Presentati al congresso scientifico internazionale i dati incoraggianti di uno studio di fase III. Nuove prospettive anche per il lavoro della Progressive MS Alliance
Stati stati presentati al Congresso ECTRIMS - che si svolge in questi giorni a Barcellona - i risultati positivi ottenuti dall’anticorpo monoclonale “ocrelizumab” in tre studi di fase III effettuati sia su persone con SM a ricadute e remissioni sia su persone con SM primariamente progressiva. In particolare lo studio ORATORIO, svolto su un gruppo di 732 persone con Sclerosi multipla primariamente progressiva, «offre alla comunità scientifica e alle persone con SM la notizia probabilmente più inattesa e importante – afferma il professor Giancarlo Comi, membro del Consiglio di amministrazione della Fondazione di AISM -: per la prima volta un farmaco dimostra un’efficacia su questa forma, con una riduzione significativa rispetto al placebo della disabilità e dell’attività di malattia riscontrata con risonanza magnetica».
I risultati definitivi dello studio non sono ancora stati oggetto di pubblicazione scientifica e, dunque, bisognerà aspettare ancora per averne un quadro chiaro e completo. Lo stesso Comi spiega che «alle prime analisi sembra che il farmaco sia efficace nelle persone con SM primariamente progressiva in fase non avanzata. Dunque bisognerà verificare se questa nuova proposta terapeutica possa essere utile per tutte le persone con forma primariamente progressiva». Inoltre, come afferma il Professor Alan Thompson, Presidente del Comitato Scientifico della Progressive Multiple Sclerosis Alliance, di cui AISM è stata tra i primi promotori, «sarà importante avere conferma in un tempo più prolungato della sicurezza e dell’efficacia del trattamento».
In ogni caso, quella che arriva da ECTRIMS è una notizia incoraggiante, perché apre una nuova prospettiva di trattamento anche per le persone con SM progressiva. «Ogni passo avanti nella ricerca – dichiara il Presidente della Fondazione di AISM, Mario A. Battaglia -, in particolare quella che sperimenta l’utilizzo di nuovi farmaci anche se per brevi periodi e per poche persone, contribuisce ad aumentare la conoscenza sulla malattia e soprattutto ad aprire strade nuove che valgono non solo per il singolo trattamento ma per tutta la ricerca scientifica impegnata a trovare le risposte che ancora mancano per le forme progressive di SM».
A ben vedere, come commenta ancora il professor Comi, «non è un caso che questo tipo di risultato emerga nello stesso momento in cui sta prendendo il volo l’iniziativa della Progressive MS Alliance (PMSA), che vede protagoniste le associazioni SM del mondo nell’accelerare la ricerca sulle forme progressive di malattia»: probabilmente si conferma che la ricerca curata dall’industria e quella stimolata e promossa da PMSA sono destinate a stimolarsi e aiutarsi reciprocamente.
Conclude Mario Alberto Battaglia: «siamo in prima fila nella promozione delle ricerche promosse e finanziate dalla Progressive MS Alliance, che punta a dare risposte a 360 gradi tanto per la conoscenza come per la terapia della SM progressiva, sia nella forma primaria che in quella secondaria. Più di un milione di persone nel mondo guardano con forte attesa a questo impegno delle associazioni SM di tutto il mondo per dare concretezza alla speranza di curarsi e vivere finalmente libere dalla sclerosi multipla».
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato sperimentale progettato per colpire in maniera selettiva i linfociti B CD20+, un tipo specifico di cellule immunitarie che si ritiene svolgano un ruolo chiave nel danno alla mielina (la guaina protettiva che ricopre le fibre nervose, isolandole e fungendo loro da supporto) e all’assone (cellula nervosa) che si osserva nella sclerosi multipla e che determina disabilità. Lo studio ORATORIO, secondo quanto reso noto dalla casa farmaceutica che lo ha realizzato, ha raggiunto l’obiettivo (endpoint) primario dimostrando che la terapia con ocrelizumab riduce in maniera significativa del 24 percento rispetto a placebo il rischio di progressione della disabilità clinica, rilevata con EDSS e confermata dopo almeno 12 settimane. Inoltre, ocrelizumab è stato superiore al placebo nel ridurre del 25 percento il rischio di progressione della disabilità clinica confermata dopo almeno 24 settimane. Significativi anche gli esiti nel ridurre la formazione di nuove lesioni o la presenza di lesioni captanti mezzo di contrasto riscontrate con risonanza magnetica. Ocrelizumab, infine, ha ridotto del 17,5 percento rispetto a placebo il tasso di perdita di volume cerebrale. |