Per individuare, trattare e possibilmente prevenire alcuni dei sintomi tipici della sclerosi multipla, è importante conoscere quali sono i fattori di rischio che ne predispongono l'insorgenza. Per esempio, perché alcune persone con sclerosi multipla (SM) sono più suscettibili di sviluppare ansia rispetto ad altre? Rispondere non è semplice, perché sebbene l'ansia sia un disturbo piuttosto comune nella malattia – si stima che possa riguardare oltre un quinto delle persone con SM – capace di incidere negativamente sulla vita delle persone, è ancora poco studiato, meno di quanto lo sia per esempio la depressione. D'altra parte alcuni sintomi collegati all'ansia – quali la difficoltà di concentrazione, perdita di energia o l'irritabilità - sono più difficili da cogliere in una persona con SM, perché si mescolano al quadro complessivo e alquanto eterogeneo della malattia. L'effetto generale è che l'ansia rischia di essere sottovalutata e non trattata per tempo.
Per cercare di colmare questo gap presente non solo nella sclerosi multipla ma più in generale nella letteratura neuropsichiatrica, alcuni ricercatori di AISM e della sua Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) presso il centro di riabilitazione AISM di Genova guidati da Jessica Podda, ricercatrice e neuropsicologa, hanno condotto un'analisi retrospettiva cercando di capire se nella storia dei pazienti – clinica e non solo – fosse possibile rintracciare dei fattori di rischio associati al rischio di ansia. Per farlo hanno utilizzato i dati contenuti nel database PROMOPRO-MS, contenente informazioni demografiche e valutazioni cliniche che indagano diversi aspetti della malattia - come quello motorio, cognitivo, funzionale, qualità di vita, ecc - raccolte periodicamente, attraverso diversi questionari compilati dal clinico e dalla persona stessa. L'idea dei ricercatori era di analizzare queste informazioni nell'arco temporale di un anno, considerando che molti pazienti hanno valutazioni periodiche, permettendo così di avere a disposizione una fotografia abbastanza completa della malattia nel periodo analizzato.
Gli scienziati hanno così raccolto i dati di circa 600 persone con SM, focalizzandosi sulla ricerca di eventuali fattori collegati all'ansia, misurata attraverso la Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS). Dall'analisi è così emerso come le persone con forma di malattia recidivante-remittente, caratterizzate da un più basso livello di istruzione (forse collegato all'ipotesi della riserva cognitiva), e maggiore depressione e fatica all'inizio delle valutazioni tendevano a manifestare ansia costante e persistente nel tempo, se non addirittura più elevata nel follow-up ad un anno.
Quanto osservato, spiegano gli autori sulle pagine di Multiple Sclerosis and Related Disorders, suggerisce che sebbene alcuni fattori non siano modificabili (come la forma di malattia), altri potrebbero esserlo (come la fatica, per esempio) e che questi sono quelli su cui sarebbe importante prestare attenzione, per prevenire l'insorgenza di ansia. A maggior ragione considerando che quando questa si presenta è più difficile eliminarla, continuano gli esperti. Magari con strategie complementari a quelle farmacologiche, scrivono in conclusione i ricercatori, come la terapia cognitivo-comportamentale o la mindfulness, che aiutano a modificare i pensieri disfunzionali sulla malattia da una parte e facilitare cambiamenti emotivi e psicofisiologici dall'altro. Anche se a oggi mancano dati relativi alla loro efficacia sul lungo termine.
Riferimenti
Titolo: Predictors of clinically significant anxiety in people with multiple sclerosis: a one-year follow-up study
Rivista: Multiple Sclerosis and Related Disorders
Autori: Jessica Podda, Michela Ponzio, Michele Messmer Uccelli, Ludovico Pedullà, Federico Bozzoli, Federica Molinari, Margherita Monti Bragadin, Mario Alberto Battaglia, Paola Zaratin, Giampaolo Brichetto, Andrea Tacchino
Doi: https://doi.org/10.1016/j.msard.2020.102417
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