Un gruppo di ricercatori italiani ha utilizzato nuovi metodi statistici per valutare i dati e risultati appartenenti a 1178 persone con SM, provenienti da tre centri italiani
Un gruppo di ricercatori italiani ha utilizzato nuovi metodi statistici per valutare i dati e risultati appartenenti a 1178 persone con SM, provenienti da tre centri italiani, concludendo che l'utilizzo di terapie modificanti la malattia riduce significativamente il rischio di progressione da sclerosi multipla recidivante-remittente a sclerosi multipla secondariamente progressiva. Questi sono i risultati a cui è giunto il gruppo di ricercatori italiani, coordinati dal dottor Roberto Bergamaschi, (Istituto Neurologico C. Mondino, Pavia) e pubblicati sulla rivista scientifica MS Journal (Maggio 2012), che si vanno ad aggiungere a quelli ottenuti in precedenza da altri studi.
Attualmente diversi trattamenti, denominati terapie modificanti la malattia, sono disponibili e in grado di ridurre l'attacco immunitario al sistema nervoso centrale e ridurre l'attività della malattia. Tuttavia l'effetto di queste terapie sui danni non è del tutto compreso e non si sa in quale misura siano in grado di ridurre la progressione della sclerosi multipla, soprattutto se considerata nel lungo termine e non nel breve termine, cosa che è stata osservata già da altri studi. Infatti gli studi clinici tradizionali spesso sono troppo brevi come tempo di studio e osservazione per valutare le gli effetti sulla progressione della SM e a volte non riflettono il modo in cui nella realtà delle cose si verifica la progressione della malattia.
I ricercatori hanno analizzato dati e risultati relativi a 1178 persone con SM da 10 o più anni, di questi 478 non avevano ricevuto alcun trattamento, mentre 700 erano stati trattati con terapie modificanti la malattia, tra cui 606 avevano ricevuto interferoni o glatiramer acetato e il restante gruppo era stato trattato con altre terapie come natalizumab, mitoxantrone o fingolimod. I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sul gruppo più numeroso che aveva ricevuto interferone o glatiramer acetato.
In particolare è stato valutato il passaggio dalla forma recidivante-remittente alla forma secondariamente progressiva. Infatti dopo un periodo di tempo variabile molte persone, che inizialmente aveva una forma di SM recidivante remittente sviluppano un decorso progressivo. In questo studio la progressione della malattia è stata definita come un deterioramento continuo, senza vere e proprie ricadute, per almeno un anno e abbastanza grave da determinare un aumento di almeno un punto della scala di disabilità EDSS.
I ricercatori hanno osservato che in coloro che avevano ricevuto il trattamento erano significativamente meno probabile che si verificasse un passaggio alla SM secondariamente progressiva. A 10 anni, 382 su 478 (79,9%) che non avevano ricevuto nessun trattamento aveva ancora una forma recidivante remittente e 96/478 (20,1%) avevano sviluppato una forma secondariamente progressiva. Delle persone invece che erano state trattate con interferone o glatiramer acetato, 585/606 (97%) avevano ancora una forma recidivante remittente e 21/606 (3%) avevano sviluppato una forma secondariamente progressiva.
Questo studio si aggiunge agli altri studi che suggeriscono che le terapie per la SM avrebbero risultati positivi non solo sull'infiammazione, ma anche sui danni ai tessuti nervosi che sono quelli determinati la progressione della disabilità nel tempo.
Immunomodulatory therapies delay disease progression in multiple sclerosis.
Bergamaschi R, Quaglini S, Tavazzi E, Amato MP, Paolicelli D, Zipoli V, Romani A, Tortorella C, Portaccio E, D'Onghia M, Garberi F, Bargiggia V, Trojano M. Mult Scler. 2012 May 31.