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«Restiamo persone, insieme»

Lucia, Consigliere della Sezione AISM di Milano, ne è convinta: «Abbiamo già affrontato un nemico invisibile come la SM, possiamo affrontare anche il Coronavirus». Quando la “debolezza” diventa “forza” da far circolare.

 

16/03/2020

Lucia sorride. Come ha sempre fatto. Anche quando le parole si fanno serie, il telefono ti rimanda serenità. La strategia, perché il Coronavirus non ti colpisca più forte, anche se sei più debole,è prima di tutto questa: restare la persona che sei, senza confondere te stesso dentro la malattia.

«La parte che non ci potrà togliere niente e nessuno, neanche il Coronavirus – dice - è questa, il fatto che siamo persone e abbiamo una relazione con gli altri».

 

Non è così scontato, riuscirci. Ma alla fine, restare umani è quello che ci lega a tutti gli altri, che non ce li fa sentire nemici, quando ti stanno distanti o quando vogliono avvicinarsi.

«Vivo a Milano – racconta - e qui è cominciato tutto sabato 23 febbraio, quando hanno sospeso la partita dell’Inter. Come tutti, la prima umanissima preoccupazione, quando ancora tutte le notizie erano incerte, è stata cercare di capire se correvo un rischio maggiore di altri, visto che seguo una terapia immunodepressiva. Per fortuna, sul sito dell’AISM sono arrivate prestissimo le informazioni: il 24 la prima, il 26 il documento della Società Italiana di Neurologia. Così ho trovato la risposta che mi serviva. La mia seconda preoccupazione, a quel punto, è stata per l’impegno lavorativo: mi sono chiesta se dovevo fare presente la situazione immediatamente, dire che ero a rischio più di altri. Ho parlato con il mio capo: la prima cui è stato detto di fare smart working sono stata io. Poi ho la mascherina, me l’ha portata mio papà l’ultima volta che ci siamo visti: la userò tra qualche giorno. Devo per forza andare al Centro SM a fare le analisi del sangue per monitorare che il farmaco che sto usando non stia generando un eccesso di linfopenia e permettere così che la terapia mi venga di nuovo prescritta».

 

Ed ecco che, nel racconto, spunta la parola che non ti aspetteresti:  «in fondo, anche se da giorni non faccio entrare nessuno in casa, mi sento una persona fortunata».

Alla fine, è vero: la positività è la nostra prima cura.

Poi, Lucia, che è Consigliere della Sezione AISM di Milano, apre ancora un po’ la finestra delle sue emozioni, e adesso senti il vento: «ora combatti contro un nemico invisibile, non lo conosci, non sai come potrà colpirti e da dove arriverà il colpo. Una situazione che non è lontana da esperienze che noi che abbiamo la SM abbiamo già fatto. In qualche modo l’incertezza del Coronavirus mi ha riportato indietro di anni, ai primi momenti della diagnosi. In più ora sei sola: non perché gli altri si dimenticano di te, ma perché devi stare sola. Tutti dobbiamo condurre vite isolate. Noi che da anni viviamo l’esperienza di AISM, sappiamo bene che se stiamo uniti ce la caviamo meglio. E certo, ora virtualmente continuiamo a stare uniti. Ma ci sono momenti in cui lo senti di più l’isolamento reale, quello per cui dentro le mura di casa tua non deve entrare nessuno, quello per cui tu devi evitare il più possibile di uscire. Io, poi, vivo da sola. E questo senso di solitudine mi ha riportato ai giorni della diagnosi. Allora mi ero chiesta: “e adesso cosa faccio’”. E ora è la stessa cosa. “Cosa faccio adesso? Sono qui da sola e quindi cosa succede?”. Sono tornati a galla pensieri di 15 anni fa. Capisco che l’angoscia torni a galla, quel senso di frustrazione e di solitudine ce l’hai comunque, lo stress, il senso di impotenza si ripresentano, anche nel tempo delle videochiamate».

 

E allora, torna utile la strategia imparata ai tempi della diagnosi, per sé e per gli altri

«Le troppe fonti di informazioni mi sballano, il caos informativo mi crea ancora più ansia. E allora scelgo un interlocutore autorevole e ascolto solo quello. Per informarmi sulla sclerosi multipla ho scelto AISM, dai tempi della diagnosi.  Allo stesso modo adesso ho scelto un interlocutore unico per le informazioni sul coronavirus: mi sono scaricata l’app di un quotidiano autorevole e leggo quella».

 

Poi, per restare la persona che sei, c’è un’altra via di uscita: il telefono.

«Stamattina mi sono scritta una lista di persone che da oggi in poi voglio sentire per sapere come stanno, come sta andando. Una cosa che di norma non ho il tempo di fare. E ho così preparato il mio task per i prossimi giorni. Le prime persone che ho chiamato sono state contente di parlare, non smettevamo più. E questo mi ha incoraggiato a continuare. È bello. Sapere che altre persone stanno vivendo quello che sperimenti tu ti fa sentire un po’ meno solo. Anche questa è una cosa che mi ha insegnato AISM tanti anni fa: quando mi sono sentita sola con la mia sclerosi multipla, la mano me l’ha tesa l’associazione e ho capito che c’erano altre persone come me che avevano trovato la strada per andare oltre la SM e che potevano mostrarmela. Da vicino, da lontano, nella quotidianità, in tante forme. Oggi torno sullo stesso spartito e provo a restituire io un po’ di musica Se posso fare io una chiamata in più, la faccio, volentieri. Aiuta me e magari aiuta anche qualcun altro. Riscoprire relazioni e condividere storie è una fonte straordinaria di vita buona».

 

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Questa storia fa parte di una serie di storie, un “giro” d’Italia di racconti  per ‘condividere’ cosa significhi vivere l’emergenza sclerosi multipla nel tempo dell’emergenza Coronavirus. 

Per trasformare poi le nostre storie individuali in una storia nuova per tutti, #insiemepiù forti  vuol dire anche “DONA ORA”. Diciamolo, a tutte le persone con cui siamo in contatto: donare ora ad AISM trasforma la debolezza in forza, l’emergenza in un nuovo inizio.