Dal Veneto arrivano nuove storie di come si prova a convivere con la paura portata dalla pandemia e di come AISM non ha mai smesso di ascoltare e dare risposte alle persone con SM e a costruire per tutti il diritto alla salute, al lavoro, all’inclusione.
14/05/2020
Fase 1, fase 2 una cosa non cambia: avere paura è possibile. È umano. È realtà. Ed è giusto dirlo e chiedere aiuto: nessuno potrà rispondere ai bisogni che non lasci trasparire.
Carlo Castrignanò, Presidente Coordinamento AISM Veneto, esperto welfare regionale di AISM e di FISH, Federazione Italiana Superamento Handicap, di cui è Vice Presidente Regionale, parte da qui nel suo racconto di cosa ha voluto dire entrare in pandemia: «Le persone con SM, come tutte le persone, all’avvio della pandemia, con tutte le informazioni incerte che ci hanno investito e con le normative del lock down hanno vissuto un forte sconcerto e smarrimento, che qui si è sentito in modo profondo».
Annalisa Todoverto, Presidente AISM Treviso, una zona fortemente colpita dal Coronavirus, traccia un arco che dai primi momenti porta una paura diversa ma altrettanto consistente sino a questi giorni di fase 2: «Treviso è stata una delle zone più colpite. Qui la situazione è stata vissuta abbastanza drammaticamente soprattutto all’inizio. In Sezione abbiamo perso alcuni soci, più anziani e con diverse patologie. Altri hanno avuto il Coronavirus e ne sono usciti bene. E tutto questo colpisce, come il fatto che quando esci sei istintivamente portato a vedere l’altro prima di tutto come un pericolo. Noi persone con SM con una situazione di immunodepressione, poi, siamo state colpite inizialmente soprattutto dal non sapere come comportarci al lavoro. Non sapevamo come giustificare l’assenza dal lavoro e la necessità di stare in casa.
Anche oggi, all’inizio della fase 2, ho ricevuto un’altra telefonata sul problema del lavoro. Tante realtà lavorative qui hanno riaperto. Da una parte il neurologo di riferimento ci dice di aspettare ancora a rientrare, dall’altra abbiamo i datori di lavoro che non sempre comprendono questa nostra necessità. Così, ora, c’è la paura di essere messi da parte. Soprattutto le persone non più giovanissime vedono in pericolo il posto di lavoro faticosamente conquistato e mantenuto sino a qui. Così facciamo i conti con due paure. Da una parte abbiamo paura di perdere l’inclusione faticosamente conquistata, di essere i primi a rischiare il posto se ci saranno tagli dovuti alla crisi. E dall’altra parte abbiamo ancora paura del virus, che non è scomparso: almeno quelli tra noi che non possono fare smart working e lavorano a contatto con le persone si sentono presi tra due fuochi. C’è insieme la voglia e la paura di tornare. E io mi ci metto per prima».
Se contiamo, Annalisa ripete sette volte la parola paura. La paura nuova, arrivata con il virus, che sia messa a rischio ancora di più la salute ma anche l’inclusione, il lavoro, la vita oltre la SM che ci si era conquistata.
Poi, a dire la verità, la paura non è l’ultima parola. Non lo è stata neanche in fase 1, come evidenziano sia Carlo Castrignanò che Annalisa Todoverto.
«Il disorientamento forte- racconta Castrignanò – non è durato molto. Quasi subito gli interventi che si sono attivati hanno riportato una certa tranquillità, se pur con non poche difficoltà. Le persone con SM all’inizio si sono trovate di fronte al problema di mantenere la continuità terapeutica, di ricevere i farmaci, di averli a domicilio senza dovere andare in Ospedale. Tempo una settimana e la Regione ha attivato Protezione Civile, Croce Rossa e fatto in modo che la Rete dei Centri clinici facesse pervenire a domicilio le terapie orali, continuando a garantire le terapie infusionali. Poi AIFA ha aumentato il periodo di prescrizione del piano terapeutico, in modo da non avere l’immediata necessità di tornare in Ospedale per rinnovarlo.
Riuscire a giustificare l’assenza dal lavoro per la propria situazione di immunodepressione, invece, ha richiesto più di un mese: sarebbe bastato che il Decreto Cura Italia attribuisse ai medici di base il compito di redigere le certificazioni necessarie. Lo avevamo chiesto subito noi di FISH e AISM, ma c’è voluto impegno e tempo per ottenerlo. Con FISH e con la Regione abbiamo immediatamente operato anche per snellire la burocrazia per la richiesta di cassa integrazione: a oggi in Veneto sono state presentato 31.848 domande, con circa 98.000 potenziali beneficiari e INPS ne ha già autorizzate 29.300. Il Veneto sta dando pieno sfogo ai pagamenti della cassa integrazione in deroga. E questo vale tanto, anche e soprattutto per le persone con disabilità e con SM».
In questi mesi travagliati, in ogni caso, le sette Sezioni del Veneto non hanno lasciato indietro nessuna persona con SM: «anche con le Sezioni fisicamente chiuse – aggiunge Castrignanò - abbiamo sempre mantenuto aperto il contatto telefonico con le persone. Chi telefonava, trovava sempre un volontario o un dipendente AISM che rispondeva, raccoglieva il bisogno e, nella misura del possibile, aiutava la persona a individuare la risposta. Ogni settimana, poi, ci siamo incontrati “virtualmente” in Coordinamento Regionale con tutte le sette Sezioni, per condividere i bisogni e mettere a fattore comune le risposte messe in campo da ciascuna Sezione».
Gli fa eco Annalisa Todoverto: «Sia sui farmaci che sulla questione lavoro, sui permessi della Legge 104 anche per lavoratori con disabilità abbiamo sempre rassicurato le persone e fornito le informazioni sull’impegno di AISM per risolvere i problemi. Anche con la fase 2 le associazioni del mondo della disabilità già si sono mosse perché non venga messa in discussione l’inclusione e il diritto al lavoro di tutti, soprattutto delle persone con più fragilità».
Intanto si riparte con i servizi riabilitativi e il supporto alla mobilità che AISM in Veneto mette a disposizione delle persone: «I servizi riabilitativi AISM di Villa Guattera di Rubano (Padova) e Rosà (Vicenza) – evidenzia Castrignanò - come tutte le strutture sanitarie sul territorio sono state chiuse per circa un mese e mezzo. Dal 4 maggio il Centro di Riabilitazione di Padova (Villa Guattera di Rubano), e di Vicenza (Rosà) hanno ripreso la loro attività. Le persone stanno tornando a usufruirne con fisiatra, fisioterapista, terapista occupazionale, psicologo».
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Questa storia fa parte di una serie di storie, un “giro” d’Italia di racconti per ‘condividere’ cosa significhi vivere l’emergenza sclerosi multipla nel tempo dell’emergenza Coronavirus.
Per trasformare poi le nostre storie individuali in una storia nuova per tutti, #insiemepiù forti vuol dire anche “DONA ORA”. Diciamolo, a tutte le persone con cui siamo in contatto: donare ora ad AISM trasforma la debolezza in forza, l’emergenza in un nuovo inizio.