi più frequenti e gravi, e maggiore carico lesionale nel midollo spinale .Se la malattia sieronegativa rappresenti una SM ottico-spinale o rifletta una diversa patogenicità nella NMO, come la miastenia grave sieronegativa, è ancora sconosciuto.
Diagnosis and classification of neuromyelitis optica. Drori T, Chapman J. Autoimmun Rev. 2014 Apr-May;13(4-5):531-3. doi: 10.1016/j.autrev.2014.01.034. Epub 2014 Jan 11.

 

12 Maggio

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Studio con risonanza magnetica della morfologia delle lesioni nella SMRR e nella SMPP
In questo studio i ricercatori hanno analizzato la frequenza, la morfologia e la distribuzione della patologia focale della sostanza bianca e grigia nelle persone con SM primariamente progressiva (SMPP) versus le persone con SM recidivante remittente (SMRR) attraverso risonanza magnetica (RM) ad alto campo (sistema RM a 7 Tesla whole body), per stabilire se appaiono diverse. Sono state analizzate 9 persone con SMPP e 9 con SMRR. Le immagini sono state analizzate da due osservatori esperti che erano in cieco rispetto ai dati clinici. Le lesioni sono state caratterizzate dalla loro morfologia (vena centrale, bordo ipointenso), dall’aspetto (ovoidale, circolare, trapezoidale, a forma di complesso, o confluente) e dal diametro massimo. Si è tenuto conto anche di: numero delle lesioni,  forma, posizione o distribuzione spaziale. Il risultato che una vena centrale è spesso visibile nelle lesioni SMPP e SMRR è in linea con i precedenti studi di risonanza magnetica ad altissimo campo e precedenti reperti istologici, suggerendo che l'infiammazione perivascolare svolge un ruolo fondamentale in entrambe le forme di SM. Non sono state osservate differenze tra SMPP e SMRR per quanto riguarda il conteggio delle lesioni, la forma, la posizione o la distribuzione spaziale. Tuttavia, il diametro delle lesioni era significativamente più grande nella SMRR. Tuttavia, lo studio è stato limitato dalla bassa numerosità del campione.
Identical lesion morphology in primary progressive and relapsing-remitting MS - an ultrahigh field MRI study. Kuchling J, Ramien C. Mult Scler. 2014 Apr 29. [Epub ahead of print]

 

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Studio RESTORE sull’interruzione del trattamento con natalizumab nella SM
RESTORE è uno studio clinico esplorativo randomizzato, parzialmente controllato con placebo, che ha valutato l’attività di malattia della sclerosi multipla durante 24 settimane di interruzione del trattamento con natalizumab. L’obiettivo dello studio è stato quello di esplorare il corso di attività di malattia e gli effetti sulla farmacocinetica, farmacodinamica e parametri immunitari in persone con SM sottoposte a interruzione della terapia con natalizumab fino a 24 settimane confrontate con persone che continuavano la terapia. Ha, inoltre, valutato gli effetti di terapie alternative in caso di interruzione di natalizumab e dopo la ripresa del trattamento con natalizumab. Le persone con SM in trattamento con natalizumab sono state randomizzate in tre bracci di trattamento nel rapporto 1:1:2, come segue natalizumab/placebo/terapie immunomodulanti alternative (interferone b-1a, glatiramer acetato o metilprednisolone). Sono state arruolate un totale di 175 persone che, alla visita di inizio studio, hanno tricevuto uno standard di 300 mg di natalizumab per infusione. A partire dalla quarta settimana, le persone randomizzate a placebo o natalizumab hanno ricevuto infusioni ogni quattro settimane fino alla 24esima settimana, in doppio cieco. I soggetti randomizzati ad altre terapie che hanno scelto l'interferone b-1a (IM IFN-b-1a) o glatiramer acetato (GA) hanno ricevuto la loro prima somministrazione il giorno zero; mentre quelle che hanno scelto metilprednisolone (MP) hanno ricevuto infusioni ogni quattro settimane a partire dalla dodicesima settimana. Valutazioni cliniche, di risonanza magnetica (RM) e di laboratorio, sono state effettuate ogni quattro settimane durante il periodo di trattamento randomizzato a partire dalla settimana zero, al momento di sospette ricadute, e alla visita finale. Alla 28esima settimana, le persone hanno ripreso le infusioni in aperto di natalizumab e hanno interrotto il trattamento con placebo o con altre terapie.I partecipanti sono stati seguiti successivamente per altre 24 settimane, concludendo lo studio alla settimana 52.
La malattia si è ripresentata in una grande percentuale di persone dello studio RESTORE che hanno interrotto il trattamento con natalizumab. Le valutazioni di sicurezza erano generalmente coerenti con il profilo di rischio segnalato per ciascuno dei rispettivi prodotti commercializzati, in particolare per natalizumab. L’interruzione del trattamento con natalizumab ha provocato l’insorgenza di attività della malattia in RM fin dalla 12esima settimana, e di attività di malattia clinica fin dalle settimane 4-8 dopo l'ultima dose di natalizumab. Le ricadute sono anche state osservate durante i primi 1-3 mesi. Nello studio RESTORE, l’inizio del trattamento con GA dopo l'ultima dose di natalizumab e di MP mensile a partire dalla 12esima settimana dopo l'ultima dose di natalizumab non sembra essere efficace nella soppressione della malattia, rispetto al trattamento continuato con natalizumab.
The RESTORE trial: What did we learn about multiple sclerosis? Karceski S. Neurology. 2014 Apr 29;82(17):e155-7.

