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26/05/2013

Plasticità neuronale sotto esame: tra stimolazione transcranica e riabilitazione

Letizia Lecoani
Nella foto: Letizia Leocani - Istituto di Neurologia Sperimentale, responsabile del Centro MAGIS (MAGnetic Intra Cerebral Stimulation)

 

Studiare l'abbinamento tra stimolazione transcranica e riabilitazione per verificarne gli effetti sul movimento degli arti inferiori. Unos tudio di fase III finanziato da FISM coinvolgerà 100 persone. L'intervista alla curatrice Letizia Leocani, che verrà pubblicata su SM Italia 3/2012

 

Con il Bando di Ricerca 2012, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla ha deciso di finanziare una ricerca di fase III sull’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) del cervello. Attraverso un supporto tecnologico innovativo, la stimolazione viene abbinata a trattamenti riabilitativi intensivi per verificarne gli effetti migliorativi sul movimento  degli arti inferiori e sulla plasticità neuronale [1]. Lo studio verrà curato dalla dottoressa Letizia Leocani, ricercatore presso l’Istituto di Neurologia Sperimentale, responsabile del centro MAGICS (MAGnetic Intra Cerebral Stimulation), Ospedale San Raffaele di Milano. Sarà l’estensione su un campione di 100 persone con SM di un precedente studio sperimentale, svolto in cieco su 22 pazienti e presentato agli ultimi Congressi SIN (Società Italiana di Neurologia) ed ECTRIMS (European Committee for Treatment and Rehabilitation in Multiple Sclerosis) [2]. Per il prossimo numero di SM Italia - bimestrale d'informazione dell'AISM, abbiamo intervistato la dott.ssa Leocani. Il numero della rivista accoglierà anche un ampio dossier sulla risonanza magnetica nella diagnosi di SM.

 

Può sintetizzare gli aspetti di novità dello studio che sta per avviare?
«Per la prima volta utilizziamo per la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, in uno studio di fase III, una tecnologia messa a punto nel NIH (National Institute of Health, USA), che consente di arrivare in profondità, sotto i 5 cm dalla superficie del cranio, nella parte di corteccia motoria che si addentra verso il corpo calloso. È questa l’area cerebrale che presiede al movimento degli arti inferiori».

 

Come si svolgerà la ricerca?
«Nello studio multicentrico includeremo 100 pazienti sottoposti a riabilitazione quotidiana per 3 settimane, seguita da rTMS eccitatoria (20 Hz) per 15 minuti (5 giorni la prima settimana, 3 giorni la seconda e terza). Metà dei pazienti, con una procedura in cieco, riceveranno una stimolazione reale; l’altra metà riceverà una stimolazione apparente».

 

Cosa significa?
«A ciascuno dei 100 pazienti verrà assegnata casualmente una tessera magnetica, leggibile solo dalla macchina che attiverà per 50 di loro una stimolazione reale e per altri 50 una stimolazione apparente con le stesse caratteristiche percepibili esternamente. Dunque né il medico che somministrerà il trattamento, né il paziente stesso e neppure lo specialista che effettuerà le valutazioni cliniche sapranno se è stata effettuata una stimolazione reale o simulata. In questo modo potremo misurare effettivamente l’efficacia del trattamento rispetto al placebo».

 

Su quali evidenze si basa questa ricerca?
«Nel precedente studio su 22 pazienti, le persone sottoposte sia a riabilitazione che a stimolazione magnetica cerebrale hanno mostrato miglioramenti nella deambulazione, in termini di resistenza e velocità, maggiori fino al 30% rispetto ai pazienti sottoposti solo a riabilitazione».

 

A quali obiettivi mirate ora rispetto al precedente studio di fase II?
«L’estensione del numero di persone studiate ci consentirà di ottenere una maggiore potenza statistica dei risultati e una rappresentazione realistica di eventuali effetti collaterali. Potremo valutare quale percentuale di pazienti può trarre giovamento quando alla riabilitazione viene associato un trattamento di stimolazione magnetica. Verificheremo se e come la stimolazione rende più duraturi nel tempo i risultati della riabilitazione, perché ripeteremo la stessa valutazione anche a distanza di un mese e di tre mesi. Così potremo ottenere indicazioni su ogni quanto tempo sia opportuno e possibile ripetere il  trattamento».

 

Come misurerete i miglioramenti?
«Prima e dopo il trattamento sottoporremo i pazienti al «test dei 6 minuti», in cui le persone hanno 6 minuti di tempo per percorrere il maggior numero di metri possibili. Serve a valutare la resistenza, ossia quanto sforzo le persone riescono a sostenere in un percorso prima di doversi fermare. La velocità è meglio misurata dal test dei dieci metri: si fanno percorrere ai pazienti dieci metri chiedendo di andare il più veloce possibile, e si misura quanto tempo impiegano. Questo secondo test, nello studio precedente, ha evidenziato circa un 20% di maggiore miglioramento nel gruppo stimolato a livello cerebrale rispetto al gruppo che ha fruito solo di riabilitazione e stimolazione superficiale. Useremo inoltre la scala di valutazione della disabilità (EDSS), un test di deambulazione sui 2 minuti, un test per misurare la spasticità, questionari per valutare aspetti soggettivi come dolore, fatica, la difficoltà nel cammino (MSWS-12) e altri ancora».

