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«Sono medico e ho la SM: che devo fare?»

Lisa, consigliere ed esperto advocacy della Sezione di Firenze, è prima di tutto una giovane donna, un medico, e ha da poco iniziato la specializzazione. Oggi si trova nella condizione di persona con sclerosi multipla, con una terapia immunodepressiva, di fronte all'emergenza Coronavirus. Avrebbe bisogno di stare a casa, e al contempo tante persone hanno bisogno di lei.

 

13/03/2020

Lisa, consigliere ed esperto advocacy della Sezione di Firenze, è, prima di tutto, una giovane donna, un medico e, da poco, ha iniziato la specializzazione. «L’ultima è stata una settimana particolare, piena di domande – racconta -. Da una parte ho la sclerosi multipla, seguo una terapia immunodepressiva e, come tanti ragazzi della mia età, ho una maggiore fragilità immunitaria che mi espone maggiormente al rischio del Coronavirus. Dall’altra parte lavoro in un reparto di oncologia, ogni giorno vengono persone per fare la chemio. Con la mia situazione ho il dovere di stare a casa, ma c’è anche tanto bisogno che i medici lavorino e, come medico, ho il dovere di non tirarmi indietro di fronte alla malattia degli altri».

 

In effetti, Lisa vive nella sua persona un dilemma che viene direttamente dalle norme entrate in vigore in questi giorni: da una parte il DPCM cui Lisa ha fatto cenno «chiede alle persone anziane o affette da patologie croniche o immunodepresse di evitare di uscire di casa se non strettamene necessario, di evitare di frequentare luoghi affollati dove non è possibile mantenere una distanza interpersonale di almeno un metro». Dall’altra lo stesso Decreto dice che “le misure di cui sopra non si applicano al personale sanitario … nell’esercizio delle proprie funzioni».

 

Il dubbio su quale sia il valore, l’imperativo cui obbedire per primo, per Lisa aggiunge un carico in più alla fatica che stiamo facendo tutti, alla paura che circola anche tra noi: «Intanto – dice Lisa - avevo preso da tempo una settimana di ferie. Il progetto era di riprendermi dal week end della Gardensia: io, come tante altre persone come me, sarei scesa in piazza a sensibilizzare gli altri e a raccogliere fondi per la SM. Ora è stato tutto travolto e questo per AISM porterà un costo doppio, un’emergenza dopo l’emergenza, perché quando potremo riprendere in mano la nostra vita, non potremo dire “Bentornata Gardensia!” e le risorse che avremmo dovuto avere non ci saranno».

 

Nessuno, in effetti, sa quando il futuro sarà diverso dal presente, né come sarà. Ma il nostro domani è certamente oggi.

«Dobbiamo vivere alla giornata – continua Lisa-. In questi giorni manca un po’ a tutti noi il respiro e allora la scelta fatta in anticipo di fermarmi un po’ in ferie è stata preziosa. Solo che, mentre sono qui e non lavoro come prima dodici ore al giorno, i pensieri si accumulano come strati di nubi. So che è meglio che stia in casa, ma vorrei anche andare in Ospedale. Penso che potrei almeno mettermi al telefono, rispondere a tutte le chiamate spaventate che arrivano e consentire agli altri di fare il lavoro che deve essere fatto. Però so anche che nessuno è immune dalla paura, e se passi la giornata a trovare risposte alla giusta paura di chi vive una situazione di grave fragilità, un po’ di quella paura ti resta addosso e ti scende in profondità, come un fiume carsico».

 

Che faremmo noi al posto suo?

«Questa domanda sull’andare o no a lavorare ce la siamo fatta in tanti –dice -. Mi chiamano giovani con SM, come me, e mi chiedono consigli. C’è chi è stato messo in malattia dal medico. E chi no. C’è chi ha un buon rapporto con l’azienda e ha ottenuto di lavorare da casa, e chi no. C’è chi in azienda aveva detto che ha la SM e chi non l’ha detto e teme che dirlo ora sarebbe ancora peggio che continuare a non dirlo. C’è chi, tra noi, ha paura che l’emergenza Coronavirus lascerà sul campo un’emergenza economica e che i primi a rischiare il posto saremo noi. E poi il decreto dice che noi, che abbiamo una situazione di immunosoppressione, dice che dobbiamo stare a casa, ma non dice niente sulla questione lavoro, non ci garantisce esplicitamente il diritto di astenerci dal lavoro. Lo so che nell’emergenza si devono fare tante cose velocemente e non si arriva a considerare tutto. Ma una norma urgente su questi aspetti sarebbe indispensabile per tante persone in situazione di maggiore fragilità».

 

AISM, in effetti, sta lavorando in questa direzione, raccogliendo l’urgenza di tanti lavoratori con SM. Nel frattempo, come si passa una giornata a casa in compagnia dei propri pensieri?

«Intanto a casa noi ci dobbiamo proprio stare. Mentre sono qui leggo sui social di tanti giovani che quasi irridono gli altri: “siamo giovani, al massimo ci viene qualche linea di febbre, siamo invulnerabili, e noi in giro continuiamo ad andarci». Ora io non lo so se l’essere giovani ci tuteli dal rischio che il virus ci colpisca in forma grave, ma le storie di giovani sani finiti in rianimazione sono ormai diverse. Dobbiamo essere tutti responsabili. Stare a casa vuol dire tutelare le persone cui vogliamo bene. Tra gli amici con cui sono costantemente in contatto, c’è chi ha proposto di farci un aperitivo in contemporanea e bercelo insieme su Skype. Ecco, possiamo continuare a vivere anche così, cercando di tenere viva la voglia di vivere e di non abbatterci. Modi sani per non smettere di vivere una vita sociale ne abbiamo Io, poi, vivo in campagna e un giro nel giardino di casa lo posso fare».

 

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Questa storia fa parte di una serie di storie, un “giro” d’Italia di racconti  per ‘condividere’ cosa significhi vivere l’emergenza sclerosi multipla nel tempo dell’emergenza Coronavirus. 

Per trasformare poi le nostre storie individuali in una storia nuova per tutti, #insiemepiù forti  vuol dire anche “DONA ORA”. Diciamolo, a tutte le persone con cui siamo in contatto: donare ora ad AISM trasforma la debolezza in forza, l’emergenza in un nuovo inizio.