 

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Studio ADVANCE sull’efficacia del peginterferon beta-1a nella SMRR
I ricercatori hanno riportato i risultati primari delle prime 48 settimane (controllate con placebo) dello studio clinico di fase 3 ADVANCE, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia del peghinterferon beta-1a somministrato alla dose di 125 μg una volta ogni due o quattro settimane. Le persone hanno ricevuto o il farmaco o il placebo ogni due settimane per mantenere la cecità dello studio. Sono state sottoposte a valutazioni neurologiche standardizzate, tra cui la scala EDSS (Expanded Disability Status Scale), allo screening, al basale, ogni 12 settimane, e al momento di sospetta ricaduta (valutata durante le visite non programmate). Le persone sono state analizzate con scansioni di risonanza allo screening, alla 24esima e alla 48esima settimana. L’endpoint primario è stato la valutazione del tasso annualizzato di ricadute alla 48esima settimana, mentre gli  endpoint secondari di efficacia sono stati il numero di lesioni iperintense nuove o di recente ingrandimento alle immagini pesate in T2 (relativo alla RM basale), la proporzione di persone con ricadute, e la percentuale di soggetti con progressione della disabilità a 48 settimane. Gli endpoint terziari di RM a 48 settimane comprendevano il numero di lesioni captanti il gadolinio, nuove lesioni T1 ipointense, e nuove lesioni attive (somma di nuove lesioni captanti il gadolinio e di lesioni T2 iperintense di recente ingrandimento), il volume di lesioni T2 iperintense di recente ingrandimento e lesioni T1 ipointense, l’ atrofia cerebrale, e il rapporto di trasferimento di magnetizzazione. 1.512 persone hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio e sono stati inclusi nella popolazione ‘intention-to-treat’.
Le ricadute erano significativamente meno frequenti nelle persone trattati con peghinterferone beta-1a rispetto a quelle trattate con placebo. I soggetti trattati con peghinterferone beta-1a avevano meno lesioni iperintense nuove o di recente ingrandimento alle immagini pesate in T2 a 48 settimane rispetto alle persone del gruppo placebo. Gli eventi negativi correlati al trattamento più comunemente segnalati sono stati le reazioni al sito di iniezione, malattia influenzali-simili, mal di testa. L'incidenza di eventi avversi gravi è risultata simile in ciascun gruppo.
Pegylated interferon beta-1a for relapsing-remitting multiple sclerosis (ADVANCE) Calabresi PA, Kieseier BC. Lancet Neurol.
2014 Apr 30. pii: S1474-4422(14)70068-7. doi: 10.1016/S1474-4422(14)70068-7. [Epub ahead of print]

