Massimiliano Di Filippo è il vincitore del Premio Rita Levi Montalcini 2019, assegnato ogni anno da AISM e la sua Fondazione FISM ai giovani scienziati che stanno costruendo una ricerca di eccellenza capace di impattare sulla vita delle persone con sclerosi multipla.
Perugino “doc”, Di Filippo è nato nel capoluogo umbro nel 1980 e ha compiuto tutti i suoi studi all’Università degli Studi di Perugia, dove attualmente insegna come Professore associato e svolge la sua attività di ricerca. Autore di più di 80 articoli sulle più importanti riviste internazionali nel campo delle neuroscienze, ha concentrato i suoi interessi nello studio della plasticità sinaptica. Dal 2018 fa parte Biomedical Research Scientific Committee della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla.
Come la nasce la sua passione per le neuroscienze?
«Dopo essermi laureato in Medicina e Chirurgia nel 2004 e aver ottenuto, a febbraio 2005, l’abilitazione alla professione medica, ho subito chiesto di seguire le persone nel Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Già dall’inizio della mia formazione ho iniziato a lavorare al Centro Sclerosi Multipla grazie alla dottoressa Paola Sarchielli. In contemporanea, ho iniziato la specializzazione in neurologia presso la Clinica Neurologica dell’Università di Perugia, diretta dal professor Paolo Calabresi. Lui è stato il mio mentore, un vero maestro: era già un ricercatore di fama internazionale, nel campo della malattia di Parkinson, e mi ha insegnato quanto sia prezioso unire la cura delle persone e l’attività di laboratorio. Due passioni totalizzanti che si sostengono a vicenda. La ricerca mi permesso di lavorare dal punto di vista sperimentale su aspetti molecolari e sinaptici del sistema nervoso il cui risvolto vedevo ogni giorno nella pratica clinica. La pratica clinica mi ha permesso di vedere bene in quale direzione porre la mia attenzione di ricerca. E l’incontro con le persone mi ha permesso di non perdermi mai nella molecola, ma di avere sempre chiaro che il punto di partenza e di arrivo è sempre la vita reale».
Quando è avvenuto l'incontro con la sclerosi multipla?
«Ho avuto da sempre un percorso a due canali paralleli, con la parte clinica dedicata alla cura delle persone con SM e la parte sperimentale dedicata allo studio della trasmissione della plasticità sinaptica nelle malattie degenerative, in particolare nella malattia di Parkinson [1].Poi, grazie anche all’anno passato a Londra all’UCL Queen Square Institute of Neurology, sotto la guida del professor Miller, ho ampliato le mie conoscenze sulla ricerca nella SM e ho proposto al professor Calabresi di unire la pratica clinica che vivevo nell’ambulatorio SM con la ricerca sulla stessa condizione, andando oltre il campo del Parkinson. Insieme abbiamo proposto a FISM un progetto di ricerca sulla plasticità sinaptica nella sclerosi multipla, un ambito sino a quel momento distante dalla ricerca su questa malattia».
Perché studiare la plasticità sinaptica?
«Mi ha sempre affascinato studiare con quali meccanismi i neuroni sono in grado di “ricordare” e attraverso quali meccanismi l’esperienza è in grado di modificare le nostre mappe neuronali cerebrali. Il nostro cervello ha la capacità di immagazzinare informazioni di tutto ciò che ci succede, dell’esperienza e dell’attività che facciamo, modificando a lungo termine la funzione delle sinapsi, che sono gli elementi di comunicazione tra due neuroni. Così, partendo dal primo finanziamento avuto da FISM nel 2010 ho sempre portato avanti in particolare questo tipo di studio, che ha ricevuto anche finanziamenti del Ministero della Salute. Nello stesso tempo ho portato anche avanti studi sulla neuroprotezione, ossia sui meccanismi attraverso cui è possibile salvare i neuroni dal danno infiammatorio [2]. Infine nel 2018[3] abbiamo pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience Reviews una “revisione” di tutti gli studi effettuati in cui, tra le varie cause di coinvolgimento neuronale nella SM, abbiamo identificato una serie di meccanismi che fanno venire a mancare la plasticità sinaptica».
Ci spiega in parole semplici cosa è la plsticità sinaptica?
