Con il messaggio n. 2584, INPS ha emanato le indicazioni operative per il riconoscimento della tutela previdenziale dell’assenza dal lavoro a causa della pandemia di covid-19, così come disciplinata dall’art. 26, comma 2° del Decreto Cura Italia (n. 18/2020) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020.
Da tempo attese, queste indicazioni erano state annunciate dal Consigliere Caponetto (Direttore dell’Ufficio Politiche per le Persone con disabilità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) durante il webinar organizzato da AISM durante la settimana nazionale della SM. È infatti, questo, un tema su cui AISM si è fortemente spesa assieme con FISH. Ma vediamone il contenuto.
L’importante passo in avanti compiuto da INPS consiste nell’aver dichiarato che si potrà fruire della previsione di cui all’art. 26 comma 2° anche in assenza del verbale di accertamento della condizione di handicap, ai sensi dell’art. 3, commi 1° e 3° della legge n. 104/92. Questo vuol dire che, se fino a questo momento potevano fruire dell’assenza equiparata al ricovero ospedaliero solo i lavoratori portatori di handicap grave (art. 3°, comma 3°), i lavoratori portatori di handicap lieve (art. 3, comma 1°) che fossero anche in possesso di una condizione di rischio derivante da immunodepressione ovvero da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapia salvavita, secondo le indicazioni fornite dall’Istituto ora potranno beneficiare di questa misura anche coloro che pur non avendo fatto richiesta (e ottenuto) il riconoscimento della condizione di handicap, siano però in possesso di un’attestazione di rischio da immunodepressione rilasciata dagli organi medico legali presso le Autorità sanitarie locali territorialmente competenti.
Questo significa poter prescindere dalla legge 104/92. Resta fermo ovviamente l’obbligo di invio di una certificazione telematica a opera del medico curante all’INPS per rendere giustificata l’assenza del lavoratore.
Viene specificato che il medico curante è da intendersi anche lo specialista ospedaliero che ha in cura la persona, in linea con quanto richiesto sin dall’inizio da AISM che infatti ha concordato con la SIN e con la rete dei Centri clinici un modello di certificazione utile allo scopo. Ebbene il medico curante – così inteso -dovrà avere cura, afferma l’INPS, di precisare nelle note di diagnosi del certificato di cui sopra, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del proprio paziente in modo tale da far emergere la situazione di rischio.
Oltre a ciò, il medico dovrà riportare gli estremi identificativi del verbale di legge 104 (per coloro che ne siano in possesso) ovvero gli estremi identificativi della certificazione rilasciata dagli organi medico legali presso le Autorità sanitarie locali territorialmente competenti.
Gli uffici medico legali dell’INPS potranno, ove ne ravvisino l’opportunità, chiedere al lavoratore di acquisire ulteriore documentazione per la definizione della pratica. In questo caso, in attesa dell’integrazione documentale, il certificato verrà considerato sospeso in attesa di regolarizzazione e, una volta sanata l’eventuale “anomalia”, il certificato verrà acquisito in procedura per l’erogazione della prestazione di malattia. Prestazione di malattia che, essendo equiparata alla degenza ospedaliera, prevederà una decurtazione ai 2/5 della normale indennità qualora non vi siano familiari a carico.