 

20 Maggio

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Valutazione degli effetti dell’ interferone beta-1b in donne con SM in gravidanza
Il registro di gravidanza Betaseron (Betaseron Pregnancy Registry) è  uno studio osservazionale prospettico volontario. Sono state inserite nel registro donne in gravidanza in terapia con interferone beta-1b in qualsiasi periodo dopo il primo giorno dell’ultimo ciclo mestruale, o durante la gravidanza, ma prima di alcuno screening prenatale (ad es.: ecografia, amniocentesi). Il follow-up è continuato fino al quarto mese dopo la nascita. L’esito primario è stato il tasso di maggiori malformazioni congenite nei bambini esposti all’interferone beta-1b durante la gestazione. Analisi secondarie hanno incluso la percentuale di aborti spontanei e altri esiti negativi di gravidanza nelle donne esposte al trattamento. Il registro ha arruolato 99 donne in gravidanza, tre delle quali non sono state seguite nel periodo di follow-up. È stata valutata la percentuale di aborti elettivi, nati morti, gravidanza ectopica, morte neonatale e mortalità materna. Valutazioni infantili sono state effettuate alla nascita in 86 bambini, fino a tre mesi di età in 74 bambini e fino ai quattro mesi in 59 bambini. Si sono verificate 99 possibili nascite, che hanno compreso 86 (86,9%) bambini nati vivi, 11 (11,1%) aborti spontanei e 2 (2%) bambini nati morti. Difetti alla nascita sono stati segnalati in cinque (5,1%) casi. Entrambe le nascite di bambini nati morti si sono verificati in donne di colore con una storia di precedente aborto spontaneo e di altre patologie concomitanti che possono aver influenzato i risultati della nascita. La percentuale di aborto spontaneo osservata nel registro Betaseron (11,5%) non era significativamente differente dalla stima del 16% della popolazione generale degli Stati Uniti ed anche i tassi di difetti alla nascita e di aborto spontaneo non erano significativamente differenti da quelli della popolazione generale. Non è stato rilevato alcun problema di sviluppo durante la visita pediatrica dei quattro mesi. Non c'era alcun motivo per indicare un aumento del rischio di difetti alla nascita nei neonati o un aumento del tasso di aborti spontanei nelle donne dopo l'esposizione ad interferone β-1b durante la gravidanza. Anche le valutazioni infantili, come il peso, la lunghezza e la circonferenza della testa alla nascita, non differivano dalle stime di popolazione e il follow-up di 4 mesi infantile non ha individuato problemi di sviluppo. Tuttavia, a causa della ridotta dimensione del campione, non possono essere prese conclusioni definitive.
Final results from the Betaseron Pregnancy Registry. Coyle PK, Sinclair SM. BMJ Open. 2014 May 12;4(5):e004536. doi: 10.1136/bmjopen-2013-004536

 