«In un funzionamento normale, fisiologico del cervello, noi andiamo cambiando nel tempo la potenza con cui le sinapsi mettono in comunicazione i neuroni. E lo facciamo nella misura in cui ripetiamo diverse volte una medesima esperienza. Se vediamo diverse volte un volto, ripetiamo un esercizio fisico, una poesia, un teorema, quell’esperienza induce plasticità sinaptica e questa modella i nostri circuiti neuronali, fissando in modo indelebile il ricordo nel nostro cervello. La plasticità sinaptica così è fondamentale per il funzionamento fisiologico del nostro cervello. Ma serve anche contro una patologia. Se per esempio, una condizione patologica modifica la via per cui passa l’informazione motoria, grazie alla plasticità sinaptica la persona può fare passare quella stessa informazione attraverso un’altra via collaterale che viene potenziata. Con le diverse ricerche realizzate in dieci anni, abbiamo visto che il processo neuro infiammatorio che caratterizza la SM tende a contrastare la capacità delle sinapsi di potenziarsi, conservare le tracce mnesiche che arrivano loro e modificare in maniera plastica i circuiti neuronali del tessuto cerebrale. Siamo allora andati a indagare tutti i meccanismi che stanno alla base di questa alterata funzione sinaptica, trovando in particolare l’azione di alcune citochine, molecole immunitarie pro infiammatorie, e di alcuni enzimi produttori di radicali dell’ossigeno».
Che ruolo ha la riabilitazione in questo processo?
«In questi mesi insieme a Luca Prosperini (Premio Rita Levi Montalcini 2015, Ndr) abbiamo condotto un lavoro di revisione sugli effetti della riabilitazione, ora in fase di pubblicazione. Abbiamo analizzato i lavori pubblicati nel modello sperimentale di SM e nell’uomo, su come la riabilitazione effettivamente moduli strutturalmente il cervello e le sinapsi. I dati ottenuti nei nostri laboratori indicano come una cura che contrasti l’infiammazione, sia in grado di garantire il recupero della plasticità sinaptica nell’ippocampo, parte della corteccia cerebrale, la zona dove è conservata la nostra memoria episodica. Noi ipotizziamo dunque che tra le cause di sviluppo di disabilità nella SM vi sia anche un blocco della plasticità, che contrasta il recupero della funzionalità perduta. La riabilitazione è fondamentale perché va contro un processo di perdita di plasticità sinaptica. Una perdita che è causata dalla perdita dei neuroni, degli assoni ma anche dall’incapacità del cervello sotto infiammazione di potenziare le sinapsi. L’ideale sarebbe integrare una terapia che riduca o elimini l’infiammazione insieme a una terapia riabilitativa che potenzi le forme positive di plasticità e di recupero funzionale. Questa per me è una delle nuove frontiere su cui lavorare: riuscire a capire quali sono le vie molecolari attraverso cui la riabilitazione modifica la plasticità e utilizzarle come target per una terapia futura».
Lei fa ricerca e clinica, e insegna anche all’Università. Come si fa a tenere insieme tutto?
«Mi è stata data la possibilità di fare ciò che mi piaceva e mi appassionava. Lavoro tante ore, dedico tanto impegno e fatica. Ma proprio per questo riesco a fare tutto ciò che amo, riesco ad essere vicino alle persone che affrontano la malattia; riesco a fare ricerca su meccanismi molto complessi; e posso anche insegnare, parlare con i futuri medici. In Italia non siamo secondi a nessuno, riusciamo a portare avanti una ricerca sperimentale, clinica e di risonanza la cui eccellenza è riconosciuta in tutto il mondo. E sicuramente in questo percorso la fortuna di avere al fianco FISM è enorme. AISM opera a 360 gradi, risponde al bisogno di supporto alle persone che hanno la SM e anche al bisogno di finanziamento della ricerca indipendente che attrae e sostiene soprattutto i giovani, che poi si dedicheranno magari per una vita intera a questo ambito di ricerca».
Note
1. Calabresi P, Picconi B, Tozzi A, Di Filippo M. Dopamine-mediated regulation of corticostriatal synaptic plasticity. Trends Neurosci. 2007 May;30(5):211-9.
2. Mancini A, Tantucci M, Mazzocchetti P, de Iure A, Durante V, Macchioni L, Giampà C, Alvino A, Gaetani L, Costa C, Tozzi A, Calabresi P, Di Filippo M. Microglial activation and the nitric oxide/cGMP/PKG pathway underlie enhanced neuronal vulnerability to mitochondrial dysfunction in experimental multiple sclerosis. Neurobiol Dis. 2018 May;113:97-108.
3. Di Filippo M, Portaccio E , Mancini A , Calabresi P Multiple sclerosis and cognition: synaptic failure and network dysfunction. Nat Rev Neurosci. 2018 Oct;19(10):599-609.