 

Perché nella vostra ricerca la stimolazione viene sempre preceduta dalla riabilitazione?
«Le evidenze ottenute col precedente studio mostrano che la stimolazione magnetica possa potenziare i meccanismi di plasticità sinaptica già attivati dalla riabilitazione. La riabilitazione, possiamo dire, fornisce la giusta direzione alla plasticità del cervello. Con la stimolazione si potenzia l’effetto che la riabilitazione dà, in modo che la persona padroneggi sequenze corrette e sia in grado di muoversi meglio. Se ci limitassimo a stimolare magneticamente l’area che controlla i muscoli degli arti inferiori, senza una riabilitazione che ne favorisca l’utilizzo nella sequenza corretta, potremmo magari rischiare di potenziare sequenze scorrette di attivazione. Viceversa, integrando riabilitazione e stimolazione, vogliamo verificare se è possibile potenziare l’effetto massimo della riabilitazione e andare ancora oltre quello che oggi è l’ottimale».

 

Cosa significa potenziare la plasticità sinaptica?
«Quando il cervello subisce un insulto, un danno, tende a riadattarsi. Questa capacità si definisce plasticità sinaptica. Ora, ci possono essere fenomeni di plasticità positivi, che vanno nel senso del miglioramento della funzione. Ma anche ci possono essere fenomeni di plasticità mal adattativa. In questo secondo caso la disfunzione che si è creata può portare come effetto domino ad altri rimaneggiamenti e a un ulteriore peggioramento».

 

Questo trattamento va a stimolare il cervello con onde elettromagnetiche. Le persone possono averne un po’ paura e guardarlo con diffidenza, come nel caso dei telefoni cellulari. Siamo sicuri che non ci possano essere effetti collaterali gravi, per di più se il trattamento in futuro venga utilizzato in un lungo periodo?
«I trattamenti di stimolazione magnetica ripetitiva vengono utilizzati da oltre vent’anni in pazienti con malattie croniche e non si sono mai segnalati tumori al cervello o patologie simili associabili alla stimolazione. Proprio il fatto che si tratti di pazienti cronici ci rassicura che siano statiseguiti con costanza e per lungo tempo. Questo trattamento, inoltre è approvato negli USA dalla Food and Drug Administration (FDA) come terapia rimborsabile dalle assicurazioni per i pazienti con depressione che non abbiano risposto a un solo trattamento farmacologico. Significa che ci sono evidenze scientifiche solidissime sulla sua sicurezza. Infine, per chi volesse approfondire, segnalo che nel 2008 è stata pubblicata l’ultima revisione delle Linee Guida sui cui converge il consenso della comunità scientifica internazionale riguardo ai parametri da utilizzare e alla valutazione di efficacia e sicurezza. Il mondo scientifico e le istituzioni sanitarie hanno già sufficienti evidenze che il trattamento non faccia correre rischi e che, al contrario, produca benefici significativi[ 3]. Questo è quanto sappiamo oggi, anche se come per altri avanzamenti tecnologici saranno necessari studi epidemiologici più vasti e a più lungo termine per dare risposte definitive».

 

Quali sarebbero gli effetti collaterali maggiormente riscontrati per questo tipo di trattamenti?
«I più frequenti consistono in una sensazione di tensione muscolare nelle zone stimolate, sullo scalpo, insomma e di lieve dolenzia che compare dell’immediato al termine della stimolazione e dura qualche minuto. Gli effetti collaterali sono generalmente transitori e di lieve entità anche perché vengono esclusi in partenza tutti i pazienti portatori di potenziali di rischi».

 

Per quali pazienti questo trattamento è controindicato?
«Vengono esclusi tutti i pazienti che hanno le stesse controindicazioni per essere sottoposti a risonanza magnetica: i pazienti che hanno un pace-maker, parti metalliche nel capo, clip metalliche dovute a interventi neurochirurgici, coloro che sono sensibili ai campi magnetici. Vengono inoltre esclusi i soggetti affetti da epilessia».

 

La stimolazione magnetica può integrare la propria azione con quella dei farmaci?
«Sicuramente. Il trattamento di rTMS si può aggiungere e integrare senza antagonismo con il farmaco che il soggetto sta già assumendo. Al momento l’unico farmaco specificamente approvato dalla FDA statunitense per la deambulazione (fampridina) migliora la velocità di deambulazione del 25% nel 40% circa dei pazienti. Dunque, l’efficacia dei trattamenti è decisamente migliorabile».

 

Il trattamento di stimolazione può essere utile solo per chi ancora cammina? E per chi è in carrozzina?
«Nel nostro studio valuteremo chi ha ancora abilità motorie residue. Ma ci sono evidenze in letteratura, ottenute con strumentazione tradizionale, in base alle quali la stimolazione transcranica può avere effetti positivi anche su dolore, spasticità e sul controllo vescicale».

 

Giuseppe Gazzola