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Potenziali marcatori per le fasi di ricadute e remissione nella SMRR
Questo studio si è concentrato sui microRNA-326 (miR-326) e micro RNA-26a (miR-26a), come miRNA associati ai linfociti Th17, i cui livelli di espressione sono elevati nei linfociti del sangue periferico (PBL) delle persone con sclerosi multipla recidivante remittente  (SMRR) durante la fase di recidiva a confronto con la fase remittente e con individui sani. I linfociti Th17 sono noti produttori di citochine (come IL-17, IL-21, IL-22 e GM-CSF) coinvolte in lesioni tissutali di varie malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla. La distinzione tra le due fasi di malattia è importante per l'analisi dello stato di progressione della malattia e la valutazione dell'efficacia della terapia farmacologica. Quaranta persone con SMRR, che comprendevano 20 persone in fase recidivante e 20 persone in fase remittente, sono state analizzate per otto mesi. Sono stati raccolti campioni di sangue dalle persone con SMRR e da 20 controlli sani senza malattie infettive o allergiche, per escludere che vi fossero attivazioni del sistema immunitario. Tutti i soggetti in fase di ricaduta erano casi SMRR con un grave attacco e senza alcun utilizzo precedente di farmaci immunomodulatori, mentre tutte le persone in fase remittente stavano usando il β-interferone. Tuttavia, per tutte le persone remittenti è stata considerata la somministrazione del farmaco, in modo tale che il prelievo di sangue è stato eseguito una settimana dopo l'iniezione precedente dell’interferone e appena prima dell'iniezione successiva, cioè quando la quantità di farmaco e così il suo effetto, fossero minimi. Subito dopo la raccolta dei campioni di sangue, sono stati isolati i PBL ed è stato estratto l’RNA per condurre l’analisi dei micro RNA. I livelli di espressione di miR-326 erano significativamente elevati nel gruppo di persone in fase recidivante rispetto ai soggetti in fase remittente e ai controlli sani. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata tra le persone in fase remittente e i soggetti sani. Inoltre, nessuna differenza significativa è stata osservata nei livelli di espressione di miR-326 considerando tutte le persone con SM in entrambi le fasi ) rispetto al gruppo di controllo sano. MiR-26a aveva una media di 4,5 volte superiore in fase di ricaduta sia rispetto alla fase remittente nei soggetti con SM che ai soggetti sani. Tuttavia non sono state osservate differenze statisticamente significative sia tra la fase remittente e i soggetti sani che tra tutte le persone con SM (remittenti  e recidivanti) e il gruppo di controllo sano.
Two potential markers for diagnosis of relapse and remission phases in patient with relapsing-remitting MS Honardoost MA, Kiani-Esfahani A. Gene. 2014 Apr 30. pii: S0378-1119(14)00511-3. doi: 10.1016/j.gene.2014.04.069. [Epub ahead of print]

 

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Relazione tra anomalie della sostanza bianca e atrofia della sostanza grigia nella SM
Lo scopo di questo studio è stato quello di identificare un modo per misurare le anomalie focali e diffuse della sostanza bianca che sono collegate all’atrofia del cervello totale e della sostanza grigia corticale e profonda, nella sclerosi multipla (SM) a lungo decorso. Sono stati arruolate 208 persone con SM da lungo tempo (durata della malattia ≥ 10 anni) e 60 soggetti sani di controllo. Il gruppo SM era relativamente anziano, aveva una durata media di malattia di 20 anni, ed era formato da 130 persone con SM recidivante remittente (SMRR), 53 con SM secondariamente progressiva (SMSP) e 25 con SM primariamente progressiva (SMPP). Le persone con SMSP e SMPP avevano un punteggio EDSS più altro rispetto a quelle con SMRR. È stato effettuata la risonanza magnetica (RM) a 3 Tesla e sono stati valutati: il volume normalizzato della sostanza grigia e della sostanza bianca, il volume normalizzato della sostanza grigia profonda, lo spessore corticale il volume normalizzato delle lesioni. Le persone con SM avevano un volume medio della lesione di 11,24 ml, che corrisponde ad una malattia da moderata ad avanzata. Sono state misurate l’integrità tissutale della sostanza bianca che appare normale e le lesioni, con RM con tensore di diffusore. Il volume normalizzato della sostanza grigia, il volume normalizzato della sostanza grigia profonda e lo spessore corticale erano ridotti nelle persone con SM rispetto ai controlli. Il rapporto tra atrofia della sostanza grigia e anomalie della sostanza bianca era più debole nelle forme di SM progressiva che nella SMRR. L’atrofia cerebrale totale e della sostanza grigia profonda erano dovuti in particolare all’atrofia della sostanza bianca e al volume della lesione, mentre l'atrofia corticale è stata associata con la perdita di integrità della sostanza bianca che appare normale. Il rapporto più debole tra atrofia della sostanza grigia e anomalie della sostanza bianca riscontrato nei soggetti con malattia progressiva potrebbe indicare un processo di malattia neurodegenerativa più indipendente in queste persone. L’atrofia della sostanza grigia era maggiore nelle persone con SMSP e correlava con i punteggi EDSS. Le anomalie della sostanza bianca non erano limitate alle lesioni focali, ma includevano danni diffusi al sostanza bianca che appare normale. Il grado di atrofia della sostanza grigia ha mostrato forti correlazioni con le misure di anomalie della sostanza bianca.
Gray matter atrophy in longstanding multiple sclerosis. Steenwijk MD, Daams M. Radiology. 2014 Apr 23:132708. [Epub ahead of print]

