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29/05/2012

A Giulio Disanto il Premio Rita Levi Montalcini

 

Il prestigioso riconoscimento istituito da AISM nel 1999 per premiare l’impegno dei giovani ricercatori sulla sclerosi multipla, è stato assegnato quest’anno a Giulio Disanto per i promettenti risultati delle ricerche che sta conducendo in ambito epigenetico.

 

 

 Giulio Disanto

Classe 1984, Giulio Disanto si è laureato in Medicina e Chirurgia a Siena nel 2009 e, grazie a una Borsa di studio FISM, sta attualmente svolgendo il secondo anno del suo Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Neurologia dell’Università di Oxford, sotto la supervisione del Professor George Ebers e del dottor Sreeram Ramagopalan (Wellcome Trust Centre for Human Genetics, University of Oxford, Roosevelt Drive, Oxford, United Kingdom).

 

Disanto è il più giovane dei ricercatori premiati sino ad oggi da AISM con il riconoscimento intitolato al Premio Nobel e Presidente Onorario AISM Rita Levi Montalcini. Pur non avendo ancora compiuto 28 anni ed avendo da poco iniziato la sua carriera di ricercatore nella SM, Disanto mostra già un rilevante ‘publication record’ (23 articoli, 20 sulla sclerosi multipla di cui 12 come primo nome). In piena sintonia con il desiderio e l’invito alle Istituzioni rivolto dalla stessa professoressa Montalcini in occasione del suo compleanno, il Premio 2012 valorizza fortemente «lo straordinario capitale umano rappresentato dai giovani ricercatori» come la vera forza motrice per un futuro migliore per tante persone con SM, per l’intera comunità scientifica e civile. Questa scelta di AISM, questo orizzonte di riferimento vale per quelli che vincono l’ambito riconoscimento istituito dall’Associazione, ma anche per coloro che possono rispecchiarsi per età, passione e competenza nei vincitori. È l’investimento sull’eccellenza dei giovani ricercatori la vera speranza per le persone con SM, la vera radice della fiducia di chi sa che si sta giorno dopo giorno conquistando la libertà dalla sclerosi multipla.

 

Dottor Disanto, come ha scelto di lavorare nella neurologia e nella sclerosi multipla? O è il lavoro sulla SM che ha scelto lei?
«Sì, forse sono stato scelto: durante il Corso di laurea ero attirato sia dalla neurologia che dalla genetica. La sclerosi multipla presenta una forte componente genetica ma anche una consistente componente ambientale. Mi attirava questo connubio, questo doppio volto, il fatto di conoscere i fattori genetici che entrano in gioco nella SM, ma anche la possibilità di intervenire modificando fattori ambientali. Sapevo del laboratorio di George Ebers e ho scritto una mail al professore chiedendo se ci fosse la possibilità per me di partecipare per qualche mese al suo lavoro. Lui è stato subito disponibile, gentile, mi ha accolto. Ci sono venuto per qualche mese al termine del Corso di laurea, e sono ancora qui a svolgere il mio dottorato grazie al sostegno di FISM».

 

Cosa ha pensato quando ha saputo di avere vinto il Premio RLM?
«Sono rimasto molto sorpreso, prima di tutto. Poi, leggendo i nomi dei ricercatori che hanno vinto sinora, da Filippi a Furlan, da Centonze a Salvetti, mi sono sentito investito di una grande responsabilità. Voglio che questo Premio mi dia ancora più stimolo per il lavoro in futuro, ho ancora molta strada da compiere e risultati da raggiungere. Vorrei ringraziare anzitutto la Fondazione dell’AISM, che mi finanzia e che ha sempre dimostrato di avere fiducia in me. Poi ringrazio le persone del laboratorio di Oxford, in particolare Sreeram Ramagopalan, il mio primo referente nel laboratorio. Lui è per me un modello, non ha ancora 30 anni e ha già prodotto più di 130 pubblicazioni».

 

Anche lei hai un consistente numero di pubblicazioni. Sta dicendo che ha fatto bene, al punto di vincere il Premio RLM, ma si può ancora fare meglio. Complimenti anche per questo. Cosa spinge due giovani a investire tante energie nella ricerca?
«Con Sreeram condividiamo la passione per quello che facciamo. È anche difficile definirlo un lavoro. Sappiamo che quello che facciamo è importante per tante persone che lottano con la sclerosi multipla. Abbiamo dunque la fortuna di fare qualcosa che ci piace con la consapevolezza di poter essere utili per la comunità e per le persone che hanno una malattia come la SM. Per questo ci impegniamo giorno dopo giorno. Studiare i fattori ambientali implicati nella SM è importante, perché su quelli si può intervenire per prevenire l’insorgere della malattia. E lavoriamo a fondo sui fattori genetici, per aumentare la conoscenza rispetto ai meccanismi o alle popolazioni linfocitarie più coinvolte. Più aumenta la comprensione della SM e più si aprono possibilità di sviluppare terapie sempre più mirate».

 

Sul suo futuro, cosa si aspetta?
«Questo è il mio secondo anno di dottorato, sicuramente il prossimo sarò ancora a Oxford per concludere il dottorato, a ottobre 2013. Poi mi piacerebbe tornare in Italia per ottenere una specializzazione in neurologia. Inoltre vorrei tornare anche per riprendere il contatto diretto con i pazienti, restando nel mondo della sclerosi multipla con un’attività clinica. Vedere i pazienti ed essere a contatto con loro è molto importante per fare ricerca. E viceversa, fare ricerca aiuta a seguire le persone con strumenti migliori e sempre in evoluzione».