  

27 Maggio

Diagnosi, monitoraggio e biomarcatori

Fattori associati con il recupero di neurite ottica acuta nella SM
Gli obiettivi di questo studio sono stati tre: 1) identificare dei fattori che potessero essere dei predittori clinici e demografici di gravità/recupero della neurite ottica acuta (NOA) in un campione di persone con insorgenza della SM in età adulta; 2) confrontare la gravità e il recupero della NOA tra soggetti con SM pediatrica e persone con esordio della malattia in età adulta; 3) valutare l'associazione del livello di vitamina D subito dopo un attacco e la gravità/recupero della NOA.
Hanno partecipato allo studio tre gruppi di soggetti, di cui il primo gruppo era formato da 253 persone con NOA come sintomo di presentazione iniziale; il secondo gruppo comprendeva 38 soggetti con SM pediatrica o con sindrome clinicamente isolata (CIS) ed infine il terzo gruppo era composto da 101 soggetti a cui veniva prelevato un campione di siero entro sei mesi dopo ogni episodio di NOA.
Dei soggetti inclusi nello studio sono state registrate caratteristiche demografiche e cliniche e sono stati raccolti campioni di siero fino a sei mesi dopo l'attacco di neurite ottica.
Nessuna delle caratteristiche demografiche era significativamente associata con la gravità del primo attacco, mentre la gravità degli attacchi e il sesso maschile erano ciascuno indipendentemente associato con il  recupero peggiore dell’ attacco.
La maggioranza dei soggetti ha avuto un recupero completo dal primo attacco (79,8%), mentre una percentuale inferiore ha avuto una ripresa scarsa (20,2%). I gruppi di persone con SM o CIS non hanno avuto alcun effetto sulla gravità o di recupero. Per valutare se la gravità/recupero dal primo attacco era associata con la severità/recupero del secondo attacco, sono stati individuati 57 soggetti che avevano avuto almeno due attacchi. La gravità del primo attacco non era significativamente associata con la gravità del secondo attacco. Al contrario, il recupero dal primo attacco era significativamente associato con il recupero dal secondo attacco.
La gravità degli attacchi NOA, come primi sintomi, nei soggetti con SM pediatrica non era significativamente differente rispetto alla gravità nelle persone con SM ad esordio adulto. Tuttavia, il recupero della manifestazione iniziale di NOA in persone con SM ad esordio adulto era significativamente peggiore rispetto al recupero dei soggetti con SM pediatrica. Per 23 persone, l'episodio di NOA è stato il primo attacco mentre per altri 35 soggetti, l'attacco non è stato la prima ricaduta di malattia, ma è stato il primo episodio di NOA. Il livello di vitamina D, regolato in relazione alla stagione, era significativamente associato con la gravità dell'attacco, mentre non è risultato associato con il recupero dell'attacco.
Factors associated with recovery from acute optic neuritis in patients with multiple sclerosis
Authors: Malik MT, Healy BC. Neurology. 2014 May 21. pii: 10.1212/WNL.0000000000000524. [Epub ahead of print]

 

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Analisi del virus JC in persone con SM in trattamento con natalizumab
In questo studio prospettico, 26 persone con SM, che avevano iniziato il trattamento con natalizumab, sono state reclutate per analizzare il legame tra il trattamento con natalizumab e la presenza del virus JC nelle cellule linfoidi. Per isolare un numero sufficiente di cellule sia CD34+ che CD19+, sono stati prelevati 120 ml di sangue immediatamente dopo la prima infusione (livello basale) e dopo circa 3-10 mesi di intervallo nel corso delle infusioni con natalizumab. Inoltre, singoli campioni di 120 ml di sangue sono stati raccolti da 23 persone con SM sottoposti a più di 24 infusioni del farmaco e campioni di 150 ml di sangue sono stati raccolti da 18 volontari sani. Sono stati analizzati 92 campioni di DNA ottenuti dal sangue dei soggetti SM. In tredici di 26 persone con SM (50%) con campioni di sangue al basale e al follow-up, era rilevabile il DNA virale in almeno uno dei compartimenti cellulari analizzati ad uno o più tempi di prelievo. Dieci dei 23 soggetti SM (44%) che avevano ricevuto il trattamento con natalizumab per più di 24 mesi, e tre dei 18 volontari sani (17%) presentavano il DNA virale in uno o più compartimenti cellulari. Quindici dei 49 soggetti SM (31%) hanno avuto conferma della presenza del virus JC in cellule CD34 + e 12 soggetti (24%) in cellule CD19 +. Solo uno dei 18 volontari sani aveva il virus in cellule CD34 + e nessuno in cellule CD19 +. Nove persone con SM e uno dei volontari sani avevano il DNA del virus ma presentavano dei test sieronegativi per la presenza di anticorpi anti-JCV.
JC Virus in CD34 and CD19 cells in MS patients treated with natalizumab

Frohman EM, Monaco MC.JAMA Neurol. 2014 May 1;71(5):596-602. doi: 10.1001/jamaneurol.2014.63.

 

Trattamento, terapie e gestione della malattia

Utilizzo di natalizumab al terzo trimestre di gravidanza
In queste serie di casi, sono state osservate 12 donne in gravidanza e con sclerosi multipla altamente attiva trattate con natalizumab durante il terzo trimestre di gravidanza per valutare gli effetti clinici e di laboratorio del natalizumab sui neonati. La concentrazione sierica di natalizumab è stata valutata utilizzando un metodo enzimatico. Delle 12 donne trattate con natalizumab durante l’ultimo trimestre di gravidanza, 10 sono rimaste incinta durante l’assunzione. Cinque donne hanno interrotto il trattamento con natalizumab nel primo trimestre ma hanno richiesto un ri-trattamento a causa delle gravi ricadute durante la gravidanza. Le altre cinque hanno proseguito per tutta la gravidanza a causa di ricadute prima della gravidanza dovute all’interruzione di natalizumab. Tre donne aggiuntive che hanno richiesto un trattamento con natalizumab al terzo trimestre, avevano smesso la terapia con natalizumab prima della gravidanza e hanno avuto ricadute durante il primo trimestre. Tutte le donne con ricadute durante la gravidanza erano refrattarie al trattamento con steroidi ad alte dosi per via endovenosa. Le ricadute di gravidanza dopo la sospensione del trattamento con natalizumab erano gravi e, dopo la ripresa del trattamento, l'attività di malattia si è stabilizzata in tutte le donne. Anomalie di laboratorio e/o mediche sono state osservate in 11 dei 13 neonati. Anomalie ematologiche sono state trovati in 10 neonati e comprendevano anemia (n = 8) e trombocitopenia (n = 6). Una madre ha avuto una grave ricaduta che ha richiesto un trattamento intenso e il suo bambino è nato più piccolo rispetto all'età gestazionale. Un altro bambino aveva una formazione cistica nella regione caudo-talamica (potenzialmente compatibile con emorragia intracranica) rilevata mediante un ecografia di screening subito dopo il parto che non era più rilevabile alla 12esima settimane di vita. Una malformazione, in particolare un difetto del setto atrioventricolare, che aveva bisogno di un intervento chirurgico, è stata segnalata (questo bambino era stato esposto anche al valproato in aggiunta al natalizumab durante la gravidanza). Una madre ha condotto due gravidanze. Il suo primo figlio ha mostrato una anemia moderata. Gli autori concludono che il natalizumab può essere una opzione terapeutica nelle donne con sclerosi multipla altamente attiva durante la gravidanza. Si consiglia che un pediatra sia disponibile al momento della parto per valutare le potenziali complicanze di anemia e trombocitopenia nei neonati esposti a natalizumab durante il terzo trimestre.
Natalizumab use during the third trimester of pregnancy. Haghikia A, Langer-Gould A.JAMA Neurol. 2014 May 12. doi: 10.1001/jamaneurol.2014.209. [Epub ahead of print]